Il licenziamento nullo è una tipologia di licenziamento evidentemente diversa dal licenziamento per giustificato motivo oggettivo o quello per giusta causa o giustificato motivo soggettivo perchè inerisce al licenziamento discriminatorio di cui all’art. 3 della legge n. 108/1990. Quando il licenziamento è nullo?
Licenziamento nullo
Il licenziamento è nullo quando “giustificato” dalle seguenti ragioni:
- matrimonio;
- violazione del divieto di licenziamento durante la gravidanza fino al termine del periodo di interdizione;
- fruizione dei congedi parentali;
- motivo illecito disciplinato dall’art. 1345 c.c.
Conseguenze del licenziamento nullo
Nei casi suddetti il Giudice annulla l’atto di recesso e condanna il datore di lavoro a:
- reintegrare il lavoratore;
- risarcire il danno. Il risarcimento deve essere pari allo stipendio maturato dal lavoratore dal giorno del licenziamento fino a quello del reintegro, considerando l’ultima retribuzione complessiva di fatto, sottratto l’aliunde perceptum (eventuale retribuzione percepita dal lavoratore nel caso di rioccupazione tra la data del licenziamento e quella della pronuncia giudiziale), e non inferiore a cinque mensilità. Nel risarcimento sono inclusi i pagamenti dei contributi previdenziali.
Indennità sostitutiva
Il lavoratore può richiedere la possibilità di monetizzare la reintegrazione nel posto di lavoro e cioè sostituirla con un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultimo stipendio complessivo di fatto (somma non soggetta a contribuzione previdenziale per espressa previsione di legge).
Entro 30 giorni dalla sentenza o dalla richiesta del datore di lavoro di riprendere servizio il lavoratore deve presentare la richiesta di indennità sostitutiva, alla quale segue la fine del rapporto di lavoro, ipotesi che ricorre anche nel caso in cui il lavoratore non faccia richiesta di indennità, ma non si presenti entro 30 giorni sul posto di lavoro per riprendere servizio.
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