Previdenza: tensioni sull’ipotesi delle pensioni flessibili. Manca la copertura finanziaria

Marta Panicucci

02/07/2013

Previdenza: tensioni sull’ipotesi delle pensioni flessibili. Manca la copertura finanziaria

Il progetto di attuare un tipo di pensionamento flessibile con penalità è già all’ordine del giorno del governo Letta che indica nel mese di settembre il momento più opportuno per mettere mano alla riforma previdenziale del governo Monti. La rigidità della riforma Fornero potrebbe essere superata con l’eliminazione dell’uscita obbliga a 66 anni e l’introduzione di vari scaglioni di età.

Per riceve l’assegno pieno di pensione sarà comunque necessario attendere i 66 anni, ma il dossier allo studio del governo prevede la possibilità di pensionamento volontario a 62 anni a patto che si siano raggiunti i 35 anni di contributi. Ovviamente l’uscita anticipata dal mondo del lavoro porta con sè delle penalizzazioni dal punto di vista dell’entità dell’assegno previdenziale. Tale penalizzazione andrebbe ad alleggerirsi progressivamente decidendo di lasciare il lavoro a 63, 64 o 65 anni di età.

Progetto del governo

Fin dal discorso d’insediamento tenuto dal neo premier Letta si è imposto all’ordine del giorno del nuovo esecutivo il tema delle pensioni insieme a quello degli esodati ad esso legato. Letta manifestò subito la sua disponibilità a trattare:

forme circoscritte di gradualizzazione del pensionamento, come l’accesso con 3-4 anni di anticipo e una penalizzazione proporzionale

I primi ad occuparsi del problema avanzando una proposta completa sono stati il presidente alla Camera della commissione Lavoro, Cesare Damiano e il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Secondo il dossier presentato al governo il pensionamento sarebbe concesso, fermo restando i 35 anni di anzianità, tra i 62 e 70 anni anagrafici con penalizzazioni o premi a seconda che si vada in pensione prima o dopo del paletto fissato a 66 anni di età.

I tagli previsti sarebbero dell’8% per chi decide di andare in pensione a 62 anni di età e del 6% per chi esca a 63 anni. Per quanto riguarda la premialità invece sarebbe previsto un +6% per chi attenda i 69 anni e un +8% per chi compia i 70 anni sul luogo di lavoro. I lavoratori che maturino 41 anni di contributi possono accedere alla pensione indipendentemente dall’età anagrafica.

E la copertura finanziaria?

Il problema quando si parla di riforme resta sempre lo stesso: dove trovare la copertura finanziaria per la riforma? Ed è proprio questo tasto dolente a portare ad una rottura nel fronte compatto del parlamento favorevole al pensionamento flessibile con penalità.

Botta e risposta tra Cesare Damiano che ha formulato la proposta concreta e il sottosegretario al lavoro Carlo Dell’Aringa che frena gli entusiasmi sottolineando il costo troppo alto della manovra che potrebbe portare ad una bocciatura da parte della ragioneria dello Stato.

Immediata e secca la risposta di Damiano:

Se il Governo vuole affrontare realmente il tema delle pensioni deve sapere che comporta dei costi, sia per quanto riguarda l’introduzione di una norma di flessibilità, che per il problema dei cosiddetti esodati. Difficilmente esistono riforme a costo zero in campo previdenziale. Il criterio di flessibilità sarà solo in parte compensato dalla penalizzazione dell’8% per chi va in pensione con 62 anni di età e 35 di contributi. Se non si vogliono sostenere costi, si dovrebbe ricorrere ad una decurtazione drastica dell’assegno pensionistico, cosa del tutto impensabile.

Prudenti anche le dichiarazioni di Scelta Civica; Giuliano Cazzola a riguardo dichiara:

proporre un sistema di pensionamento flessibile è utile sul piano del consenso. Occorre misurarsi, però, con gli ingenti problemi di copertura derivanti dalla revisione della riforma Fornero che non sarebbero compensati dalla penalizzazione economica prevista in taluni progetti di legge. Questi oneri si aggiungerebbero a quelli che si stanno cercando per dare una soluzione definitiva agli esodati. In un Paese che stenta a trovare 1,5 miliardi di euro per l’occupazione dei giovani, è giusto investire risorse dieci volte superiori, a regime, sulle pensioni?

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