Pensionati che emigrano all’estero: dove vanno e quanto costano all’Italia? Ora il Fisco studia la stretta.
Sono in arrivo alcune novità in materia fiscale per gli italiani che risiedono all’estero. Il Fisco, infatti, acquisirà i dati di chi si è iscritto all’AIRE, l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero, la quale ad oggi conta 4,5 milioni di persone.
In primo luogo l’Agenzia delle entrate punterà i suoi riflettori su coloro che non hanno aderito alla voluntary disclosure per l’anno d’imposta 2010. E toccherà ai Comuni comunicare al fisco nominativi e informazioni di queste persone.
Oltre ai cosiddetti “cervelli in fuga” - studenti e lavoratori altamente qualificati - un’altra categoria presente tra gli italiani che hanno scelto di andare a vivere lontano dai confini nazionali (e che presto sarà sottoposta alle attenzioni del Fisco) è quella dei pensionati.
Pensionati che emigrano all’estero sotto la lente del Fisco
Negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente il numero dei pensionati over 65 che hanno detto addio al Belpaese per abbracciare mete più o meno esotiche in cui la vita costa poco, le aliquote sulla pensione sono basse ed è possibile trascorrere una vecchiaia da nababbi magari grazie a un assegno minimo.
Le regole stabilite dal Fisco per i residenti all’estero prevedono che i redditi da pensione siano tassati in Italia, tranne che nei Paesi dove stati stipulati accordi contro la doppia imposizione.
Ad auspicare una “stretta” sui pensionati emigrati è anche il presidente dell’Inps Tito Boeri, il quale tempo fa suggerì un ricalcolo degli assegni pensionistici con il taglio della parte retributiva.
Pensionati che emigrano all’estero: dove vanno e quanto ci costano?
Stando ai risultati di uno studio condotto dall’Inps nel 2015, ogni anno l’Italia spende circa un miliardo di euro in assegni e trattamenti assistenziali ai pensionati emigrati all’estero (oltre 36mila persone tra il 2003 e il 2014).
Solo dal 2010 al 2014 - rende noto l’ente previdenziale presieduto da Tito Boeri - il numero di coloro che hanno deciso di passare la vecchiaia oltre-confine è passato da 2.553 a 5.345 unità, aumentando del 109%, per un totale di 400mila trattamenti pensionistici annuali erogati in più di 150 Paesi: praticamente in tutto il mondo. Nel rapporto World Wide Inps si legge che
“La presenza di pensionati Inps è concentrata nelle aree continentali verso cui storicamente si sono indirizzati i flussi migratori dal nostro Paese, quali Europa, America settentrionale, America meridionale ed Oceania (ovviamente per l’Australia), mentre in Asia, Africa ed America centrale risiedono solo poche migliaia di pensionati”.
Mentre però In America settentrionale, America meridionale ed Australia “l’andamento del numero delle pensioni è in costante diminuzione”, in aree come Asia, Africa e America centrale
“pur trattandosi di numeri ancora esigui, si assiste a un trend in aumento, con percentuali che vanno dal +8,6% dell’Africa al +17,3% dell’America centrale fino al +47,9% dell’Asia (dati 2014 rispetto al 2010)”.
Confrontando invece il dato 2014 con quello del 2010, “le percentuali di incremento maggiore si registrano in Oceania (+257%), Africa (+163%) ed America centrale (+114%)”.
Pensionati che emigrano all’estero: un danno per consumi e gettito fiscale
Al fenomeno della fuga di cervelli si affianca dunque anche quello della fuga dei pensionati verso Paesi in cui
“pur in presenza di un livello adeguato di servizi sociali, in particolari sanitari, il costo della vita è più basso di quanto avviene in Italia e il peso del Fisco incide in misura inferiore sulle pensioni”.
Nel commentare i dati del rapporto, Boeri aveva definito “paradossale” il fatto che l’Italia continui a erogare prestazioni a pensionati che hanno deciso di emigrare “e che magari hanno un’assistenza di base”, mentre nel nostro Paese
“non ci sono strumenti contro la povertà e una rete di base proprio perché si dice non ci siano le risorse”.
L’effetto della fuga dei pensionati - sottolinea il rapporto Inps - si rivela negativo per i consumi e il gettito fiscale nel Belpaese. A bilanciare la situazione contribuiscono i circa 200mila stranieri nati prima del ‘49 che hanno lavorato in Italia versando contributi per oltre 3 miliardi di euro ma non ricevono la pensione perché hanno fatto ritorno nel loro Paese d’origine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA