Nell’ultima seduta di maggio il petrolio ha ripreso la sua marcia rialzista, guadagnando il 4% in un solo giorno. Nuovi allunghi in vista: dietro sembra esserci lo zampino degli hedge funds
L’ultima seduta di maggio ha visto il petrolio come assoluto protagonista sui mercati internazionali, grazie soprattutto agli acquisti fatti dagli hedge funds a seguito della recente correzione dai top di periodo. I grandi speculatori non mollano la presa sul greggio e continuano a spingere i prezzi verso l’alto, sulle aspettative di un ulteriore recupero delle quotazioni dopo il crollo avvenuto a partire dalla seconda metà dello scorso anno.
Il petrolio Wti è tornato sopra i 60$ al barile, dopo che giovedì i prezzi erano scesi sui minimi a un mese a 56,5$ al barile. Il greggio americano ha guadagnato più del 4% e a questo punto potrebbe esserci a breve un nuovo test delle resistenze di periodo, poste tra 62,5$ e 62,7$ al barile. In caso di breakout esplosivo dei prezzi, appare probabile un allungo fino in area 65$. Dietro il rally del greggio c’è anche una motivazione di natura fondamentale, ovvero il calo delle scorte di petrolio negli USA.
Inoltre in Canada una serie di incendi ha provocato un calo della produzione petrolifera del 10%, per ciò che concerne l’estrazione di greggio dalle sabbie bituminose. Ad ogni modo la sensazione è sempre quella che di petrolio in giro ce ne sia fin troppo. Ecco, quindi, che l’unica ragione dietro al boom dei prezzi non può che essere la speculazione. Tra l’altro secondo gli analisti di Barclays, la fase di sovrabbondanza di greggio potrebbe durare anche per tutta la seconda parte del 2015.
Gli esperti della banca britannica ritengono poi che le scorte americane potrebbero diminuire nel corso dell’estate. La prossima settimana si riunirà l’Opec a Vienna, allo scopo di programmare l’attività produttiva per il secondo semestre dell’anno. E’ praticamente certo che il cartello dei principali produttori mondiali di greggio non effettuerà alcun taglio all’output. Sullo sfondo restano sempre le tensioni in Medio Oriente, con l’avanzata dell’Isis che finora non ha comunque avuto grosse ripercussioni sui prezzi petroliferi.
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