Paradisi fiscali UE: quanti soldi perde l’Italia a causa di Olanda e colleghe?

C. G.

15 Luglio 2020 - 11:25

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I paradisi fiscali dell’UE offrono tassazioni di favore alle multinazionali. Quali sono questi Paesi e quanti soldi “sottraggono” all’Italia?

I paradisi fiscali UE offrono alle multinazionali dei regimi di tassazione agevolati che portano le aziende a spostare i propri profitti dove le tasse sono più basse.

È il fenomeno del profit shifting che si ripercuote negativamente sulle giurisdizioni che non posseggono cornici fiscali favorevoli per le società.

Questi Paesi svantaggiati vedono “sottrarsi” denaro che invece confluisce nelle casse degli Stati più appetibili dal punto di vista della tassazione. La domanda sorge spontanea: quanti soldi perde l’Italia a causa dei paradisi fiscali UE e di questo fenomeno?

Paradisi fiscali UE: quali sono e quanti soldi “sottraggono” all’Italia

Stando agli ultimi dati a disposizione, l’Italia subisce un profit shifting di 24 miliardi di euro e a causa dei paradisi fiscali perde il 19% delle proprie entrate tributarie dalle imprese.

Stiamo parlando di 7,5 miliardi di euro di mancate entrate, di cui 6,5 miliardi riguardanti l’Unione europea, determinate cioè dalle tassazioni agevolate presenti in alcuni Stati membri. Ma quali?

Tra i paradisi fiscali UE si annoverano il Lussemburgo, Cipro, Malta, Ungheria, Irlanda e Olanda, la stessa Olanda che non molto tempo fa ha osteggiato a gran voce le misure proposte dall’Italia per fronteggiare il coronavirus (coronabond).

Ebbene proprio i Paesi Bassi hanno sottratto all’Italia 1,5 miliardi di euro nel corso del 2019, mentre il Lussemburgo ha attirato 3 miliardi e l’Irlanda 1,6. Fuori dal blocco, i paradisi fiscali che hanno “tolto” più soldi all’Italia sono stati la Svizzera, Caraibi, Hong Kong e Singapore.

Aliquote a confronto

Come anticipato, i paradisi fiscali UE riescono ad attrarre più società e investimenti grazie a delle aliquote decisamente basse: Cipro e l’Irlanda, ad esempio, vantano un tasso del 13%, mentre l’Ungheria scende fino al 9%.

Sul fronte opposto invece Italia, Francia e Germania, che vantano tassazioni del 28%, 24% e 30%. La differenza è palese.

Sull’argomento anche un recente studio dell’università Cattolica, che ha tentato di mettere in luce le profonde discrepanze esistenti tra paradisi fiscali UE e Stati a tassazione non agevolata.

“In presenza di forti differenze nelle aliquote effettive di tassazione, è forte l’incentivo a spostare artificialmente i profitti nei paesi a bassa tassazione attraverso pianificazioni fiscali aggressive (vere e proprie pratiche di elusione) da parte delle multinazionali, per esempio usando pratiche di “transfer pricing” (transazioni all’interno di un gruppo multinazionali a prezzi fittizi). Queste pratiche sono poi facilitate dalla possibilità che alcuni paesi danno, per esempio Malta, nel concedere la residenza fiscale senza che vi sia una reale attività economica nel Paese”,

si legge nel report.

Per limitare questo problema l’UE ha introdotto nel 2019 una nuova direttiva per armonizzare la base imponibile della tassazione aziendale, aumentare il coordinamento europeo e incrementare la trasparenza informativa.

Come fatto notare dalla Cattolica, però, gli interventi volti a ridurre l’elusione non hanno rimosso le vere cause della stessa, ossia il divario esistente fra le diverse politiche di tassazione dei profitti.

Di seguito una tabella riepilogativa dei profitti elusi e dei ricavi da tasse non realizzati dall’Italia.

(Dove non indicato, valori in milioni di dollari. Fonte: Cattolica)

L’allarme dell’Antitrust sul dumping fiscale

Il dumping fiscale, ossia la pratica di ridurre la pressione fiscale da parte di uno Stato con l’obiettivo di attirare investimenti e contribuenti (per trarre guadagni sulle imposte dirette e sui consumi) è tornato al centro del dibattito anche alla Camera, durante una recente audizione del presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli.

Quest’ultimo ha stimato per l’Italia un danno compreso tra i 5 e gli 8 miliardi di euro, ricalcando in parte i dati sopra citati:

“Alcune ricerche stimano che, a causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti.”

Ma dove finiscono questi ultimi?

  • Lussemburgo: 11 miliardi
  • Irlanda: oltre 6 miliardi
  • Olanda: oltre 3,5 miliardi
  • Belgio: oltre 2 miliardi

Un fenomeno problematico, per dirla con le stesse parole di Rustichelli, soprattutto se consideriamo che i Paesi che mettono in atto queste pratiche sono quelli che pretendono rigore di bilancio in UE, e lo richiedono proprio dai Paesi che più penalizzano sul fronte tasse.

Non solo Italia: gli altri Stati colpiti dai paradisi fiscali UE

Nel corso degli anni non è stato soltanto il Belpaese a vedersi “sottratti soldi”.

Nello specifico, a soffrire questa situazione sono oggi anche:

  • Germania: -19 miliardi di entrate. Di queste 16 miliardi restano in UE
  • Francia: -12 miliardi. Di questi 10 rimangono in UE.

I paradisi fiscali UE, insomma, hanno causato diversi danni economici agli Stati meno aggressivi fiscalmente.

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# Olanda

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