Pensione “in ritardo”: in quali casi per l’assegno bisogna aspettare

Simone Micocci

21 Giugno 2021 - 17:00

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Per il primo assegno di pensione bisogna aspettare più o meno tempo a seconda dell’opzione alla quale si ricorre. Facciamo chiarezza.

Pensione “in ritardo”: in quali casi per l’assegno bisogna aspettare

Chi va in pensione vuole sapere quando verrà pagato il primo assegno, o comunque da quando questo decorre. D’altronde, specialmente nei casi in cui si smette di lavorare già da quando si va la domanda di pensione, e si smette quindi di avere diritto allo stipendio, il cedolino mensile diventa l’unica fonte di reddito.

Per questo motivo si spera di ricevere la pensione quanto prima, considerando anche che per il TFR c’è il rischio di dover attendere qualche mese (specialmente nel caso dei dipendenti pubblici).

C’è una regola ben precisa che ci indica quando arriva la prima pensione: tuttavia, esistono delle situazioni in cui questa viene pagata “in ritardo”. È importante conoscerle, anche in modo di farsi un‘idea di quando per la pensione c’è il rischio di dover aspettare qualche mese.

Quando la pensione arriva in ritardo

Per capire in quali casi la pensione arriva in ritardo bisogna approfondire il concetto di finestra mobile. Nel dettaglio, con il termine finestra mobile si intende quel periodo di slittamento - di durata variabile - che trascorre tra il momento di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi utili per il diritto alla pensione e la decorrenza effettiva del rateo previdenziale.

Riassumendo: è appunto il periodo che passa da quando effettivamente si matura il diritto alla pensione e il pagamento della prima mensilità.

Non è previsto per tutte le opzioni per il pensionamento, ma solamente in alcune circostanze. Si tratta, di fatto, di un sistema introdotto appositamente dal legislatore per limitare i costi di quelle misure che prevedono un pensionamento anticipato. Per contenere la spesa pensionistica, quindi, viene deciso di ritardare il pagamento della prestazione a un momento successivo a quello in cui vengono maturati i requisiti per l’accesso alla pensione.

Non sono molte le misure per le quali viene previsto questo “slittamento”.

Questo è previsto per entrambe le misure di pensionamento anticipato, quindi compresa quella riservata ai precoci. Non è stato sempre così in realtà: la finestra mobile per la pensione anticipata, infatti, è stata introdotta solamente nel 2019, con il decreto n° 4 (poi convertito dalla legge n°26) dello stesso anno (lo stesso con cui è stata introdotta Quota 100).

Questo perché in quell’occasione è stato bloccato l’adeguamento con le aspettative di vita che avrebbe comportato un incremento di 5 mesi per i requisiti per andare in pensione. Nessun adeguamento fino al 2026, ma parimenti viene introdotta la regola per cui chi accede alla pensione anticipata deve aspettare 3 mesi tra la maturazione del diritto alla liquidazione dell’assegno.

Ciò vale per:

  • uomini che vanno in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi;
  • donne che vanno in pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi;
  • precoci (sia uomini che donne) che vanno in pensione con 41 anni di contributi (cosiddetta Quota 41).

Non vale, invece, per la pensione anticipata per i contributivi puri (64 anni di età e 20 anni di contributi), per la quale non si applica alcun ritardo nella liquidazione dell’assegno.

Non sono queste le uniche occasioni in cui la pensione è pagata in ritardo.

Lo stesso meccanismo, ad esempio, è stato previsto per Quota 100 (in scadenza comunque nel 2021). In questo caso il ritardo della pensione varia dai 3 mesi (per i lavoratori del settore privato) ai 6 mesi (per il settore pubblico).

E ancora, un ritardo ancora più ampio tra la maturazione dei requisiti per la pensione e il pagamento della stessa è previsto per l’Opzione Donna. Nel dettaglio, la pensione viene pagata dopo:

  • 12 mesi per le lavoratrici dipendenti (58 anni di età e 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2020);
  • 18 mesi per le lavoratrici autonome (59 anni di età e 35 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2020).

In ritardo anche le pensioni maturate in regime di totalizzazione nazionale (Dlgs 42/2006). La finestra mobile in questo caso è di 18 mesi per la pensione di vecchiaia, 21 mesi per quella anticipata.

Anche per il comparto Difesa e Sicurezza, quindi per le Forze Armate e di Polizia, è previsto un meccanismo che ritarda l’accesso alla pensione: varia dai 12 ai 15 mesi a seconda della circostanza.

Attenzione: anche se per andare in pensione è necessario aver smesso di lavorare, il rapporto di lavoro può anche proseguire per tutta la durata della finestra mobile. L’importante, dunque, è aver smesso di lavorare alla data di decorrenza della pensione.

Pensione: quando arriva quando non è pagata in ritardo

Eccetto le suddette situazioni, quindi, quanto ci vuole prima che venga liquidata la pensione? Per i tempi del pagamento potrebbe volerci più o meno tempo, come ammesso dall’Inps stesso.

Va detto, comunque, che la decorrenza della pensione in tutti i casi non indicati in precedenza coincide con il primo giorno del mese successivo a quello in cui viene compiuta l’età pensionabile. Per chi compie 67 anni a luglio (e nel frattempo ha maturato 20 anni di contributi), dunque la pensione decorre dal 1° agosto.

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