Salmonella nei polli, stop alle vendite: gravi conseguenze per allevatori e supermercati

Marta Zanierato

1 Marzo 2022 - 21:30

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Nuovi provvedimenti riguardo alla vendita di carni avicole: vietati i polli dove è stata rilevata salmonella, anche se di una tipologia non rilevante.

Salmonella nei polli, stop alle vendite: gravi conseguenze per allevatori e supermercati

Stop alla vendita di polli al supermercato anche nel caso in cui siano presenti salmonelle non rilevanti. Una decisione che da una parte tutela il consumatore riducendo al minimo la possibilità di contrarre la salmonellosi, ma dall’altra rischia di penalizzare oltre misura allevatori e supermercati, con il pericolo di dover buttare via il 50% dei prodotti che si trovano oggi sugli scaffali.

Il 15 febbraio scorso è entrata in vigore una nuova circolare del Ministero della Salute riguardo la salmonella presente nella carne di pollame.
 
Sono subito partite le polemiche dell’industria del settore perché tale circolare prevede di approfondire i controlli e applicare dei limiti più rigidi per questo tipo di carni. Fino a ora, infatti, era permessa la vendita di carni avicole che presentavano tipologie di salmonella non rilevanti e quindi non pericolose per l’uomo.

Dal 15 febbraio 2022, invece, viene richiesto il richiamo e lo smaltimento anche delle carni avicole che presentano tipologie di salmonella meno nocive.
 
Il Fattoalimentare riporta le preoccupazioni di produttori e tecnici dell’Asl, a cui spetteranno i controlli: la richiesta rappresenta una mossa deleteria per il settore industriale.

Salmonella nei polli: perché questo cambio di direzione?

Riguardo alla presenza di salmonelle nelle carni avicole, il regolamento europeo ha subito nel tempo importanti modifiche.
 
Come abbiamo già accennato, fino a ora il criterio di sicurezza per le carni fresche di pollame era limitato alle sole salmonelle rilevanti, perché tale misura rappresentava un compromesso sostenibile tra il dovere di contenere le salmonellosi e l’impatto economico per il settore. Se succedeva che nella carne di pollo o di tacchino veniva riscontrato un tipo di salmonella non rilevante, il problema veniva risolto ponendo sull’etichetta l’indicazione di “cuocere molto bene la carne prima dell’uso”.
 
Ma se nel 2016 il ministero della Salute risolveva il problema con la frase “da consumarsi previa accurata e completa cottura ad almeno 75 °C a cuore del prodotto”, perché adesso questa procedura non va più bene? 
 
La ragione della novità dipende da due motivazioni spiegate nella circolare:

  • il 30% delle salmonellosi è causato da salmonelle non rilevanti;
  • la Commissione Ue ha chiesto “tolleranza zero” rispetto alla presenza di salmonella nelle carni avicole.

Che cos’è la salmonella?

La salmonella è un genere di microrganismi che possono causare malattie sia negli animali che nell’uomo. Sono considerati serbatoi di salmonella in particolare le specie avicole e i suini.
 
Secondo l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), gli alimenti possono venire contaminati lungo la filiera produttiva o anche al momento della manipolazione, a causa di condizioni igienico-sanitarie non adeguate.
 
Le carni che venivano - e vengono - escluse dal commercio per i motivi appena spiegati, sono quelle che presentano questi tipi di salmonella:

  • salmonelle cosiddette maggiori o tifoidee (Salmonella Typhi e Salmonella Paratyphi): queste causano una malattia grave e contagiosa, la febbre tifoide. Va detto che queste difficilmente vengono trasmesse da alimenti;
  • salmonelle cosiddette minori o non tifoidee: queste sono causa di una malattia che provoca una sintomatologia prevalentemente gastroenterica. A loro volta, queste si dividono in salmonelle rilevanti (Salmonella Enteritidis, Salmonella Typhimurium e Salmonella Typhimurium variante monofasica) che vista l’alta prevalenza hanno un maggiore impatto sulla natura pubblica, e in non rilevanti.

Dunque, se fino al 15 febbraio era vietata la vendita dei soli prodotti che presentavano salmonelle tifoidee o comunque non tifoidee ma rilevanti, d’ora in avanti il divieto riguarderà tutte le suddette tipologie, non rilevanti comprese.

Salmonella: quali sono i prodotti a rischio?

L’infezione della salmonella si trasmette per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di cibi o bevande contaminati o per contatto, attraverso la manipolazione di oggetti o piccoli animali in cui siano presenti le salmonelle.

I principali veicoli di trasmissione della salmonella sono rappresentati da:

  • alimenti;
  • acqua contaminata;
  • piccoli animali domestici.

Gli alimenti contaminati rappresentano uno dei veicoli più importanti di diffusione dell’infezione nell’uomo. Tuttavia - e la vendita di carni avicole permessa dal ministero della Salute fino a oggi dipendeva proprio da questo - per poter causare la malattia è necessaria un’alta concentrazione dell’agente patogeno.

Non c’è da preoccuparsi troppo, dunque, ma se vogliamo riservarci accortezze in più, ecco gli alimenti più a rischio:

  • uova crude e derivati a base di uova;
  • latte crudo e derivati del latte crudo;
  • latte in polvere;
  • carne e derivati;
  • gelato artigianale e commerciale.

Che cosa ne pensano gli allevatori?

Come scritto sopra, Il Fattoalimentare riporta le preoccupazioni di produttori.

Dato che le salmonelle circolano sia negli allevamenti avicoli industriali che in quelli biologici all’aperto, le difficoltà e le perdite conseguenti a tale circolare riguarderanno l’intero settore industriale, in quanto attuare un provvedimento tanto rigido quanto esteso non può che causare danni.
 
L’obiettivo è di ridurre la presenza di salmonella all’1% nei riproduttori e nel pollame da carne e al 2% per le galline ovaiole, ma tale traguardo è ancora lontano dall’essere raggiunto. Per questo motivo, pretendere che fin da oggi la filiera avicola nazionale sia in grado di offrire esclusivamente carni “salmonella-free” rende la vita difficile, se non impossibile, agli allevatori.

Infatti, sapendo che negli allevamenti avicoli circolano centinaia di ceppi disalmonelle, è irrealistico immaginare il raggiungimento di un tale obiettivo. Fabrizio De Stefani, direttore del Servizio veterinario d’igiene degli alimenti di origine animale dell’USLL 7 del Veneto, ha ammesso:
 

È letteralmente spiazzante rispetto alle indicazioni fornite dallo stesso dicastero nel 2015 e nel 2016. In quelle circolari si fornivano indicazioni concordate con l’Istituto superiore di sanità, e il laboratorio nazionale di riferimento per le Salmonelle dell’IZS delle Venezie era coerente con i requisiti di sicurezza degli alimenti previsti dalla normativa comunitaria. Ora invece, dovendo dare seguito alle ultime indicazioni ministeriali, si dovrebbe, a rigore di legge, sequestrare tutto e deferire i responsabili (produttori, distributori, dettaglianti) all’autorità giudiziaria per aver immesso sul mercato alimenti pericolosi per la salute dei consumatori.

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