Perché il blocco del canale di Suez è solo l’ultima spina per il commercio globale

Pierandrea Ferrari

27 Marzo 2021 - 11:26

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Da giorni il portacontainer Ever Given sta bloccando il canale di Suez, di fatto l’unico passaggio tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano. Il commercio globale è in tilt, ma la crisi ha radici più profonde.

Perché il blocco del canale di Suez è solo l’ultima spina per il commercio globale

Il portacontainer Ever Given, insabbiatosi nel canale di Suez, continua a bloccare quello che è di fatto l’unico passaggio tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano. Tra draghe e scavi le autorità egiziane stanno attingendo a tutto il loro arsenale per disincagliare la maxi-nave, ma ogni ora che passa aggiunge uno zero al costo complessivo dello stop, e il commercio globale boccheggia.

Ma l’incidente occorso al cargo panamense, seppur pressoché senza precedenti e ancora da accertare nelle sue dinamiche, è solo l’ultima spina per l’industria delle spedizioni internazionali, già portata al limite dalla graduale ripresa dell’economia post-prima ondata.

Non solo Suez: il commercio globale è in crisi

Allo stato attuale sono 237 le navi e i portacontainer che aspettano di poter passare nel canale di Suez, una delle più importanti arterie marittime che vede correre nelle sue acque circa il 12% del commercio globale. Secondo le autorità egiziane potrebbero volerci ancora giorni, se non settimane, per smuovere il gigante, e i costi sono già stellari.

Ma la crisi di Suez 2.0 è solo il terminale nervoso di una rete commerciale già da tempo avvitata su se stessa. Dopo la fiammata pandemica della scorsa primavera, quando i volumi dei traffici si sgonfiarono a passo da record, gli scambi hanno ripreso ritmo sull’onda del rimbalzo delle principali economie e del boom dell’e-commerce, e così sono riemersi quei problemi di lungo corso solo oscurati dalla crisi sanitaria.

La pressione sulla catena di fornitura ha portato infatti ad un aumento esponenziale dei costi delle spedizioni, saliti a marzo a 4.570 dollari per un container di 12 metri contro i 1.040 dello scorso giugno, stando ai dati snocciolati da S&P Global Platts. E anche la reperibilità dei beni di consumo, nell’economia famelica del nuovo millennio, si sta assottigliando, con i porti a livelli di congestionamento senza precedenti.

Costi più alti per i consumatori

Ora, la domanda globale è al settimo mese di una striscia da record dettata dai consumi USA e gli analisti non prevedono una flessione nei prossimi mesi, soprattutto se – come sembra – il tandem vaccini-stimoli finirà davvero per accelerare la ripresa economica. Ma i costi delle spedizioni, ormai esorbitanti, finiranno prima o poi per essere scaricati sui consumatori finali, e qui suonano gli allarmi.

Prezzi più alti potrebbero infatti favorire un rialzo dell’inflazione, scenario da incubo per le banche centrali che continuano a defibrillare delle economie ancora fiaccate dalla crisi pandemica. E a tremare sono soprattutto i mercati finanziari, visto che la vivacità dei prezzi rischia di portare ad un rialzo dei tassi d’interesse prima del tempo.

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