Parità di genere: cos’è e cosa dice la legge in Italia

Isabella Policarpio

04/03/2021

04/03/2021 - 13:10

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Parità di genere tra uomo e donna, a che punto è l’Italia e quali sono le leggi che tutelano l’uguaglianza tra i sessi? Ecco le norme che mirano ad eliminare il gender gap.

Parità di genere: cos’è e cosa dice la legge in Italia

La parità di genere indica l’uguaglianza nei diritti e nei doveri tra uomo e donna e, nel nostro Paese, è sancita dalla Costituzione e da numerose leggi.

Ma, nonostante l’impegno del legislatore, per ottenere la totale parità tra i sessi c’è ancora molta strada da fare.

In questo articolo abbiamo raccolto leggi e provvedimenti in vigore che tutelano la parità di genere e salvaguardano la posizione della donna, sia in ambito familiare che lavorativo. Si va dai principi costituzionali all’ammissione delle donne al servizio militare.

Ecco una raccolta degli interventi più significativi che hanno abbattuto - in tutto o in parte - il gender gap.

Parità di genere: cosa dice la Costituzione

Il primo vero intervento dello Stato italiano in merito alla parità di genere risale al 24 marzo del 1947, data in cui l’Assemblea costituente approvò l’articolo 3 della Costituzione, proclamando l’uguaglianza tra uomo e donna di fronte alla legge.

Così aveva inizio il lungo (e tortuoso) percorso verso la parità di genere.

Risale al 1950 la legge sulla “tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”, con la quale per la prima volta viene introdotto il divieto di licenziare le donne lavoratrici dall’inizio della gestione e fino al compimento del 1° anno di età del bambino.

A questo divieto si aggiunge anche quello di non affidare alle donne incinte lavori fisicamente faticosi o insalubri, come ad esempio il sollevamento di pesi e l’esposizione a sostanze tossiche.

Abolizione della clausola di nubilato e riconoscimento del lavoro domestico

Il 1963 è un anno molto importante per la parità di genere: il Parlamento italiano approva l’abolizione delle clausole di nubilato e riconosce dignità al lavoro domestico delle donne.

Prima di questa data, i contratti di lavoro subordinato potevano contenere una clausola che legittimava il datore di lavoro a licenziare la dipendente donna in caso di matrimonio. In altre parole, chi sottoscriveva il contratto di lavoro si impegnava a non sposarsi poiché la vita matrimoniale era considerata inconciliabile con gli impegni lavorativi.

Sempre nel 1963 arriva un’altra importantissima legge, quella sul lavoro domestico. Si tratta di una svolta epocale per le donne: finalmente le mansioni casalinghe acquistano dignità nei confronti e della legge e diventano meritevoli di tutela.

Viene creata presso l’Inps un’assicurazione volontaria per le pensioni delle casalinghe. In seguito, nel 1999, tale assicurazione diventa obbligatoria per tutelare le donne dal rischio di infortuni domestici.

Tutela della maternità al lavoro

Passo dopo passo, le donne riescono ad ottenere maggior riconoscimento del ruolo di lavoratrici e madri. Da ricordare:

  • la legge n. 1204 del 1971 che introduce l’astensione facoltativa dal lavoro per 6 mesi, oltre ai 3 mesi obbligatori dopo il parto;
  • la legge n. 546 del 1987 che sancisce il pagamento dell’indennità giornaliera maternità;
  • la legge Finanziaria del 1998 che introduce misure contributive per tutelare la maternità delle lavoratrici subordinate e parasubordinate, l’assegno di maternità e l’assegno ai nuclei familiari.

Importanti anche gli interventi normativi avvenuti tra il 2000 ed il 2012. In particolare la legge n. 58 del 2000 disciplina nuove disposizioni per il sostegno alla genitorialità di madri e padri, per il diritto alla cura della prole coordinando le esigenze di maternità e paternità.

Successivamente, nel 2012, la legge Fornero sulla riforma del mercato del lavoro ha introdotto il babysitting, ovvero la possibilità per le madri lavoratrici di richiedere, in alternativa al congedo parentale, dei contributi economici da destinare alle spese per la baby-sitter per assistere i bambini mentre le madri sono a lavoro.

Inoltre con il Jobs act il congedo di paternità e di maternità è stato ampliato laddove i genitori dimostrino la presenza di particolari circostanze che rendono necessario assentarsi dal lavoro.

Parità di genere, le donne ammesse nelle Forze armate

Le donne sono state ammesse a pieno titolo all’interno delle Forze armate e nel corpo della Guardia di Finanza soltanto agli inizi del 2000, dopo l’approvazione della legge 380/1999: “Delega al Governo per l’istituzione del servizio militare volontario femminile”.

Qui la parità di genere è assicurata su due fronti:

  • la realizzazione del principio della pari opportunità uomo-donna nel reclutamento del personale militare e nell’accesso ai diversi gradi, qualifiche, specializzazioni ed incarichi;
  • l’applicazione, sia al personale militare femminile che maschile, della normativa vigente per il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità e pari opportunità tra i sessi.

Le quote rosa nelle Pubbliche amministrazioni

La legge n. 120 del 2011 introduce le tanto discusse “quote rosa”, ovvero l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e private di rispettare un determinato numero di assunzioni riservate alle donne. La norma in questione sancisce l’obbligo, entro il 2012, di prevede almeno un quinto di quote rosa all’interno del Consigli di amministrazione, per giungere a un terzo entro il 2015.

La questione si inserisce nel più generale articolo 51 della Costituzione (Pari opportunità nell’accesso agli uffici pubblici) che, dopo le modifiche apportate dalla riforma costituzionale del 2003, recita:

“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.”

A seguire, la legge n. 215 del 2012 che promuove il riequilibrio della rappresentanza di genere nei Consigli e nelle Giunte regionali e locali.

Il rapporto aziendale biennale

Della parità di genere si occupa anche il Decreto legislativo n. 198 del 2006 che all’articolo 46 recita:

“Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile”.

Questa misura obbliga le aziende a redigere una relazione sullo stato delle assunzioni, sulla formazione, sulla promozione professionale e sui passaggi di livello e categoria del personale, monitorando la disparità tra i generi. Grazie a questa relazione è possibile monitorare il numero di licenziamenti, la retribuzione complessiva ed i fenomeni di mobilità, demansionamento e pensionamento confrontando le percentuali tra uomo e donna.

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