La Russia riconosce l’indipendenza del Donbass: cosa succede adesso

Chiara Esposito

21/02/2022

La diplomazia retrocede e Putin avanza in terreno fertile. Si attende la risposta della NATO, servono accordi tempestivi per salvare il salvabile.

La Russia riconosce l’indipendenza del Donbass: cosa succede adesso

Il presidente russo Vladimir Putin parla alla nazione e annuncia il riconoscimento del Donbass; l’escalation della possibile invasione del territorio ucraino potrebbe essere vicina. Attualmente, fa sapere l’agenzia Interfax, sul territorio sono già stati avvistati un gran numero di mezzi blindati.

La dichiarazione, secondo quanto riferisce la Tass, prima di essere ufficializzata in diretta televisiva, è stata proferita in sede di riunione davanti al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz.

L’incontro, tenutosi la sera di lunedì 21, ha visto una brusca frenata per la diplomazia e il suggellarsi dell’annessione delle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, ormai occupate dal 2014 da separatisti filorussi.

Putin tramite questa mossa ha voluto avvertire l’Occidente, lanciare un segnale forte ma come va interpretato? Quali conseguenze ci saranno a questo punto sul fronte bellico? L’azione degli americani per smascherare e depotenziare il piano segreto di Putin ha avuto l’effetto contrario?

Perché proprio il Donbass?

La risposta di Putin è:

«Lenin è stato il creatore e l’architetto dell’Ucraina e aveva un interesse particolare anche per il Donbass».

La realtà dei fatti è invece che il territorio è una straordinaria risorsa strategica.

Non a caso negli ultimi giorni la tensione si era spostata proprio nelle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, i luoghi dove la guerriglia non è iniziata con l’occupazione del confine ma va avanti da anni.

Infatti anche se legalmente questo territorio dovrebbe ancora essere gestito dall’Ucraina, di fatto la Russia vi esercita da tempo un forte controllo. Non era mai stata imposta però l’annessione vera e propria. Oggi invece i separatisti filorussi stanno costringendo migliaia di persone che abitano nel Donbass ad andarsene in Russia, invitandole ad abbandonare la cittadinanza ucraina e a chiedere quella russa promettendo anche la possibilità di votare alle elezioni russe ancor prima di averla acquisita.

A questo punto, forti di una buona narrativa, presenza consolidata sul territorio e appoggio di frange filorusse, gli analisti occidentali vedono questa mossa come la prima giustificazione per un intervento russo.

Putin: «russi e ucraini sono un solo popolo»

Il discorso alla tv di Stato russa è stato lungo e minaccioso e non sono mancate dure accuse verso l’Ucraina così come verso le altre repubbliche nate dalla disgregazione dell’Unione Sovietica.

Queste ultime infatti, nell’ottica del leader del Cremlino, non sono neppure delle vere nazioni quanto piuttosto «inventate dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica all’inizio del Novecento». Parte della base ideologica con cui Putin ha giustificato le operazioni delle ultime settimane è proprio questa.

La comunicazione politica è quindi interamente basata su una narrazione passatista, quasi imperialista nell’ottica di ripristinare il controllo di un tempo:

«L’Ucraina non è un Paese confinante, è parte integrante della nostra storia e cultura».

L’accusa mossa alla popolazione è quella di negare la propria tradizione di fratellanza tant’è che, in nome della convinzione di unità storico-culturale, Putin aveva già espresso la sua tesi (e tutto il suo risentimento) nell’opera “Sull’unità storica dei russi e degli ucraini”, edita nel luglio del 2021.

Le dichiarazioni dell’ultima ora: accuse all’Ucraina

Dall’altro lato parte l’attacco al Paese, interamente basato su affermazioni infondate quali «l’Ucraina minaccia la nostra sicurezza» o «Se avesse armi di distruzione di massa la situazione cambierebbe drasticamente».
A questo si aggiungono un piglio sprezzante e una dichiarazione di superiorità:

«Siamo preoccupati dall’ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica. Cerca di entrare in conflitto con noi, ci sono terroristi nel Paese sostenuti e incoraggiati dalla comunità internazionale. Ci hanno ingannato, ma l’Ucraina ha già perso la sua sovranità».

Per lanciare l’accusa anche verso gli Stati Uniti infine Putin ha detto:

«L’Ucraina è una colonia americana con un regime fantoccio. Serva dei padroni occidentali.»

La realtà dei fatti, come se non fosse evidente, è un’altra: l’Ucraina ha sempre rifiutato di riconoscere i legami storici con la Russia e difeso il suo interesse nazionale senza però muovere attacchi diretti. Quest’ondata di nazionalismo è un risentimento tutto russo, nato dal desiderio di potenza a lungo osteggiato.

Scenari possibili, le analisi degli osservatori

A questo punto le letture plausibili sono due: la prima prevede lo scoppio della guerra mentre l’altra un braccio di ferro proteso fino all’ultimo estremo pur di negoziare con la NATO e spuntarla.

Nel primo caso gli osservatori vedono la decisione di Putin come un’occasione di rafforzamento del dispiegamento di soldati già presente. Secondo la Cnn infatti a circa 60 km dal confine ucraino ci sarebbero già 120 dei 160 gruppi tattici di battaglione russi; la Russia ha quasi il 75% delle sue forze convenzionali in posizione contro l’Ucraina. Ora possono solo aumentare

Continueranno poi le esercitazioni sospette condotte insieme alla Bielorussia a causa del «deterioramento della situazione», il che significa «ci siamo e siamo pronti ad agire da un momento all’altro».

L’unico scenario alternativo che figura come valido è che questa mossa sia solo un modo per continuare a fare pressione sull’Occidente affinché rallenti l’espansione della NATO e dell’Unione Europea verso est. I Paesi che dovrebbero accordare questa concessione però non hanno ancora fatto sapere in via ufficiale o ufficiosa se dopo quest’annessione intendono valutare in extremis questa possibilità oppure procedere con le prime sanzioni economiche.

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