Prima pagina di Libero contro gli omosessuali: c’è un limite alla libertà di stampa?

Isabella Policarpio

23/01/2019

Il titolo omofobo in prima pagina del quotidiano Libero ha suscitato l’indignazione del mondo lgbt e non solo. Fino a che punto può spingersi la libertà di stampa?

Prima pagina di Libero contro gli omosessuali: c’è un limite alla libertà di stampa?

Il titolo omofobo del quotidiano Libero ha riaperto il dibattito sulla legittimità di porre un limite alla ibertà di stampa quando essa si trasforma in un mezzo che veicola sentimenti razzisti, sessisti, omofobi o discriminatori sotto qualsiasi punto di vista.

Come noto, la libertà di stampa è uno dei principi cardine dello Stato democratico ed è disciplinato dalla nostra Costituzione come inviolabile e non sottoponibile ad autorizzazioni o censure. Le sole restrizioni ammesse riguardano la violazione di norme penali e del buon costume.

In mancanza di una esplicita previsione costituzionale, è intervenuta la Corte di Cassazione, la quale ha sancito che la libertà di stampa può essere limitata quando le convinzioni espresse ledono altri principi di rilevanza costituzionale, in particolare il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione.

La prima pagina di Libero

Il quotidiano Libero, diretto da Vittorio Feltri, ha pubblicato in prima pagina un titolo di carattere manifestamente omofobo, definendo la crescita del numero degli omosessuali un fattore di preoccupazione. Secondo il quotidiano, infatti, gli omosessuali “crescono in continuazione” mentre il Pil del Paese cade a picco.

Si tratta di un’affermazione offensiva e discriminatoria, senza contare che tra la crisi economica italiana ed il numero di omosessuali non vi è alcuna correlazione logica.

Il titolo omofobo ha da subito provocato l’indignazione del mondo lgbt e del sottosegretario M5S con delega all’Editoria Vito Crimi, il quale ha prontamente colto l’occasione per giustificare i tagli dei finanziamenti pubblici per i giornali minori, come appunto il quotidiano Libero.

Secondo Crimi, a distruggere il futuro dei giornali minori non sarebbe il taglio dei fondi pubblici ma i contenuti vergognosi ed i titoli oltraggiosi a cui Libero ci ha abituato: solo qualche giorno fa, il quotidiano aveva denunciato il fatto che le principali cariche pubbliche sono occupate da “terroni”.

Dopo questi eventi, che non sono certamente isolati, è opportuno chiedersi se la libertà di stampa - diritto cardine dello Stato democratico e principio costituzionale - possa ammettere titoli e contenuti di stampo razzista, omofobo, sessista o discriminatorio in qualsiasi altro modo. In altre parole, se la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero dei giornalisti possa offendere individui e categorie di individui in nome della libertà di stampa.

Esiste un limite? Cosa dice la Costituzione

L’episodio in questione rende obbligatoria una riflessione su cosa significa la libertà di stampa nel nostro Paese. Dunque, la Costituzione italiana prevede e disciplina la libertà di stampa nell’articolo 21, nella parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini.

I padri costituenti già nel 1948 ritenevano che la libertà di stampa fosse uno dei pilastri fondamentali dello Stato democratico, mezzo privilegiato per favorire il pluralismo ideologico e creare dei cittadini informati e consapevoli.

Difatti la Costituzione italiana non ammette autorizzazioni e censure di qualsiasi genere, a meno che il contenuto del testo o le immagini non siano contrari al “buon costume”, ovvero i principi etici e morali in cui il popolo italiano medio si riconosce. In questi casi la legge stabilisce quali sono i provvedimenti adeguati a prevenire e reprimere le violazioni.

L’articolo 21, inoltre, stabilisce anche che l’unico caso in cui le Autorità possono procedere al sequestro del giornale è per il compimento di fatti che integrano dei delitti o in caso di evidenti violazioni di regole prescritte dalla legge.

Il parere della Corte di Cassazione

Il dettato costituzionale fa riferimento al “buon costume” ma non spiega se gli insulti a sfondo discriminatorio vi siano compresi oppure no. Per risolvere la questione è stato necessario l’intervento dei giudici della Corte di Cassazione che, nella sentenza n. 341 del 28 febbraio 2001, hanno sancito quanto segue:

“Il diritto alla libera manifestazione del pensiero, tutelato dall’art. 21 cost., non può essere esteso fino alla giustificazione di atti o comportamenti che, pur estrinsecandosi in un’esternazione delle proprie convinzioni, ledono tuttavia altri principi di rilevanza costituzionale ed i valori tutelati dall’ordinamento giuridico interno e internazionale.”

Ne consegue che le affermazioni a sfondo razzista, sessista ed omofobo sono contrarie “ad altri principi di rilevanza costituzionale”, in primis al divieto di discriminazione dell’articolo 3 della Costituzione.

In conclusione, in ragione di quanto abbiamo esposto, limitare l’utilizzo di frasi, immagini, insinuazione e affermazioni che manifestano forme di odio o deridono determinate categorie di individui non può essere considerato una violazione della libertà di stampa, ma al contrario serve a tutelare il valore del giornalismo, cioè accrescere la coscienza sociale e civica e non fomentare odio e malcontento.

Argomenti

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it