Settimane calde di scioperi e proteste in tutta Italia per rivendicare i propri diritti e la piazza come strumento di comunicazione. Tuttavia, non mancano casi che estremizzano mezzi ed idee, mentre sappiamo che una protesta è tale quando viene mossa con intelligenza e responsabilità.
I temi “caldi” delle manifestazioni sono ancora una volta scuola e lavoro, legati indissolubilmente nella prospettiva di un futuro della Nazione fatto di cultura, merito e possibilità.
Camusso: abbiamo diritto alla verità
Da Terni il segretario della Cgil, Susanna Camusso, fa sentire la sua voce e il suo sostegno, rivendicando il ruolo dei sindacati: “A Cisl e Uil dico che non bisogna scappare dalle piazze. In questa stagione così difficile in cui cresce la disperazione ciò che un sindacato deve fare è dare un messaggio di possibilità alle persone di non rassegnarsi”.
A un anno dal governo Monti, segnato da flessibilità, austerità e rigore, i bilanci per la sindacalista sono sconcertanti perché “l’austerità sta strangolando il lavoro” e “determinando una profondissima recessione” che toglie ogni speranza per il futuro.
“E’ stato un anno di disastri e di non risposte al mondo del lavoro - ha aggiunto - che ha tolto la fiducia e la speranza ai giovani. E non continuino a raccontarci che c’è una luce in fondo al tunnel. Abbiamo diritto alla verità. Di questa politica non se ne può più, non ne possiamo più. Non ci vengono date risposte alla crisi, creando per questo sfiducia e disperazione”.
Il ruolo dei sindacati in Italia
Tradizionalmente nati a sostegno dei diritti dei lavoratori, come interlocutori della concertazione e strumento di mediazione, i sindacati hanno perso progressivamente spessore.
Tra i problemi principali evidenziati dalla Camusso, il fatto che l’Italia sia “l’unico Paese in Europa in cui il sindacato non fa scelte unitarie. Una divisione che purtroppo dura da molto tempo perché tutte le volte che è stato necessario entrare in conflitto con le politiche del governo non siamo riusciti a trovare le condizioni unitarie, e questo è un elemento di difficoltà e di debolezza”.
Infine, rivolgendosi ai “colleghi”, Bonanni e Angeletti, ha concluso: “’Proprio perché siamo tutti coscienti che la crisi è molto dura e le politiche che vengono fatte in Europa come in Italia sono politiche che si scaricano sul lavoro bisogna smettere di pensare che accompagnare i processi in corso possa essere sufficiente”.
Lo smarrimento generazionale: quel posto che non c’è
L’autocritica prosegue sotto la bandiera della verità e di un “ritorno alle origini” perché “il lavoro si aspetta di essere difeso” ha dichiarato il segretario. Anche il lavoro che non c’è.
Bisogna restituire ai giovani, non solo la speranza, ma la voglia concreta di partecipare, di credere che quel futuro nebuloso può ancora appartenergli. Ne hanno il diritto. Non solo per gli studi e i sacrifici compiuti, ma perché questo “smarrimento generazionale” deve finire, a vantaggio di una società che rispetta coloro che possono garantire maggiore energia e produttività al Paese.
I giovani non solo non hanno un posto di lavoro, non hanno un posto nella società della casta, degli imprenditori, dei nepotismi.
E l’Europa? Deve cambiare politica
La Camusso è dura anche nei confronti dell’Europa, che definisce incapace “di prendere una linea che riguardi il lavoro, l’occupazione la solidarietà sociale, questioni che hanno sempre caratterizzato il tratto europeo, mentre invece si continua in una politica di austerità senza prospettive per i giovani, per l’occupazione in generale e perché, poi, noi siamo uno dei paesi che stanno subendo tutti i diktat della Commissione Europea e i dati sono dinnanzi a noi”.
“Non si esce dalla crisi se non si crea lavoro - ha proseguito la leader di Cgil - senza questo le ricette che ci propongono portano solo all’impoverimento del Paese. Vorremmo dire all’Europa che siamo sempre più preoccupati perché scelte così miopi come il rigore portano al ritorno di pericolose tensioni e di fantasmi che non vorremmo rivedere più. Stanno rinascendo partiti neonazisti e neofascisti, si è abbandonata l’idea di una Europa sociale e del lavoro”.
Questa prospettiva è pericolosa e rimanda ad un passato già noto, in cui la disperazione è stata la miccia per quel terribile focolaio che è sfuggito al controllo delle stesse classi al potere.
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