Dopo la risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU, che ha riconosciuto la Palestina come Stato non membro osservatore, con 138 voti favorevoli, 41 astenuti e 9 contrari, la reazione di Israele non si è fatta attendere e sembra rispecchiare la posizione statunitense circa un dietro front nei processi di pace, sostenuto peraltro dallo stesso Israele.
L’esultanza di Abu Mazen nei confronti di una decisione “storica” per “salvare la soluzione a due Stati” e “dire basta all’occupazione e ai coloni” è stata vista come “ostile e velenosa” dal premier israeliano Benyamin Netanyahu, che ha annunciato 3.000 nuovi insediamenti nei pressi di Gerusalemme, tra la zona araba e quella orientale, quella che viene definita “E1”, ignorando la voce della comunità internazionale.
Abu Mazen ha minacciato di adire la Corte penale internazionale “in caso di aggressione di Israele”. Insomma, una storia che sembrava già scritta.
Israele punisce la Palestina, costruendo in quel corridoio tra Gerusalemme e Maaleh Adumin, che unisce la Cisgiordania dal Nord al Sud. In tal modo lo Stato palestinese sarebbe spaccato in due e Gerusalemme Est non sarebbe mai la capitale. Questo segna davvero una forte battuta d’arresto nei processi di pace, la cui precondizione, secondo Abu Mazen, doveva essere l’arresto di ogni forma di colonizzazione.
La vendetta è iniziata. “Israele continuerà a costruire a Gerusalemme e in ogni luogo della mappa degli interessi strategici dello stato di Israele” ha dichiarato Benyamin Netanyahu, temendo un isolamento, dopo la vittoria palestinese all’ONU. Non solo.
E’ previsto un blocco di circa 92 milioni di euro dalle casse della Palestina, almeno per questo mese, che riguarda le tasse che Israele, in qualità di paese occupante, riscuote per conto dell’ANP. “Saranno utilizzate per rimborsare i debiti contratti dall’Autorità palestinese con la compagnia nazionale di elettricità israeliana” ha dichiarato Yuval Steinitz, ministro delle Finanze israeliano.
La reazione in Occidente
Mentre gli USA definiscono “controproducente” la mossa di Israele, l’Italia si divide tra la voce della destra, che critica il voto italiano, e quella del governo Monti, rappresentato dal Ministro degli Esteri Giulio Terzi: “L’Italia è fortemente convinta del suo rapporto di amicizia con Israele e con i palestinesi”, ma “sostiene il consolidamento del fondamento democratico dello Stato palestinese che si configura nell’autorità palestinese”.
Più dura la reazione di Gran Bretagna e Francia, che minacciano di ritirare i rispettivi ambasciatori da Israele, che merita “una risposta forte”.
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