Il riposizionamento degli hedge fund sul lato long, intorno alla metà di marzo scorso, ha favorito il boom del petrolio che ha guadagnato il 30% in due mesi
Negli ultimi due mesi il prezzo di un barile di Petrolio WTI, quotato al Nymex di New York, è aumentato del 30% fino a stabilizzarsi intorno a 60$ al barile. Dietro il rally del greggio si cela il riposizionamento degli hedge funds, che da qualche mese stanno scommettendo forte sul rilancio delle quotazioni petrolifere dopo il clamoroso crollo avvenuto nella seconda metà del 2014. Il Petrolio WTI ha toccato un minimo pluriennale intorno a 43,5$ a fine gennaio scorso, quando invece quotava intorno a 107$ sul finire di giugno 2014.
Il boom dei prezzi dell’oro nero non è stato guidato finora da una netta ripresa di fondamentali macroeconomici, che anzi restano piuttosto deboli, bensì dalla speculazione. John Kemp, analista di Reuters, sottolinea che il rally ha avuto la sua massima espressione nel momento in cui è avvenuta la chiusura rapidissima di enormi posizioni short dei fondi speculativi intorno alla metà di marzo. Poco prima di questo “evento” il valore delle posizioni short sul petrolio, tra contratti future e opzioni, era a livelli record ed equivalente a 209 milioni di barili.
Entro il 5 maggio la situazione è mutata radicalmente, tanto che le posizioni net short sono crollate del 55% fino a toccare i 93 milioni di barili. Il boom del greggio è anche coinciso con l’improvviso crollo del dollaro americano, che nell’ultimo mese ha perso più del 7% rispetto all’euro (il Dollar Index è sui minimi da oltre tre mesi). Il petrolio ha da sempre una significativa correlazione inversa con il biglietto verde, per cui anche questo fattore ha inciso non poco sulla ripresa delle quotazioni petrolifere.
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