Perché il caso di Imen Jane non va dimenticato

Ilaria Volpi

25 Giugno 2020 - 16:55

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Il caso di Imen Jane, che millantava di avere una laurea in Economia affermando il falso, non deve essere dimenticato e vi spieghiamo il perché.

Perché il caso di Imen Jane non va dimenticato

Quello di Imen Jane è un caso paradossale, e nello stesso tempo estremamente rappresentativo, dei tempi nei quali siamo immersi, dove l’obiettività dei fatti e/o dell’errore non esiste perché coloro che lavorano per i media producono per lo più, su tali avvenimenti, articoli che si basano sulle simpatie, antipatie o conoscenze personali e/o sugli orientamenti politici.

Come conseguenza tutto e il contrario di tutto sembrano avere lo stesso valore ontologico: il dato concreto non conta ma solo il punto di vista di chi scrive.

Non va dimenticato il caso Imen Jane nonostante i motori di ricerca come stiano già facendo pian piano sparire i link che portavano direttamente agli articoli che parlavano di questa vicenda, facendo invece emergere gli articoli precedenti all’affiorare del caso.

Imen Jane non ha una laurea: quando le reazioni alla notizia sono più irritanti del fatto in sé

Personalmente mi sarei aspettata una reazione trasversale un po’ più indignata, ferma e incontrovertibile, sia a destra che a sinistra, quando è venuto fuori che la signora millantava titoli che non le appartenevano. Invece ho visto tutta una serie di reazioni che forse mi hanno irritato di più rispetto al fatto di per sé.

Ho dovuto allontanarmi dalla vicenda emotivamente per qualche giorno per poterne parlare a mente fredda.

La prima cosa che si può notare di tutta questa vicenda è l’ennesimo attacco alla meritocrazia e al valore della laurea, o a quello che alcuni editorialisti definiscono un semplice pezzo di carta.

Diversi quotidiani si sono prodigati con una difesa indifendibile del soggetto usando un feroce e falso principio di fondo: la laurea non è così tanto importante (e quella economica ancora di meno perché l’economia non è una scienza).
Perché mi viene sempre in mente la storia de La volpe e l’uva tutte le volte che penso a questa vicenda o che ascolto questi ragionamenti (se tali possono essere definiti)?

Qui nessuno nega il fatto che diverse persone in gamba abbiano ampiamente dimostrato di fare grandi cose senza la laurea. Conosco in prima persona eccellenti colleghi e colleghe che non hanno la laurea e sono bravissimi/e e molto competenti nel proprio lavoro.

Qui però vorrei far notare due aspetti fondamentali riguardanti questo particolare episodio:

1) la laurea era importante per la signora Boulahrajane, perché altrimenti non l’avrebbe millantata e non avrebbe attaccato, sui social che utilizzava, tutti i personaggi istituzionali che non la possedevano;

2) molte porte politiche, mediatiche ed economiche le sono state aperte e le sue parole sono state considerate autorevoli proprio in virtù della sua fasulla laurea in economia (quindi lei ha ottenuto privilegi, soldi, visibilità, opportunità e pubblicità gratuita anche in nome delle sue false dichiarazioni).

La caduta della percezione della laurea in Italia

Vorrei inoltre introdurre il nodo centrale di questo scritto e sollecitare una riflessione sulla considerazione mediatica e sociale della laurea in Italia. Da una parte ci sono coloro che denunciano che siamo l’ultimo paese per percentuale di laureati nel mondo occidentale, e dall’altra ci sono media, politici e opinionisti di varia natura e colore che fanno uno spregiudicato e continuativo attacco alla laurea e a quello che rappresenta. In genere sono persone non laureate o amiche o parenti di altre persone non laureate e subito mi torna in mente la storia de La volpe e l’uva.

Quando è iniziato questo vilipendio della laurea in Italia?
Io penso che sia un problema che riguarda tutti gli schieramenti politici, ma non possiamo negare che il primo sfrontato attacco contro la laurea, anche se forse non pienamente consapevole nelle sue conseguenze, è arrivato con una deriva del ’68 e il famoso 6 politico.

Qui non sto a fare una analisi del fenomeno politico del ’68 che ha luci ed ombre come tutti i fenomeni politici, ma il 6 politico è stato un colpo mortale alla meritocrazia e anche al discorso dell’impegno e della responsabilità personale (e non politica) per raggiungere un obiettivo socialmente riconosciuto, in maniera leale e trasparente. E tanti laureati di quel periodo hanno usufruito di privilegi non avendoli onestamente guadagnati.

Qui vorrei anche sottolineare che gli schieramenti politici non dovrebbero entrare mai né a scuola né all’università. Nelle aule si dovrebbe parlare di responsabilità personale e collettiva, rispetto della biologia, della ecologia, del territorio, lealtà e mantenimento delle promesse politiche, bioetica perché solo formando un cittadino competente e consapevole dei propri diritti e doveri nei confronti dei vari livelli rappresentativi dello Stato e della complessità della società. Solo dotando un cittadino tramite lo studio e la scuola di spirito di analisi, di autonomia di pensiero, di consapevolezza e di senso critico, otterremo un cittadino in grado di votare in maniera equilibrata e giusta.

Di contro, la consapevolezza politica non può arrivare dalla cieca fede politica personale dei vari docenti perché diventa una ideologizzazione acritica degli studenti.

Ma vediamo come le due anime politiche in Italia attaccano la laurea come percorso e simbolo. Inizialmente c’erano delle differenze.

A destra si diceva: si deve laureare solo chi ha soldi quindi seguire un corso di laurea recentemente è diventato molto più oneroso rispetto a un tempo in seguito a degli interventi da parte di governi di destra. Il discrimine è stato la possibilità economica e la conseguenza è stata una svalorizzazione della laurea e del merito;

A sinistra si diceva: tutti hanno diritto a laurearsi, anche gli incapaci vanno comunque aiutati, quindi diversi governi di sinistra hanno facilitato i percorsi di laurea rispetto a quelli di tempi precedenti. Il discrimine è stato l’abbassamento della qualità della laurea per renderla accessibile a tutti, la conseguenza è stata una svalorizzazione della laurea e del merito.

Quindi, anche se partiti da premesse diverse, il risultato è stato il medesimo, ovvero la svalorizzazione della stessa laurea e del merito.

A un certo punto le differenze, inoltre, non hanno più avuto valore perché sia a sinistra che a destra sono arrivati moltissimi esponenti politici non laureati, fondamentalmente incompetenti, e per questo si appoggiano (pagandoli con i nostri soldi) a fior di consulenti, per non parlare di tutti quei personaggi politici che hanno millantato loro stessi lauree o le hanno comprate ai figli, o altri ministri che hanno detto che è un pezzo di carta inutile, che a chi deve veramente lavorare non serve. E di nuovo la storia de La volpe e l’uva fa capolino.

Qual è un’altra deriva pericolosa di questa situazione? Che il potere giuridico in Italia è quello maggiormente preparato e competente e forse per questo è quello che sta realmente comandando in Italia.

Qual è la deriva economica di questa situazione? Che il ministro non competente utilizzi i nostri soldi per pagare fior di consulenti assunti per ovviare alle sue gravi lacune.

Come si potrebbe risolvere questa situazione? Impedendo alle persone non laureate di diventare ministri. E le lauree dovrebbero essere coerenti ai ministeri, o per lo meno il percorso lavorativo più una laurea qualsiasi. Ad esempio, una dirigente di Istituto (anche se non laureata in Scienze della Formazione) potrebbe diventare Ministro del MIUR perché ha la laurea più esperienza sul campo, una sindacalista solo diplomata non ne avrebbe diritto.
Inoltre noi italiani risparmieremmo perché il ministro competente non avrebbe bisogno di molti consulenti per poter svolgere in maniera efficace il proprio lavoro.

Perché il caso di Imen Jane non va dimenticato

La storia di Imen Jane va ricordata per diversi motivi:

  1. per la continua svalorizzazione che viene fatta della laurea, spesso anche per invidia sociale (diciamoci la verità) da parte di chi, pur desiderandola, non è riuscito a prenderla (e qui troviamo molti esponenti politici o personaggi televisivi e altri VIP);
  2. perché la stessa signora Boulahrajane l’ha considerata importante, la laurea, al punto di averla millantata;
  3. perché come cittadini e cittadine onesti dobbiamo pretendere lauree e specializzazioni importanti e coerenti da parte dei più alti rappresentanti dello stato nel nome della meritocrazia, della trasparenza e della efficienza dello Stato medesimo;
  4. perché non vogliamo che incompetenti senza arte né parte possano occupare più i posti strategici e meglio retribuiti della società, sia nel pubblico che nel privato. Vogliamo persone competenti e laureate che con il proprio impegno si sono specializzate in maniera trasparente nell’ambito per il quale lavorano;
  5. perché non siano più i maggiori furbi, collusi, ammanigliati e bugiardi a farcela, ma solo coloro che si sono impegnati e che con responsabilità e impegno se lo sono ampiamente meritato, lavorando duramente e ottenendo il pezzo di carta tanto disprezzato da chi non è riuscito a prenderlo.

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