Stato di necessità come causa di giustificazione del reato

Isabella Policarpio

3 Dicembre 2018 - 17:30

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Chi commette un reato per salvare sé o altri da un pericolo grave non viene punito quando ricorrono i requisiti dello stato di necessità. Questo però non va confuso con la legittima difesa. Ecco la disciplina e le differenze.

Stato di necessità come causa di giustificazione del reato

Lo stato di necessità è una circostanza di pericolo che giustifica la commissione di un reato e ne esclude la punibilità. Si tratta di una situazione estrema in cui la commissione del reato è l’unico modo possibile per salvare la propria o l’altrui vita.

In ragione di questa “eccezionalità” il Codice penale prevede che il soggetto agente non venga punito, ma solo se ricorrono dei presupposti tassativamente indicati.

Lo stato di necessità ha diversi punti di contatto con la legittima difesa (anch’essa esclude la punibilità del reato) ma si differenzia sotto due aspetti fondamentali:

  • l’azione può essere rivolta verso qualunque persona, e non solo verso l’aggressore;
  • l’azione mira a salvare una vita umana, e non anche la proprietà o altri beni materiali.

Naturalmente la punibilità del reato è esclusa solo se l’azione posta in essere era proporzionata alla situazione di pericolo ed era l’unico modo possibile per salvare la vita o le vite umane.

Cos’è

Lo stato di necessità è una delle ipotesi in cui l’ordinamento esclude la punibilità del reato. Esempio classico di stato di necessità è l’automobilista che investe un pedone nel tentativo di evitare un camion. In questa ipotesi il conducente commette un omicidio colposo ma non viene punito perché la manovra - anche se azzardata - era l’unico modo per salvare la propria vita.

Lo stato di necessità è regolato dall’articolo 54 del Codice penale secondo cui:

“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”

In pratica lo stato di necessità rende un reato scusabile e quindi non punibile: chi ha commesso il fatto non ne subisce le conseguenze, ma solo se dimostra in giudizio che il reato commesso era l’unico modo per salvare sé o altri dalla situazione di pericolo.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4834 del 2018 ha stabilito che l’esclusione si estende anche agli illeciti amministrativi: vuol dire che chi ha commesso un fatto illecito in stato di necessità non risponde delle violazioni amministrative.

Facciamo un esempio: chi trasporta una persona gravemente ferita e non rispetta i limiti di velocità per raggiungere l’ospedale non è tenuto a pagare la multa.

Lo stato di necessità non opera come causa di giustificazione quando il reato o l’illecito amministrativo è commesso da chi ha il dovere giuridico di esporsi a situazioni di pericolo, come il vigile del fuoco. Egli infatti non può invocare lo stato di necessità se per difendersi dal fuoco ha sacrificato la persona che invece doveva soccorrere.

I requisiti

Come abbiamo detto, lo stato di necessità è una causa oggettiva di esclusione della configurabilità del reato e della sua punibilità. Occorrono però precisi requisiti:

  • il pericolo, che può derivare da forze naturali, da animali o anche dall’aggressione di un uomo (in tal caso però la difesa deve provocare un danno a un terzo e non all’aggressore, altrimenti si configurerebbe una legittima difesa);
  • l’attualità del pericolo, che deve essere imminente e probabile;
  • il danno grave alla persona, dove il giudizio sulla “gravità” va fatto dal giudice caso per caso tenendo conto della natura del bene tutelato;
  • l’involontarietà del pericolo, l’agente non deve aver causato volontariamente la situazione pericolosa;
  • l’inevitabilità, quindi il soggetto non può agire diversamente;
  • la proporzionalità tra azione e pericolo.

L’ultimo comma dell’articolo 54 del Codice penale estende la disciplina dello stato di necessità anche all’ipotesi di costrizione psichica ovvero quando il fatto viene commesso da una persona sotto minaccia.

Un esempio può essere l’automobilista spinto a correre in autostrada perché minacciato con una pistola. In questo caso la norma dispone che a rispondere penalmente del fatto è la persona che ha costretto il terzo mentre quest’ultimo è innocente.

Differenze con la legittima difesa

Per le sue caratteristiche, spesso lo stato di necessità viene confuso con la legittima difesa. Hanno in comune diversi presupposti, come l’attualità del pericolo, l’inevitabilità, la proporzionalità della condotta, ma si differenziano sotto due aspetti fondamentali:

  • l’azione che incarna il reato nello stato di necessità può essere rivolta verso chiunque, mentre nella legittima difesa è rivolta esclusivamente verso l’aggressore;
  • il bene tutelato nello stato di necessità è la vita umana invece nella legittima difesa è più ampio, potendo essere anche la proprietà e altri beni materiali.

Inoltre, nello stato di necessità il giudizio sulla proporzionalità tra l’azione e la situazione di pericolo è più severo perché chi subisce le conseguenze del reato è un soggetto innocente estraneo ai fatti, invece nella legittima difesa è l’aggressore o il ladro. Ciò non toglie che nei casi di eccesso di legittima difesa chi ha commesso il fatto non può giovare della non punibilità.

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