Il punto di vista della GenZ sulla politica

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di Paolo Di Falco

Alex Bertani: “Con Topolino cerchiamo di parlare alle nuove generazioni e trasmettere loro dei valori universali”

Paolo Di Falco

19 maggio 2021

Alex Bertani: “Con Topolino cerchiamo di parlare alle nuove generazioni e trasmettere loro dei valori universali”

Spesso si parla della mancanza di attenzione riservata alle nuove generazioni, quelle così complesse da capire che nascono già con il cellulare in mano. Per capirne qualcosa in più abbiamo parlato con Alex Bertani, direttore di Topolino, il celebre fumetto disneyano che dal 1949 non ha mai smesso di appassionare, coinvolgere e trasmettere dei valori ai cittadini del domani.

Tra la rete e i social sono ormai tanti coloro che cercano di “intercettare” il pubblico più giovane, spesso attraverso la pubblicità o i social che i giovanissimi, quelli della generazione Alpha, frequentano maggiormente. Su carta però a mettersi in contatto con le nuove generazioni ci pensa un settimanale nato nel 1949 che tutti noi avremmo letto o quantomeno sentito nominare: Topolino.

Un fumetto fatto di storie, avventure che, come ci ha detto il suo direttore Alex Bertani, non cerca solo di parlare alle nuove generazioni ma vuole trasmettere “un universo di valori che questi personaggi per fortuna sono sempre stati in grado di esprimere e trasmettere”. Sotto trovate la nostra chiacchierata ma, piccola curiosità: sapevate che la maggior parte dei fumetti Disney pubblicati nel mondo vengono creati da autori italiani?

Alex Bertani

Cosa si prova ad essere il direttore di un settimanale che si rivolge ad un pubblico giovanissimo?

Un doppio sentimento: da un lato una grande responsabilità, credo infatti che parlare alle nuove generazioni (come Topolino fa da sempre) sia ancora più importante e strategico che parlare agli adulti. Ti rivolgi a persone che si trovano all’inizio del proprio percorso di vita, quindi più facilmente plasmabili e, quello che racconti, che trasmetti loro con le storie che leggeranno, avrà a volte un’influenza concreta sulla loro crescita. Come credo l’abbiano avuta per esempio nella mia: ho sempre letto fumetti da quando ero molto piccolo e quello che sono diventato oggi in parte è sicuramente figlio di quello che ho assorbito allora. Alla fine penso che tutti noi siamo un po’ anche quello che leggiamo. Allo stesso tempo è anche un grande onore perché ti rendi conto che hai l’onere di creare contenuti e dare continuità ad un piccolo monumento della storia dell’editoria di questo Paese. Insomma è un misto di emozioni… però tutte forti e stimolanti.

Diverse sono state “le impronte” che sono state date a Topolino dai vari direttori che si sono avvicendati, la tua direzione su cosa si concentra maggiormente?

Senza ombra di dubbio sulla produzione dei fumetti. Ho cercato e, continuo ogni giorno, a cercare di alzare l’asticella della qualità delle storie che vengono pubblicate sul settimanale, sia in un’ottica di divertimento puro, sia diversificando l’offerta di lettura verso i molteplici generi trattati come il mistery, il giallo, l’avventura e tanto altro. Oggi, soprattutto i giovani manifestano una certa disaffezione verso la lettura a favore di altri media di più facile fruizione (i videogiochi, il web, i cartoon, ecc..) e “per restare appetibili“ è necessario produrre contenuti di grande eccellenza. Ma non è tutto, occorre secondo me cercare anche di inserire anche profondità nelle cose che racconti.

Se non proprio una morale, sicuramente un’etica, un universo di valori che questi personaggi per fortuna sono sempre stati in grado di esprimere e trasmettere, valori senza tempo e di grande importanza per la formazione dei ragazzi, come il rispetto del prossimo e delle minoranze, la solidarietà, la lealtà, l’amicizia e molto altro. Topolino è frutto di un’alchimia complessa basata sul divertimento e sullo svago, ma che molto spesso proprio grazie al suo linguaggio di leggerezza diventa una chiave straordinaria, che permette di arrivare con efficacia al cuore dei lettori e di proporre loro riflessioni e insegnamenti altrimenti difficili da fare arrivare.

Topolino poi parla, per esempio, anche di storia e personaggi realmente esistiti, di scienza, di geografia e lo fa in modo estremamente documentato fornendo un supporto fortemente educativo che, proprio grazie alla leggerezza del suo linguaggio, riesce a comunicarlo con particolare efficacia. Molte volte tanti lettori mi dicono: “Io con topolino ho imparato a leggere” verissimo... ed è anche una cosa molto bella, credo però che sia ancora più bello se tu, oltre a imparare a leggere, hai imparato anche a prendere le misure col mondo degli adulti, ad avere un primo contatto, chiaramente in modo edulcorato, soft. Topolino quindi rappresenta un primo strumento da cui ricevere informazioni, dati e conoscenze importanti per la crescita educativa e formativa dei ragazzi anche perché, con il linguaggio dell’umorismo imparare può diventare un’esperienza più leggera e divertente.

Come dicevi tu stesso, con Topolino siete i primi a mettervi in contatto con le nuove generazioni. Notate particolari differenze tra una generazione e l’altra?

Sì, tantissime. Anche se sono a Topolino da poco tempo credo che i giovani di oggi, quella fascia d’età che va dai 6/7 a 11 anni, siano per esempio molto diversi da com’ero io a quell’età: molto meno ingenui e più consapevoli del mondo che hanno intorno. A differenza di noi hanno già ricevuto spesso una quantità di stimoli fortissima (cartoni animati, serie televisive, videogiochi… e tutti con contenuti estremamente sofisticati) che hanno fornito loro un immaginario visuale e narrativo molto elaborato.

Credo fortemente che i contenuti che erano funzionali cinquant’anni fa necessitino oggi di un sostanziale aggiornamento e ammodernamento, di un nuovo linguaggio e di nuove modalità di concezione, per riuscire a generare interesse. Questo ha significato per me e il mio staff una lunga e profonda riflessione sul linguaggio da utilizzare, sull’immaginario visuale che proponiamo, sulle interazioni fra linguaggio e sulle immagini, per rendere la narrazione più ritmata, moderna, un lavoro che ha rimesso fortemente in discussione il giornale e i suoi processi creativi, partendo dalle sue radici più profonde. Un percorso di rinnovamento sostanziale che è partito dalle fondamenta, un esercizio che può sembrare semplice ma che non lo è per niente: intercettare oggi il gusto e le aspettative dei ragazzini (e dei lettori in genere) è qualcosa di estremamente complesso.

A livello di coordinamento di questo passaggio del testimone, secondo te sarebbe utile la nascita in Italia di un’accademia Disney?

L’Accademia Disney ha avuto un ruolo e un valore inestimabile, ma ad un certo punto è stata accantonata, credo anche per motivi economici: un tempo si leggeva di più e l’editoria a fumetti aveva mezzi e possibilità maggiori rispetto ai giorni nostri (anche se ai tempi in realtà non c’ero e le mie sono solo supposizioni).

Oggi non c’è l’Accademia Disney però una delle cose che ho fatto quando sono arrivato è stata quella di chiamare al giornale quello che ritengo un disegnatore talentuoso e capace: Andrea Freccero. Con lui stiamo facendo un lavoro molto interessante sui disegnatori che lavorano per Topolino ma anche sugli esordienti che arrivano con i disegni in redazione. Cerchiamo di “allevare” e “scoprire” nuovi talenti perché spesso sono proprio i ragazzi più giovani ad avere assorbito un background di riferimenti moderno e innovativo, essendo cresciuti con riferimenti visivi e narrativi molto recenti. Non c’è più l’Accademia Disney insomma però il lavoro che facciamo soprattutto sui giovani (con i limiti delle nostre forze) un po’ gli assomiglia.

Senza dimenticarci del lavoro che stiamo facendo con gli sceneggiatori, perché oltre alla scuola di immagini credo che esista anche un tema nodale e prettamente narrativo: c’è un forte bisogno di autori e storie che sappiano essere ingaggianti, non solo per i lettori più piccoli ma anche per quelli più grandi. Topolino ha una metà del suo lettorato formato da adulti e quindi, molto spesso, le nostre storie devono cercare di avere un doppio livello di lettura: quello ad uso e consumo di un pubblico più giovane e quello che deve saper soddisfare anche un pubblico più maturo e abituato a leggere fumetti o romanzi di un certo tipo.

Parlavi delle diverse storie che settimanalmente vengono proposte: quest’ultime hanno di fondo l’obiettivo di rivolgere lo sguardo anche ai grandi temi globali come l’ecologia?

Sì, ma non sempre, il primo compito di Topolino è comunque divertire e intrattenere. Anche se come dicevo prima la mia ambizione è che dopo il divertimento resti comunque sempre qualcosa. Forse parlare di messaggi veri e propri è fuorviante, però molto spesso questi personaggi sanno trasmettere emozioni complesse, una propria visione del mondo, valori portanti e grandi temi come quello dell’uguaglianza, dell’amicizia e anche del rispetto dell’ambiente.

Tutti elementi che permeano spesso le nostre storie. L’anno scorso abbiamo lanciato una nuova collana: il Manuale delle Giovani Marmotte, contenente storie aventi come protagonisti i nipotini e i loro compagni. Storie in cui spesso la tutela degli ecosistemi, delle specie animali, i comportamenti virtuosi per costruire un mondo migliore e più sostenibile sono alla base delle avventure.

Come si fa a far rimanere un settimanale nato nel 49’ a passo con i tempi conservando e preservando le sue radici?

Topolino ha sempre avuto questa grande capacità di rinnovarsi, di sapere essere trasversale alle generazioni. Ha saputo attraversare influenze e contesti culturali i più diversi, dagli anni del boom economico a quelli della contestazione di fine anni 60’ e via seguendo…Credo che oggi questa sfida sia ancora più complessa perché, al di là di mettere il cellulare in mano a Paperino o di inserire i social media nelle storie, esistono come detto esigenze di linguaggio e di consapevolezza verso le aspettative dei lettori che è necessario riuscire ad intercettare per essere credibili e riuscire ad arrivare a loro… il rischio di perdere questa sfida è alto.

Questo lavoro di trasformazione riguarda la parte visuale, quella dei racconti a fumetti ma anche le rubriche, perché Topolino non è soltanto un fumetto ma svolge anche un lavoro giornalistico di informazione, rivolto soprattutto anche qui ai più giovani. Spesso questa parte è un completamento di quanto già letto nei fumetti. L’anno scorso per i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio abbiamo per esempio proposto la “Saga di Paperello Sanzio”, una versione disneyana di questo grande artista con rubriche a supporto che ci hanno permesso di raccontare, parallelamente, la realtà storica del pittore e la sua grande importanza artistica.

In rete si possono trovare diversi prodotti rivolti ai giovani: come fa Topolino a differenziarsi?

Credo che quello che ci differenzi sia la forza di personaggi entrati ormai nell’immaginario collettivo: se parli di zio Paperone, Paperino, Topolino, Pippo, chiunque ha un’empatia immediata con loro e questo fa sì che se riesci a raccontarli bene, in modo efficace e divertente, credibile, hai sicuramente una buona probabilità di riuscire ad avere quel qualcosa in più, perché, mi ripeto, stai manovrando icone del nostro tempo.

In Italia per fortuna c’è un gruppo di autori che sono vere e proprie eccellenze artistiche a livello mondiale: la stessa Disney usa sempre più come “reference” e modelli di riferimento internazionali il lavoro autori italianissimi come Giorgio Cavazzano, Massimo De Vita, Romano Scarpa e via dicendo e la maggior parte dei fumetti Disney pubblicati nel mondo vengono generati qui da noi e da autori italiani.

Da Direttore qual è il tuo personaggio preferito e soprattutto perché?

Qui, Quo e Qua, i nipotini di Paperino: quando ero bambino e leggevo i fumetti abitavo in campagna a quel tempo non avevo la possibilità di avere molti amici con cui giocare e così spesso passavo le mie giornate solo e immerso nel mio verde. La mia compagnia erano i fumetti. L’idea di tre gemelli così coesi, così amici, e che costituivano da soli quasi una “mini compagnia” era qualcosa che invidiavo e che mi faceva sempre piacere leggere. Poi anche per il loro carattere, il loro buon senso… insomma ammetto che mi sono sempre rispecchiato un po’ in loro.

Perché secondo te anche da grande si dovrebbe continuare a leggere Topolino?

Perché molti hanno come me la “Sindrome di Peter Pan”! Scherzo… però forse è vero che in fondo vogliamo continuare a provare emozioni capaci di riportarci con la mente indietro nel tempo. Una parte dei nostri lettori adulti credo legga Topolino con gli occhi della nostalgia, mente una parte mi auguro lo faccia perché siamo riusciti a produrre avventure e racconti capaci di avere quel doppio livello di lettura che citavo prima, riuscendo a trattare e affrontare, anche se in modo edulcorato, tematiche anche più serie, cupe, realistiche… più adulte insomma, anche se sempre utilizzando un approccio soft e capace di arrivare (con modalità di fruizione molto differenti) a grandi e piccini.

Paolo Di Falco

18 anni, di Siracusa. Ho creato La Politica Del Popolo, un sito di news gestito da giovani.

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