Italia, TFR in busta paga: un possibile flop

Federico Migliorini

03/10/2014

29/10/2015 - 12:57

condividi

Fiducia ed ottimismo in cambio del TFR dei lavoratori. Il Governo intende mettere mano alle “liquidazioni” dei lavoratori del settore privato, che a scelta del lavoratore saranno liquidate mensilmente, sperando di creare un circuito di maggiore ottimismo e quindi stimolo verso maggiori consumi. Ma i lavoratori saranno d’accordo?

Italia, TFR in busta paga: un possibile flop

Erogare subito il TFR maturato nell’anno in busta paga dei lavoratori, ma solo dopo l’adesione del lavoratore. L’obiettivo è stimolare la domanda, mettendo subito maggiore potere d’acquisto nelle tasche dei lavoratori del settore privato. Stiamo parlando di cifre che variano dai 40 agli 80 euro (a seconda della scelta del 50% o 100%) su una retribuzione mensile di 1.500 €. Un maggior contante, che anderebbe ad aggiungersi al bonus degli 80 € (D.L. n. 66/2014), ma attenzione in questo caso non si tratterebbe di un’elargizione, ma soltanto un’anticipazione, in quanto il TFR appartiene già ai lavoratori.

Il Governo sta cercando di ridare fiducia per stimolare i consumi, ma siamo davvero sicuri che basterà aumentare la liquidità immediata, a scapito di quella futura per invogliare i lavoratori a spendere? Il TFR oggi rappresenta una sorta di paracadute per molti lavoratori: un “gruzzoletto” di denaro accantonato su cui fare affidamento in futuro. In una situazione di crisi come quella attuale quanti lavoratori vorranno davvero utilizzare questo denaro immediatamente, a fronte del pagamento di una piccola somma mensile, invece di conservarlo in vista dell’incertezza sul proprio futuro. Possibile che per il Governo la fiducia dei lavoratori valga così poco?!

Una crisi di fiducia si combatte modificando le regole del gioco: se si perde la fiducia non bastano pochi euro in più per tornare a spendere, bisogna fare ben altro: modificare le regole del mondo del lavoro, dare certezza ai tanti lavoratori precari, e alle moltissime partite IVA che sono il motore della nostra economia fondata sulle PMI. Un lavoratore sicuro del proprio posto, e del proprio stipendio, sarà sicuramente più invogliato a spendere e ad investire piuttosto che un lavoratore con 100 € in più al mese, ma che non sa magari se il proprio contratto in scadenza sarà rinnovato.

Insomma, combattere una crisi di fiducia è ben altra cosa che combattere una crisi di domanda. Forse dobbiamo chiederci se davvero il Governo ha capito su quali basi è necessario intervenire. Inoltre, se pensiamo che questa forma di aiuto non è altro che un utilizzo immediato di un risparmio dei lavoratori ecco che viene da chiederci se veramente non sia possibile intervenire sul famoso “cuneo fiscale”. Un abbassamento delle tasse sul lavoro sarebbe una boccata d’ossigeno per le imprese, e potrebbe consentire loro di destinare parte di quella riduzione ad aumento dei salari.

L’intento del Governo, in questa “operazione fiducia” è sicuramente lodevole ma i rischi di un flop sono davvero dietro l’angolo. Per rilanciare la fiducia non servono solo maggiori disponibilità per chi già ne abbia (si pensi a disoccupati e precari, che resteranno fuori dall’agevolazione TFR), ma bisogna modificare le condizioni del sistema in modo da modificare la percezione della realtà e l’idea di un futuro migliore.

Argomenti

# TFR

Commenta:

Iscriviti a Money.it