Gli ultimi sondaggi rilevano un divario sempre più risicato tra nazionalisti e unionisti. L’incertezza pesa sulla sterlina, in caduta libera sui mercati internazionali
La nuova ottava si è aperta con un pesante rosso per la sterlina, che paga l’incertezza sull’esito del referendum relativo all’indipendenza della Scozia dal Regno Unito. In base a quanto emerge dagli ultimi sondaggi, i nazionalisti stanno recuperando il divario nei confronti degli unionisti tanto che ormai ci sarebbero soltanto due punti percentuali di differenza, ma anche circa 320mila indecisi (secondo altri sondaggi sarebbe già avvenuto il sorpasso). Il voto del 18 settembre si presenta così molto incerto, quando invece poche settimane fa tutto sembrava ormai deciso a favore degli unionisti, che con una Scozia indipendente sarebbero propensi al suo isolamento politico ed economico. I nazionalisti, invece, sognano una Scozia sovrana ma allo stesso tempo ben integrata nel Regno Unito (e nella sterlina) e in Europa.
Alla City c’è tensione e la si avverte soprattutto nell’andamento della sterlina sui mercati valutari. Il tasso di cambio sterlina/dollaro ha aperto la nuova settimana con un gap down da paura. Rispetto alla chiusura di venerdì di 1,6312, il Cable ha registrato un’apertura a 1,6170. I prezzi hanno poi proseguito la discesa, perforando anche quota 1,6150 ai minimi da oltre nove mesi. E’ boom anche per il cross euro/sterlina, che torna sopra 0,80. Anche qui il gap è stato evidente: apertura a 0,8002, chiusura di venerdì a 0,7930. Secondo il Financial Times ci sarà incertezza sull’esito del referendum fino all’ultimo, considerando anche che voteranno per la prima volta i sedicenni (non inclusi nei sondaggi).
L’indipendenza della Scozia, per la prima volta dopo 307 anni, costerebbe al Regno Unito l’8% della popolazione e il 32% del territorio. Inoltre Edimburgo contribuisce per il 10% all’intera economia britannica. La Scozia presenta un’economia complessivamente piccola (150 miliardi di pound), imperniata sull’industria petrolifera. Senza le entrate derivanti dal petrolio (stimate in quasi 60 miliardi di pound) e i mancati introiti fiscali (la Scozia paga quasi il 10% delle tasse a Londra), la sterlina perderebbe quasi certamente valore crollando ulteriormente dalla quotazione corrente. Secondo Goldman Sachs, l’indipendenza della Scozia causerebbe gravi danni a entrambe le economie. Diverse banche, tra cui Lloyds, sono comunque già pronte a spostare la sede legale da Edimburgo a Londra.
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