Perché i mercati finanziari crollano? Le cause

David Pascucci

17 Marzo 2023 - 20:33

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Quali sono le dinamiche dietro al crollo dei mercati finanziari? Ecco i fattori ribassisti che spingono al ribasso un mercato.

Perché i mercati finanziari crollano? Le cause

Perché avviene un crollo di mercato? Quali sono le dinamiche che sottendono un ribasso molto forte dei prezzi?

Le cause dei crolli di mercato sono molteplici e in questo articolo vedremo le più importanti, quelle che sono comuni a tutti i crolli che abbiamo visto nella storia dei mercati finanziari.

Perché un mercato crolla?

Dalla bolla dei tulipani alla crisi dei subprime, i mercati hanno sempre presentato le stesse dinamiche per quanto riguarda forti ribassi di mercato e in questo articolo vedremo proprio quali sono le cause, sia tecniche che fondamentali, che scatenano i forti ribassi che creano quello che viene definito un “panic sell”, ossia vendite scatenate dalla paura.

Il clima di paura e l’incertezza fanno da padrona in questi contesti, ma sono solamente la punta di un iceberg che solitamente richiede molto tempo prima di uscire allo scoperto. Vediamo insieme le cause fondamentali e tecniche di un crollo di mercato.

1) Le cause macroeconomiche

Partiamo da quelle che sono le cause principali che fanno riferimento alla macroeconomia, ossia a quei fattori che risultano fondamentali per l’andamento di un’economia. Tra i dati macroeconomici più importanti che vengono monitorati costantemente dagli operatori professionali troviamo i tassi di interesse, il tasso di inflazione e il tasso di disoccupazione.

Tassi di interesse
Rappresentano il costo del denaro, ossia quanto è costoso il credito e il debito di un attore di mercato.

Inflazione
Il tasso di inflazione ci riferisce il ritmo di crescita dei prezzi all’interno di un’economia, un parametro fondamentale per le banche centrali nello stabilire lo stato di salute di una certa area economica.

Tasso di disoccupazione
Il tasso di disoccupazione restituisce in linea di massima lo stato di salute di un’economia dal punto di vista occupazionale, mostrando quante persone non lavorano e di conseguenza quante persone sono fuori dalla catena dei consumi, fondamentale per il normale ritmo di crescita dell’economia.

Il fattore più importante tra questi è quello del tasso di interesse, che incide direttamente su inflazione e disoccupazione. Il tasso di interesse è deciso dalle banche centrali di una determinata area economica e pertanto un suo aumento, ossia l’aumento del costo del credito, comporterebbe almeno in linea teorica una diminuzione del tasso di inflazione.

Attenzione, la banca centrale utilizza il tasso di inflazione per decidere se e come muovere i tassi di interesse. Le banche centrali dei Paesi di aree economiche importanti, come Usa, UE, UK, e Giappone, hanno un tasso di inflazione target del 2%, sopra il quale saranno portate ad aumentare i tassi e sotto il quale si tengono pronte ad abbassare i tassi.

Ne consegue che degli squilibri forti lato inflazione portano la banca centrale di un’area economica ad intervenire drasticamente per risolvere la situazione, creando situazioni di incertezza all’interno del sistema economico.

Il tasso di disoccupazione ha la funzione di “spia” circa un possibile aumento o diminuzione dell’inflazione. L’inflazione sale normalmente per via dei consumi e di conseguenza un aumento del tasso di disoccupazione corrisponde ad una diminuzione dei consumi e ad un possibile conseguente ribasso del tasso di inflazione. Anche qui, se il tasso di disoccupazione aumenta e l’inflazione non scende, abbiamo un evidente problema. Nel momento in cui ci ritroviamo di fronte a squilibri di questo genere sul fronte macroeconomico possiamo aspettarci un crollo di mercato, con l’unica incognita che è quella temporale, ossia non sappiamo quando avverrà, ma la sua probabilità di realizzarsi è molto alta visto che storicamente è proprio in presenza di dinamiche di squilibrio di questi fattori che abbiamo visto dei crolli di mercato più o meno importanti.

2) Le cause fondamentali

Le cause di tipo fondamentale si rifanno principalmente alla differenza che c’è tra il valore effettivo di uno strumento finanziario e il suo prezzo sul mercato.

Facciamo un semplice esempio prendendo come riferimento la bolla dei tulipani scoppiata ad Amsterdam nel 1637. Molti operatori di mercato compravano tulipani semplicemente perché il prezzo saliva, in pratica si comprava solamente in ottica speculativa. Il prezzo era talmente elevato che con qualche bulbo di tulipano ci si poteva comprare un immobile nella capitale olandese, una vera e propria follia. Quando il mercato si accorse che il prezzo da pagare per un bulbo di tulipano era eccessivo, ecco che il mercato iniziò a vendere con conseguente crollo del prezzo e molte perdite per coloro che avevano i tulipani. Questo esempio racconta della vera prima bolla speculativa.

La causa è stata appunto di natura fondamentale: è oggettivamente assurdo che un bulbo di tulipano costi quanto un immobile.

Per quanto riguarda il mercato azionario attuale, si tratta di una discrepanza tra il prezzo di una singola azione di un’azienda quotata che discosta drasticamente dal valore effettivo si ogni singola azione. Questo processo permette agli analisti fondamentali di capire se un titolo è sotto-prezzato o sovra-prezzato, processo utile a fare investimenti nel lungo periodo. Nel momento in cui un titolo quotato è di parecchio sovra-prezzato rispetto al suo effettivo valore, possiamo parlare di possibile bolla dei prezzi, così come successe con la bolla dei tulipani ad Amsterdam.

Altro esempio noto di bolla speculativa fu quella delle DotCom, ossia la bolla che ha coinvolto tutti i titoli tecnologici tra fine anni ’90 e inizio 2000, coadiuvata dall’avvento di internet. In quel periodo era possibile vedere aziende quotarsi un giorno e dopo una settimana vedere rialzi a doppia o a tripla cifra.A volte alcuni titoli non riuscivano a fare mercato per eccesso di rialzo, una vera e propria follia collettiva. La storia parla da sé e il Nasdaq crollò di oltre il 70% nei successivi 3 anni dallo scoppio della bolla.

3) Le cause tecniche

Le cause tecniche spiegano sostanzialmente le ampiezze e le velocità dei crolli di mercato. Queste sono conseguenti solitamente (ma non sempre) ai fattori di cui sopra, ma di base sono il fondamento per cui in borsa c’è il detto “si sale con le scale e si scende con l’ascensore”.

I crolli di mercato sono caratterizzati da movimenti molto veloci e di ampiezza più importante rispetto alle normali salite di mercato, questo è dovuto essenzialmente al fattore liquidità.

Quando i prezzi scendono e il mercato entra nella modalità «vendita», abbiamo molti venditori che vogliono liquidare le loro posizioni proprio per la paura di incorrere a perdite enormi, pertanto i compratori si piazzeranno su livelli di mercato molto bassi, sapendo appunto che i venditori sono disposti a liquidare non per motivi tecnici ma per motivi emozionali.

Ecco che i venditori non riescono quindi a trovare compratori se non a livelli bassi di prezzo, pertanto i prezzi scendono molto velocemente.

Ecco spiegati quei movimenti molto veloci che solitamente caratterizzano le ultime fasi di un ribasso, quelle dove i compratori iniziano a esaurire i venditori su livelli di prezzo molto bassi e che poi portano a quelle che sono delle riprese molto importanti, sia nel breve che nel lungo periodo.

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