Governo Draghi: Renato Brunetta è di nuovo Ministro della Pubblica Amministrazione. Dal rinnovo del contratto del 2009 alle critiche ai fannulloni: come andò la prima volta.
Renato Brunetta è di nuovo Ministro della Pubblica Amministrazione.
Dal 2008 al 2011, infatti, Brunetta è stato Ministro dell’Innovazione e della Funzione Pubblica per il Governo Berlusconi. Un’esperienza che tuttavia non gli è servita ad attirare le simpatie dei dipendenti pubblici, tant’è che in queste ore sono molte le polemiche degli statali in merito alla decisione del nuovo Presidente del Consiglio di far tornare Renato Brunetta a Palazzo Vidoni.
D’altronde Brunetta torna al Ministero della Funzione Pubblica in un momento molto delicato per la Pubblica Amministrazione: bisognerà definire le regole per la nuova modalità di lavoro agile, ci sarà da digitalizzare la PA e stabilizzare i precari. E soprattutto, ci sarà da rinnovare il contratto dei dipendenti pubblici, con i sindacati che da tempo sono sul piede di guerra (tanto da scendere in piazza nel dicembre scorso).
Una sfida ambiziosa, con Renato Brunetta che avrà l’occasione per riscattarsi per l’esperienza precedente, non particolarmente fortunata.
Renato Brunetta ritorna al Ministero della PA: come andò la scorsa volta
Basterebbe una frase per far capire il motivo per cui Brunetta non è particolarmente simpatico ai dipendenti pubblici.
Nel 2008 questo dichiarò guerra a tutti i furbetti della PA, promuovendo una riforma che puntava a premiare i lavoratori più meritevoli, con sanzioni per coloro che invece non raggiungevano i risultati prefissati. E in merito a questa riforma dichiarò: “I dipendenti fannulloni vanno semplicemente licenziati”.
Una frase che provocò la rottura con i dipendenti pubblici; neppure la sua riforma diede i risultati sperati, tant’è che già con il Governo Renzi venne rimessa mano al comparto con la riforma Madia.
Una riforma che aveva come obiettivo quella di incrementare i servizi della Pubblica Amministrazione, senza però mettere mano al personale. Avere dipendenti pubblici più performanti era l’obiettivo, con l’intento di aumentare la produttività del 50%. Nel dettaglio, la riforma puntava sul riconoscere maggiori responsabilità ai dirigenti, come premi per il merito e l’accelerazione dell’e-government. Pugno duro per i furbetti: questo, infatti, disciplinò le assenze con le decurtazioni dello stipendio ed inoltre introdusse la possibilità delle visite fiscali anche per un solo giorno di assenza.
Una riforma che non ottenne i risultati sperati con Brunetta che ancora oggi è ricordato con antipatia da una larga parte del pubblico impiego. D’altronde non furono d’aiuto neppure le dichiarazioni che pronunciò in polemica con la Carfagna, quando sostenne che il lavoro pubblico era stato a lungo considerato come un “ammortizzatore sociale”, specialmente per le donne, le quali durante l’orario d’ufficio erano solite “fare la spesa”.
E non andò meglio con le Forze di Polizia, descritti da Brunetta come “panzoni cinquantenni” (in riferimento all’invecchiamento del comparto).
Insomma, sicuramente Brunetta dovrà migliorare sul fronte della comunicazione.
Anche perché i temi da trattare saranno tanti e spinosi: dal lavoro agile - che andrà regolamentato proprio per migliorarne l’efficienza - al rinnovo del contratto. A tal proposito, Brunetta si vanta di essere l’ultimo Ministro della PA ad aver approvato un vero rinnovo del contratto per il pubblico impiego (nel 2009): allora l’aumento di stipendio base fu pari a 87,40€ a regime, oggi bisognerà fare meglio se si vorranno convincere i sindacati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA