Social Media Marketing: esiste davvero una bolla? 3 strategie per migliorare sotto l’aspetto social

Daniele Sforza

26 Giugno 2013 - 10:56

Social Media Marketing: esiste davvero una bolla? 3 strategie per migliorare sotto l’aspetto social

Hanno parlato in tanti negli ultimi 2 anni di una probabile bolla del social media marketing, analizzando bene la questione, approfondendo gli elementi particolari, cercando soluzioni, facendo domande, ipotizzando risposte. Ma la domanda è: in cosa consisterebbe la bolla del social media marketing?

Cosa non ha funzionato

Il marketing online negli ultimi anni è stato il protagonista di un esponenziale processo di sviluppo, attraverso la ricerca di figure professionali e soprattutto attraverso un ingente aumento della spesa da parte delle aziende in questo particolare ambito. L’equazione, per le aziende, era questa: Mi faccio conoscere sui social media = Redditività. Niente di più sbagliato. Perché il ROI, ovvero il ritorno sugli investimenti, attraverso il social media marketing non è calcolabile, o se lo è, sicuramente in maniera molto minore rispetto alle campagne marketing tradizionali che si avvalgono di newslettere, SEO, pay per click, AdWords, etc. Quindi, gli ingenti investimenti effettuati dalle aziende si sono trasformati rapidamente in investimenti a fondo perduto, provocando peraltro il licenziamento di figure professionali adibite proprio a quel ruolo.

Bisogna trovare un equilibrio

Il problema è del social media marketing in sé per sé o del modo in cui esso è stato applicato dalle aziende? La risposta a questa domanda ce la dà il Tagliaerbe, che nel 2011 analizza tale problematica.

Sostanzialmente, il social media marketing non è tutto rose e fiori, ma neppure tutto letame e sterco. Perché ci sono state aziende e attività che con il social media marketing sono cresciute, raggiungendo i risultati sperati e ottenendo un ritorno del capitale investito. L’effetto virale, o più comunemente il passaparola, rappresenta ancora la componente fondamentale per incentivare il brand di un’azienda. L’importante, però, è saperlo studiare bene. Ovvero: avere già una presenza capillare sui social network, ancor prima di diffondere un prodotto su tali piattaforme, e avere una strategia di marketing efficace che abbia già il social al suo interno. Quest’ultima è una prerogativa fondamentale per ottimizzare l’investimento e ricevere i guadagni dallo sforzo fatto. Perché fino a ora il lavoro sui social media marketing è stato di gran lunga superiore al livello di ricezione da parte degli utenti.

Non solo qualità, ma anche quantità

Per Roberto Venturini, ad esempio, una soluzione si trova nell’allargare i propri orizzonti: diffondersi capillarmente su forum e social network e seguire anche le persone che non si ritengono interessanti. Dunque, applicare la pura logica del mercato: non interessa la qualità dei clienti, ma la quantità. Dopotutto, un’azienda di successo realizza un prodotto che è vendibile a tutti, acquistabile dall’intellettuale di turno o dall’ignorante. In questo sta anche la capacità da parte di chi occupa di social media marketing: allontanarsi dalla nicchia, allentare le proprie rigide posizioni e parlare a tutti, se possibile, con un linguaggio comprensibile a tutti. E poi, eliminare quel “muro” che separa il Mi Piace dal Non Mi Piace.

Avvicinarsi alle esigenze (e al mondo) degli utenti

Una delle analisi migliori sotto questo aspetto ce le dà Rudy Bandiera sul suo blog: senza voler incutere timori alle aziende, il blogger afferma una cosa sacrosanta, ovvero che la maggior parte delle aziende dimentica l’aspetto fondamentale dei social network. Qual è questo aspetto fondamentale? Semplice, noi stessi.

I social network hanno avuto così tanto successo perché hanno letteralmente democratizzato quei 15 minuti di celebrità di warholiana memoria, dando a tutti la possibilità di restare in contatto con i propri amici, farsi gli affari degli altri, pubblicare le foto di sé quando si era piccoli, mostrare i luoghi dove si è andati in vacanza e dire la propria su un tema d’attualità. Quanto c’è di marketing in tutto questo? Nulla e tanto. Nulla perché di tutta questa emanazione del proprio ego al marketing (che punta a un target più vasto di clienti) non interessa nulla; tanto perché pubblicando una foto di noi stessi o dando una nostra opinione su un tema, facciamo marketing. Di noi stessi, ovviamente. In pratica pubblicizziamo la nostra persona e la rendiamo pubblica. Pertanto, a una ragazza iscritta a Facebook, interessa poco di annuncio pubblicitario invadente che gli impedisce di scoprire cosa sta pensando in questo momento il ragazzo che le piaceva al liceo. E per questo motivo la pubblicità sui social network sta diventando sempre meno invasiva, costringendo gli addetti al mestiere di elaborare nuove strategie di marketing.

Conclusioni

Ed è proprio questa la soluzione a questa “crisi” del social media marketing: trovare nuove soluzioni, studiare il mezzo e gli strumenti che si hanno a disposizione, focalizzare il livello di popolarità e adattarsi a un linguaggio ancora poco conosciuto. Per poi parlarlo e farlo arrivare al maggior numero di utenti. Sotto questo aspetto potremmo dire che una casalinga iscritta su Facebook faccia molto meglio quel lavoro che dovrebbe fare uno specialista di social media marketing. Anche perché, non investendo nulla, produce interesse. E infatti le aziende che hanno avuto maggior successo con il social media marketing hanno prodotto qualcosa d’interessante, che ha creato opinione e che con la nostra foto da piccolo che mostriamo ai nostri “amici” c’entra molto più di quanto pensiamo, anche se non sembra.

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