Arrivano dagli USA dei dati estremamente positivi riguardo all’andamento del PIL al 5%, in forte crescita per il terzo trimestre. La crisi è davvero finita negli Stati Uniti?
I dati che giungono dagli Stati Uniti riguardo al PIL del terzo trimestre 2014 vanno al di là di ogni più rosea previsione degli analisti finanziari: la crescita impetuosa del Prodotto Interno Lordo al 5% è accompagnata dal classico rally di fine anno di Wall Street dove l’indice Dow Jones è arrivato nella seduta di ieri sopra quota 18000 mettendo a segno un nuovo record (la quinta più veloce) nel raggiungimento di 1000 punti nei tempi più brevi. Una serie di dati positivi che farebbe pensare a un 2015 del tutto positivo, con un’uscita dalla crisi economica ormai confermata empiricamente; ma è davvero tutto oro quello che luccica?
La crescita del PIL
Lo scatto del PIL del terzo trimestre al 5% ha lasciato di stucco tutti gli operatori finanziari statunitensi. Già in fase di revisione del dato, circa un mese fa, il Governo americano aveva indicato per il terzo trimestre una crescita del 3,9% mentre, più recentemente gli analisti finanziari avevano rivisto la stima al rialzo, prevedendo un PIL del 4,3% per il terzo trimestre. Il dato arrivato ieri da oltreoceano batte però tutte le aspettative la crescita del PIL americano del terzo trimestre, rispetto al secondo, in cui lo stesso tasso di crescita era stato registrato al 4,6%, si attesta al 5%, segnando il maggior tasso di incremento degli ultimi 11 anni.
Il dato è spiegabile con la crescita dei consumi, aumentati del 3,2%, quindi, di un punto percentuale in più rispetto alle stime iniziali. Altro fattore che ha contribuito al risultato del PIL sono stati gli investimenti aziendali: le spese in impianti sono lievitate del 4,8% anziché dell’1,1% e quelle in proprietà intellettuale e software dell’8,8% invece del 6,4%; gli investimenti in attrezzature sono aumentati dell’11% anziché del 10,7%. Anche i profitti aziendali hanno subito un’impennata del 2,8% rispetto al trimestre precedente, quando erano cresciuti dell’1,7%. Complessivamente, su base annua la crescita del PIL è stata del 2,7%, un decimo in più rispetto a quanto calcolato nel trimestre precedente: si tratta, insomma, di una performance estremamente positiva che ha portato alcune fonti governative, a definire il 2014 come l’anno della svolta.
Il rally di fine anno
Forte del dato sul PIL il Dow Jones nella seduta di ieri ha superato quota 18000 punti mettendo a segno un nuovo record nella conquista di 1000 punti e confermando il trend rialzista della borsa americana che dura ormai da sei anni. Gli acquisti di azioni americane sono state accompagnati anche dall’acquisto di obbligazioni, con il titolo decennale che ha portato il suo rendimento a quota 2,19% mentre, sul fronte valutario, il dollaro ha guadagnato terreno sulle altre grandi valute.
Non è stato però solo il PIL a determinare questa performance di Wall Street dal momento che molto si deve anche alle scelte che la FED ha messo in campo nei giorni scorsi. La decisione di lasciare invariati i tassi d’interesse e di non avviare una politica economica restrittiva, con relativo rialzo dei tassi, ha fornito ai mercati sonore conferme riguardo al sostegno che le istituzioni bancarie americane vogliono ancora dare all’espansione economica statunitense.
Le prospettive future
La politica monetaria della Fed, tuttavia, non potrà durare in eterno, entro il primo semestre del 2015, probabilmente ad Aprile, dovrebbe arrivare la stretta di politica monetaria che avvierà un graduale rialzo dei tassi di interesse.
Al di là delle scelte della Fed che potrebbero comunque rallentare l’andamento dell’economia USA sono però altre le motivazioni che portano alcuni trader e alcuni operatori finanziari a raccomandare la cautela sui mercati: l’andamento borsistico del prossimo periodo potrebbe essere estremamente volatile, infatti.
Ciò è comprensibile non solo considerando i risultati raggiunti ieri dal Dow Jones come il classico prodotto dell’euforia che contrassegna i mercati negli ultimi giorni dell’anno ma, soprattutto, tenendo presente che gli investitori potrebbero, nei prossimi mesi mettere in campo scelte incerte, mossi dal bisogno di comprendere quale livello sia sostenibile sul mercato. Quel che potrebbe destabilizzare maggiormente gli investitori è in realtà la sostenibilità stessa della crescita americana, sono ancora troppi e troppo importanti i punti che, nell’economia americana, potrebbero rivelarsi più deboli del previsto: dalla mole ancora troppo ingente di investimenti in prodotti finanziari opachi, alla redistribuzione della ricchezza che non ha ancora raggiunto livelli tali da potersi definire apprezzabili, fino ai dati sulla disoccupazione di cui si attende con trepidazione l’imminente pubblicazione.
Sullo scenario internazionale, inoltre, se il calo dei prezzi del petrolio dovesse perdurare nei prossimi mesi, gli ingenti investimenti per l’estrazione dello shale oil potrebbero non essere più così convenienti per gli USA.
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