Il 2013, scrive Nouriel Roubini su EconoMonitor, potrebbe diventare l’anno della tempesta perfetta che si scatena sull’economia mondiale. Sono almeno cinque i fattori che, da una parte all’altra del mondo, rischiano di destabilizzare gli assetti economici e geopolitici che reggono il sistema economico mondiale e che, se innescati contemporaneamente, potrebbero sconvolgere per sempre l’economia mondiale per come la conosciamo oggi.
2013: meglio o peggio del 2012?
Quest’anno, l’economia mondiale mostrerà alcune somiglianze con le condizioni emerse nel 2012. Non è certo una sorpresa: dobbiamo affrontare un altro anno in cui la crescita globale media si aggira al 3% circa, ma con un recupero a più velocità: una crescita annuale al di sotto del trend, e pari all’1% circa, per le economie avanzate ed un tasso di crescita vicino al trend del 5% per i mercati emergenti. Ma, rispetto all’anno passato, ci saranno certamente anche delle differenze.
La dolorosa riduzione della leva finanziaria (meno spese e più risparmi per ridurre il debito) rimane uno dei problemi principali delle economie più avanzate ed implica una scarsa crescita economica. Ma l’austerity fiscale colpirà molte economie quest’anno, non soltanto la periferia dell’Eurozona ed il Regno Unito. Infatti, l’austerity sta colpendo al cuore dell’economia dell’Eurozona, degli Stati Uniti e delle altre economie sviluppate (ad eccezione del Giappone). Dato l’irrigidimento fiscale sincronizzato nella maggior parte delle economie sviluppate, un altro anno di crescita mediocre potrebbe portare ad ulteriori contrazioni in alcuni paesi.
Data la crescita anemica delle economie più avanzate, il rally degli asset rischiosi iniziato durante la seconda metà del 2012 non è stato determinato dal miglioramento dei fondamentali, ma piuttosto da un nuovo giro di misure non-convenzionali di politica monetaria. La maggior parte delle banche delle economie avanzate, come la BCE, la Federal Reserve, la Bank of England o la Swiss National Bank, hanno tutte attivato qualche forma di allentamento monetario e stanno per essere raggiunte anche dalla Bank of Japan, spinta a nuovi allentamenti dal Primo Ministro Shinzo Abe.
Il futuro ci riserva nuovi e ulteriori rischi.
Stati Uniti: verso il cliffhanger fiscale?
Primo, il mini accordo raggiunto in America sulle tasse non allontana davvero dal fiscal cliff. Prima o poi, si avvierà un’altra feroce polemica sul tetto al debito, sulla rimandata stretta alle spese e sulla "risoluzione della spesa" del Governo (un accordo che permette al governo di continuare a funzionare anche in assenza di una legge per gli stanziamenti). I mercati potrebbero non tollerare un’altro "cliffhanger" fiscale. Anche se il mini accordo attuale implica una trazione significativa (circa l’1.4% del PIL) per un’economia cresciuta a stento del 2% negli ultimi trimestri.
Europa: i problemi irrisolti
Secondo rischio: sebbene l’intervento della BCE abbia ridotto i rischi dell’Eurozona, come l’uscita della Grecia e/o la perdita dell’accesso ai mercati da parte di Spagna e Italia, i problemi fondamentali dell’unione monetaria sono ben lungi dall’essere risolti. Assieme all’incertezza politica, questi ri-emergeranno nel pieno delle loro forze nella seconda metà dell’anno.
Dopo tutto, la stagnazione e la recessione esacerbate dall’austerity, l’Euro forte e la contrazione del credito, rimangono nella norma per l’Europa. Di conseguenza, rimangono enormi stock di debito pubblico e privato. Inoltre, dato l’invecchiamento della popolazione e la scarsa produttività, il potenziale di crescita rischia di essere eroso in assenza di riforme strutturali più aggressive che aumentino la competitività, senza lasciare al settore privato alcun motivo per finanziare i cronici disavanzi delle bilance commerciali.
Cina: un modello insostenibile
Terzo, la Cina ha bisogno di nuovi round di stimoli monetari, fiscali e creditizi per sostenere l’attuale modello di crescita che è squilibrato ed insostenibile, eccessivamente basato sulle esportazioni e sugli investimenti fissi, sugli alti risparmi e gli scarsi consumi. Dalla seconda metà dell’anno, accelereranno gli investimenti nel settore immobiliare, nelle infrastrutture e nella produzione industriale. E, visto che la nuova leadership è conservatrice, gradualista e orientata al consenso, difficilmente accelererà il processo di riforme necessario ad aumentare i redditi e a ridurre i risparmi preventivi. I consumi, in relazione al Pil, non cresceranno abbastanza e così per la fine di quest’anno aumenteranno i rischi di un "atterraggio violento".
Economie emergenti e monopolio di stato
Quarto, molti mercati emergenti, compresi i BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) e altri prevedono un periodo di rallentamento della crescita. Lo "stato capitalista" che comprende molte aziende e banche monopolizzate, il protezionismo finanziario e il controllo degli investimenti stranieri, è il nocciolo del problema. Bisognerà vedere se questi paesi decideranno di avviare riforme che incrementino il ruolo del settore privato nella crescita economica.
Rischi geopolitici: una nuova guerra?
Infine, assumono proporzioni maggiori i seri rischi geopolitici. L’interno Medio Oriente, dal Maghreb all’Afghanistan al Pakistan, è economicamente, socialmente e politicamente instabile. Difatti, la Primavera Araba si sta trasformando in Autunno Arabo. Mentre rimane improbabile un conflitto militare diretto tra Israele e Stati Uniti da una parte, e Iran dall’altra, sembra chiaro che le trattative e le sanzioni non indurranno i leader Iraniani ad abbandonare la strada del riarmo nucleare. Con Israele che rifiuta l’Iran nucleare e diventa sempre meno paziente, i tamburi di una guerra effettiva suoneranno sempre più forte. La maggiore paura dei mercati petroliferi può aumentare notevolmente e far salire i prezzi del petrolio del 20%, con effetti negativi sulla crescita negli Stati Uniti, in Europa, Giappone, Cina, India e tutte le altre economie avanzate, così come nei mercati emergenti, che sono importatori netti di petrolio.
Economia mondiale verso la tempesta perfetta?
Le possibilità che si concretizzi la tempesta perfetta sono poche, ma basta che uno di questi avvenimenti di materializzi perché l’economia globale arrivi allo stallo e scivoli in recessione. Anche se non tutti i fattori possono emergere nella loro forma più estrema, ognuno di questi si manifesterà o si sta già manifestando. All’inizio di questo 2013, i rischi di ribasso per l’economia mondiale sembrano pronti a radunare le forze.
| Traduzione a cura di: Federica Agostini | Fonte: Economonitor |
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