Riscaldamento condominiale: non si stacca nemmeno se gli inquilini sono morosi

Valentina Brazioli

7 Novembre 2013 - 13:35

Decisione del Tribunale di Milano sul riscaldamento condominiale: non si può staccare neanche in caso di morosità. Ecco tutti i dettagli.

Riscaldamento condominiale: non si stacca nemmeno se gli inquilini sono morosi

Riscaldamento condominiale, un diritto inalienabile anche per gli inquilini morosi. Questa, in breve, la decisione presa dal Tribunale di Milano che, con un provvedimento d’urgenza risalente allo scorso 24 ottobre (relativo alla causa 72656/13), ha imposto a un amministratore di condominio di ripristinare immediatamente il riscaldamento nell’abitazione del condomino moroso. Un provvedimento che pone in essere un principio basilare: non si può far prevalere la pur legittima tutela dell’interesse economico sui diritti fondamentali delle persone: infatti, la sospensione del servizio del riscaldamento durante i mesi invernali, arriva a ledere il diritto costituzionale alla salute.

Cosa dice la riforma condominiale (legge 220/2012)

Il casus belli nasce dalla solerte applicazione del nuovo articolo 63, terzo comma, disp. att. del nostro Codice civile, il quale recita chiaramente:

In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Un dispositivo che chiaramente rappresenta una misura di eccezionale efficacia per costringere gli inquilini a sanare rapidamente le proprie morosità. Tuttavia, secondo quanto riportato anche da Il Sole 24 ore, l’amministratore condominiale coinvolto nel caso citato si sarebbe lasciato un po’ troppo prendere la mano, lasciando letteralmente “al freddo” intere famiglie residenti nel complesso abitativo di sua gestione.

Il caso in tribunale

Alla fine, uno degli inquilini che si era visto sospendere il servizio di riscaldamento a causa del sommarsi delle rate condominiali non pagate, si è rivolto al tribunale milanese che gli ha dato pienamente ragione, ritenendo necessario far prevalere il diritto alla salute, come sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, su quanto previsto dalla riforma condominiale (legge 220/2012). Una decisione, quindi, volta ad evidenziare le lacune della riforma condominiale del 2012, che non sembra aver previsto al suo interno la necessaria tutela dei principi costituzionali, come, ad esempio, il diritto alla salute e la funzione sociale nell’ambito del diritto di proprietà. Soprattutto in un periodo di grave crisi economica come quello che sta funestando il nostro Paese, infatti, è impensabile che la tutela dell’interesse economico sia prioritario rispetto ai diritti fondamentali delle persone, con particolare riferimento alle famiglie, sempre più in difficoltà a fare fronte alle enormi spese legate alla casa. E’ quindi auspicabile, da parte dell’amministratore di condominio, riconosciuto professionista che svolge un ruolo fondamentale nell’assicurare il sereno svolgimento della vita condominiale, un utilizzo saggio dello strumento previsto dal nuovo articolo 63 del nostro codice civile, per non correre il rischio, nel tentativo di “sanzionare” i morosi, di passare dalla parte del torto.

In aumento le morosità condominiali

Secondo i dati di un’indagine dell’Associazione nazionale degli amministratori condominiali, il fenomeno delle morosità condominiali, è in preoccupante aumento. Ormai gli inquilini che pagano la rata condominiale in ritardo hanno raggiunto il 22% del totale a Roma, Milano e Torino, praticamente più di 1 condomino su 5.

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