Il tesoro ha chiesto alle sua partecipate di inserire nello statuto aziendale i "requisiti di onorabilità" per la nomina dei membri del Cda. Dopo la bocciatura di Eni, oggi arriva il voto contrario di Finmeccanica. Le poltrone restano intoccabili
Intoccabili. Così resteranno i vertici di Finmeccanica anche se sotto processo o condannati. Dall’assemblea di Finmeccanica di oggi arriva un sonoro schiaffo al Tesoro che con una lettera indirizzata ad Eni, Enel e Finmeccanica chiedeva, a fine marzo, di inserire nello statuto delle società il "requisito di onorabilità" per la nomina dei membri del Cda aziendale. Il voto dell’assemblea è andato contro al volere del ministero del Tesoro, di fatto azionista pubblico delle società: con 66,1% di voti a favore e 32,37% contrari la proposta non passa. Per approvare Il "codice d’onore", secondo cui anche in caso di rinvio a giudizio un amministratore dovrebbe decadere, era necessario raggiungere il 75% dei voti.
Requisiti di onorabilità
Il 26 marzo scorso il Tesoro ha inviato una lettera alle sue partecipate: Finmeccanica di cui detiene il 30,2%; Eni con il 30,1% ed Enel con il 31,24%. In realtà i requisiti di onorabilità richiesti dal Tesoro sono quelle già diffuse in una direttiva del giugno scorso, ma mai tenute in considerazione dalle aziende interessate.
La lettera del Ministero ricordava che costituisce causa di ineleggibilità "l’emissione del decreto che disponga il giudizio", cioè l’avvio di un processo, per numerose tipologie di reati. Tra questi: i delitti contro la pubblica amministrazione, i reati tributari e fallimentari e i delitti previsti dalle norme sull’attività bancaria, finanziaria ed assicurativa. Ma anche il traffico di stupefacenti. In questi casi è prevista l’ineleggibilità o se il manager è già in carica, la decadenza per giusta causa che esclude anche il risarcimento dei danni. La decadenza immediata scatta anche nel caso l’amministratore sia sottoposto "ad una pena detentiva oppure una misura di custodia cautelare o di arresti domiciliari".
Il voto di Eni e Finmeccanica
Finmeccanica oggi ha dato il secondo schiaffo al Tesoro dopo quello di Eni. Lo scorso 8 maggio infatti, il 39% degli azionisti di Eni ha rifiutato l’introduzione della clausola che, per essere approvata, necessitava della maggioranza di 2/3.
"Avevo già detto che nessuna società al mondo ha una clausola di questo tipo. E siccome il mondo sono i nostri azionisti, questo è quello che succede. Si sono espressi"- aveva così commentato l’amministratore delegato uscente Paolo Scaroni.
La serie di votazioni per i requisiti di onorabilità non finisce qui: il 22 maggio toccherà ad Enel decidere se introdurre o meno al clausola nel proprio statuto e il 27 maggio a Terna. Nella prima gli investitori istituzionali pesano per il 42% del capitale complessivo, nella seconda sono circa il 49%.
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