Lavoro: rilanciare l’Italia con l’artigianato 2.0. Scuole e corsi che tutto il mondo ci invidia

Marta Panicucci

30 Maggio 2013 - 12:13

Lavoro: rilanciare l’Italia con l’artigianato 2.0. Scuole e corsi che tutto il mondo ci invidia

La tradizione artigiana italiana ha le potenzialità per diventare un enorme fonte di crescita e di rilancio economico per il paese. Il settore manifatturiero in Italia non solo è uno dei pochi settori che non ha risentito in maniera pesante della crisi, ma è anche una buona occasione d’investimento come hanno intuito gli investitori stranieri; a conferma di ciò ad esempio citiamo l’acquisto di Ducati da parte di Audi-Volkswagen per più di 800 milioni di euro.

L’idea, sulla scia del movimento dei "maker" negli Stati Uniti, è quella di rilanciare i mestieri di bottega allargando però lo sguardo verso la tecnologia e aprendosi alla globalizzazione. Questo sarebbe un ottimo modo per portare avanti la secolare tradizione della nostra penisola come patria dei mestieri e, allo stesso tempo, l’opportunità di rilanciare la crescita economica e l’occupazione.

La convinzione che la conoscenza, l’entità astratta che apprendiamo sui libri di scuola e nelle università, rappresenti la chiave per aprire le porte del mondo del lavoro non fa cogliere ai giovani italiani l’enorme potenziale economico del "saper fare" con le proprie mani. In Italia abbiamo delle scuole e dei corsi di professionalizzazione che ci invidiano da tutto il mondo e per le quali arrivano studenti da tutto il mondo, con l’unico obiettivo di apprendere le tecniche artigiane italiane e applicarle così alla globalizzazione.

Scuole e corsi

Dare un futuro a bambini disagiati o orfani di guerra, questo spesso l’obiettivo per cui nascevano tante botteghe artigiane in Italia dove i giovani imparavano un mestiere che avrebbero svolto per il resto della vita. Adesso l’opportunità di futuro offerte dai più moderni corsi artigiani sono rivolte principalmente a studenti stranieri che vengono in Italia appositamente per imparare un mestiere e portare nuove conoscenze artigiane in patria.

A Firenze ad esempio è ancora in attività l’antica scuola del cuoio, i cui studenti arrivano soprattutto da paesi come l’Estremo Oriente, Israele e Sud Africa. Questo laboratorio fiorentino dà la possibilità a studenti, che magari hanno già studiato design o moda, di imparare come si fabbrica con le proprie mani una borsa o una cintura di cuoio.

I ragazzi della scuola, una ventina, sono tutti stranieri e sono seguiti nella fabbricazione del proprio prodotto di cuoio da due maestri, uno giapponese e uno malese. Gli attuali maestri sono arrivati come studenti a Firenze qualche anno e fa e poi sono rimasti per trasmettere ad altri giovani le conoscenze acquisite. A gestire la scuola è Tommaso Melani, nipote del fondatore della bottega, nata nel 1950. Nel 2000 a fianco ai laboratori di produzione della bottega è nata anche la scuola di formazione per trasmettere ad altri giovani il mestiere del lavoro con il cuoio. A svolgere il ruolo di supervisore Carlo Sieni, l’ultimo dei vecchi maestri della scuola fiorentina.

A fianco della scuola del cuoio gli esempi di botteghe in cui imparare il mestiere artigiano in Italia, potrebbero essere molti. A partire dalla scuola di Murano, la Abate Zanetti dove quasi la metà degli studenti proviene da Usa, Germania, Gran Bretagna e Ucraina.

Stesso discorso per la scuola internazionale di liuteria di Cremona, nata nel 1938 in seguito a un decreto regio. Oggi, diventata un istituto professionale rinosciuto a livello internazionale offre corsi per la formazione nel campo della musica, ma anche della moda e dell’arredamento. Anche a Cremona, negli ultimi 10 anni, il 75% dei ragazzi iscritti alla scuola di liuteria proveniva da paesi come la Cina, il Giappone, l’Europa e gli Usa.

Maker americani e artigiani 2.0 italiani

In America ormai si ha la netta impressione che la terza rivoluzione industriale sia iniziata, quella dominata dalla tecnologia. Ma allo stesso tempo si sta diffondendo il movimento dei Maker ovvero coloro che si fanno le cose da soli. E in Italia sembra si stia innescando un interessante dibattito sull’importanza e sul futuro del settore manifatturiero. A rilanciare nel nostro paese tale dibattito è stato anche l’economista Stefano Micelli, docente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore del saggio "Futuro artigiano".

Secondo il professor Micelli la nostra società è assuefatta a ragionare sull’economia della conoscenza, facendo riferimento al binomio conoscenza-immateriale. Dagli Usa arriva uno stimolo nuovo, uno sguardo verso un’altra direzione, che oltrepassa il conoscere e approda al "fare". L’artigiano non dovrebbe essere considerato come qualcosa di vecchio, considerato solo in un motto nostalgico, bisognerebbe svecchiare questa parola e renderci conto delle sue enormi potenzialità.

In Italia sfruttando la conoscenza tramandata nelle botteghe, affiancata dalle nuove tecnologie così come fanno i Makers americani, potrebbe aprirsi al contesto della globalizzazione e rilanciare l’economia del paese e offrire grandi opportunità di lavoro ai giovani disoccupati.

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