Terremoto: i soldi per la prevenzione? Lo Stato ha preferito le grandi opere

Erasmo Venosi

26/08/2016

Da 15 anni la politica investe nelle cosiddette opere strategiche, che per il 90% sono collegamenti autostradali e costosissime linee ad alta velocità. La politica non considera evidentemente strategica la messa in sicurezza sismica di costruzioni civili, industriali e di edifici pubblici.

Terremoto: i soldi per la prevenzione? Lo Stato ha preferito le grandi opere

Negli ultimi 600 anni l’Italia è stata interessata da 30 mila terremoti di intensità variabile da medio a forte. Lo scorso secolo, sette terremoti d’intensità distruttiva hanno colpito il territorio italiano. Il tributo di vite umane agli eventi sismici che hanno colpito l’Italia è straordinariamente elevato: 164 mila morti nei 43 terremoti più distruttivi che hanno colpito il Paese.

Una media di più di mille morti l’anno dalla nascita del Regno d’Italia nel 1860. Il nostro Paese è ai primi posti per vittime provocate da terremoti, alluvioni e disastri per dissesti idrogeologici.

Ai prezzi del 2015 i danni subiti dai terremoti del Friuli del 1976 a oggi ammontano a 147 miliardi di euro per il solo costo di ricostruzione. Una media di 3.675 milioni di euro l’anno.

Tributi di vite umane e di risorse economiche connesse alla assenza di scelte politiche all’insegna della prevenzione.
Scandaloso che 75 mila edifici pubblici siano ubicati in zone ad elevata pericolosità sismica. Di questi, 24 mila sono scuole e 1.822 ospedali. Il 45% di scuole e ospedali a rischio sismico si trova nel Sud.

Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con rischio sismico maggiore.
Cinico ed osceno che circa 22 milioni di italiani vivano in zona a rischio sismico.

La storia sismica del nostro Paese è costellata da lutti e distruzione di patrimonio. Nel gennaio 1693 in Sicilia un terremoto distrusse 70 paesi tra cui Catania e Siracusa. Ferrara nel 1785. Nel 1908 distrutte Messina e Reggio Calabria con una quantità di morti stimati a 150 mila. Si continua con la Valle del Belice la cui ricostruzione ancora oggi non è terminata, poi il Friuli nel 1976 e Campania e Basilicata nel 1980.

Tutta questa scia di sismi avrebbe dovuto sviluppare una coscienza civica di consapevolezza e scelte politiche di prevenzione. Invece poco o nulla.

Da 15 anni la politica investe nelle cosiddette opere strategiche, che per il 90% sono collegamenti autostradali e costosissime linee ad alta velocità. La politica non considera evidentemente strategica la messa in sicurezza sismica di costruzioni civili, industriali e di edifici pubblici. Ha preferito 418 infrastrutture con un costo di 462 miliardi e 413 milioni di euro.

Infrastrutture che nella maggioranza dei casi sono il frutto di mercanteggiamenti politici nobilitati attraverso la locuzione “Intese Quadro Stato/Regione”. Le infrastrutture strategiche costano 280 miliardi di euro e di queste solo 25 risultano classificate prioritarie con un costo di 90 miliardi di euro.

Il costo delle infrastrutture strategiche è pari a 192 miliardi nel centro Nord e 86 al Sud a fronte di una superficie pari al 59,2% al Centro-Nord e 34,9 al Sud. Sarebbe ora che la Politica assumesse attraverso un “Piano per la Vita e la conservazione delle bellezze d’Italia” la questione degli impatti prodotti dai terremoti.

Il territorio italiano è diviso dal punto di vista sismico in 4 zone a pericolosità decrescente. La zona 1 della massima pericolosità riguarda 716 comuni, nella zona 2 ci sono 2.323 comuni, nella zona 3 1.632 e infine nella zona 4 sono presenti 3.429 comuni. Appare evidente la necessità/obbligo di intervenire subito nella zona 1 e successivamente nella zona 2.

Le risorse? Rivedendo i contratti di opere pubbliche che hanno un costo quasi doppio, come riscontrato dal Procuratore Generale della Corte dei Conti “i costi immediati o diretti, costituiti dall’incremento della spesa dell’intervento pubblico: c’è una lievitazione dei costi strisciante e una lievitazione straordinaria che colpisce i costi delle grandi opere, calcolata intorno al 40%”.
(Procuratore Nottola della Corte dei Conti nella valutazione del Rendiconto Generale dello Stato Esercizio 2011).

Ulteriore riscontro le dichiarazioni di qualche anno fa di Draghi:

“Le risorse finanziarie destinate agli investimenti pubblici nel nostro Paese negli ultimi tre decenni sono in linea con quelle degli altri principali Paesi europei, superiori alla media di Francia, Germania e Regno Unito anche se più recentemente l’incidenza della spesa per investimenti delle amministrazioni pubbliche sul PIL si sta riducendo”.

(Premessa in “L’efficienza della spesa per infrastrutture” - Draghi, giugno 2012). Il presidente della BCE continua:

“Il problema non è che spendiamo poco ma che spendiamo male”.

Intervenendo seriamente solo sul costo di 90 miliardi di euro delle 25 opere selezionate nell’Allegato Infrastrutture al DEF 2016 si risparmierebbero 36 miliardi di euro da investire per la tutela della vita di migliaia di italiani che vivono in zona ad elevata pericolosità sismica e per la salvaguardia dei patrimonio architettonico del nostro paese.

Italiano è l’uomo che ha trasformato l’edilizia antisismica. Il poco conosciuto prof. Ceccotti del CNR ha realizzato in Giappone il palazzo più resistente al mondo ai terremoti, un edificio di 7 piani alto 24 metri testato sperimentalmente su una piattaforma che simulava il tremendo sisma di Kobe che 21 anni fa uccise 6.000 persone.

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