Tempi duri per il petrolio, che continua la sua fase discendente di medio periodo tornando sotto 40$ al barile. Nuovi cali in vista, almeno fino al supporto chiave di 38$
La decisione dell’Opec di non fissare un tetto alla produzione, dopo aver rinunciato già da tempo a un target di prezzo condiviso dai paesi membri, non ha fatto altro che creare ulteriori pressioni al ribasso sui prezzi, che sul finire di agosto erano scesi sui livelli più bassi dai tempi della crisi finanziaria globale del 2008. La quotazione del petrolio Wti è scesa sotto la soglia psicologica dei 40$ al barile, sui minimi a tre mesi, e ora potrebbe registrare un ulteriore deprezzamento del 5% nei prossimi giorni con approdo sull’area di supporto di lungo periodo di 38$.
Il vertice di Vienna di venerdì non ha sortito alcuna novità: nessun taglio alla produzione, nessun aumento, nessun tetto alla produzione. In 50 anni di storia l’Opec non aveva mai avuto un approccio del genere. Secondo quanto dichiarato dal ministro nigeriano Kachikwu, presidente di turno del Cartello, un eventuale taglio all’output non avrebbe sortito alcun effetto rilevante sui prezzi, considerando che l’Opec copre “solo” il 35% della produzione mondiale di greggio. Kachikwu ritiene che l’unico modo per riequilibrare l’andamento della quotazione risiede in una maggiore collaborazione con i paesi non-Opec.
Nel 2016 il mercato dell’oro nero dovrebbe continuare a restare sotto stress, visto che il surplus di offerta è atteso intorno a 0,7 milioni di barili al giorno dagli 1,8 milioni attuali. Senza contare che le scorte mondiali ammontano ancora a circa 3 miliardi di barili, ovvero un valore record. Sul fronte dei prezzi, soprattutto in caso di nuovo boom del dollaro americano, il petrolio Wti dovrebbe perdere terreno scendendo subito fino a 38$ al barile. Nel medio periodo appare possibile un sell-off più consistente, in caso di perdita del supporto chiave sopra citato: le attese sarebbero per un greggio intorno a 33$ - 30$ al barile.
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