Industria, le sei cause del collasso italiano

Vittoria Patanè

26 Giugno 2013 - 17:22

Industria, le sei cause del collasso italiano

L’industria italiana, un tempo fiore all’occhiello e traino della nostra economia, ha imboccato la strada del non ritorno. Ogni giorno, secondo il rapporto diramato poco tempo fa dalla Cgia di Mestre, 1626 imprese chiudono i battenti e la situazione continua a peggiorare.

Se consideriamo l’ultima tabella arrivata sul tavolo del Ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, che si riferisce solo alle grandi imprese, essa parla di 136 aziende in crisi e di 160.024 lavoratori coinvolti. Solo nella prima settimana di giugno 10.000 persone hanno rischiato di perdere il lavoro.

Insomma, l’industria italiana è vicina al crollo e sembra che nessuno possa o voglia farci niente.

E allora riassumiamo quali sono i motivi di questo imperante declino.

1.CRISI

Le famiglie italiane non possono più spendere. L’austerità ha portato ad una riduzione del 4,3% della spesa, mentre gli investimenti fissi hanno sofferto una flessione del 10%.

Dal 2007, momento di inizio della crisi, ad oggi, 55 mila industrie manufatturiere hanno chiuso i battenti con un saldo tra le nate e le cessate pari a 10 mila unità.

2.COSTO DEL LAVORO

Qualcuno avrà sentito già parlare del Clup, l’indice che misura il costo del lavoro per unità di prodotto. Ebbene, Le imprese non producono, a fronte di un clup molto alto.

Nel corso dell’ultimo decennio l’Italia ha perso per strada il 15% del proprio Clup in confronto alla Germania. Perché? Perché mentre loro facevano riforme e siglavano un patto sociale vantaggioso per tutti, noi eravamo impegnati a fare altro.

Il ritardo adesso è diventato molto difficile da colmare, a meno che, come hanno fatto FIAT e Bridgestone (e come si appresta a fare Brembo), non si opti per la delocalizzazione.

3.CONCORRENZA

L’export conta per il 50% del valore aggiunto dell’industria manufatturiera. È sempre stato così e sempre lo sarà.

La concorrenza dei paesi emergenti ha dato un vero e proprio colpo di grazia a delle aziende già agonizzanti. Cina in primis, ma anche altri Nazioni da poco affacciatesi nel mondo dell’export stanno prendendo piede di giorno in giorno e la nostra industria non è più in grado di competere.

È soprattutto il settore della “specializzazione” quello in cui l’Italia perde sempre più terreno. Il dato di complessità dell’export mostra infatti come il nostro Paese, dal 1995 al 2008, abbia fatto un passo indietro dall’1,7 all’1,3. Al contrario dei paesi emergenti che, affiancati da un forte interventismo pubblico, continuano a rafforzarsi. Da Noi invece, il concetto di politica industriale sembra essere andato perso.

4. PICCOLA INDUSTRIA

L’impresa italiana è troppo piccola. Come ha sottolineato Bankitalia nel suo rapporto annuale, questo fattore influisce negativamente su di essa, causando una scarsa competitività a livello internazionale.
Secondo l’Eurostat:

“Le imprese con meno di 20 addetti sono quasi il 93 per cento del totale, quelle con almeno 250 addetti lo 0,3 per cento.”

Insomma, le piccole imprese rischiano di essere divorata dagli enormi squali industriali internazionali.

5.TECNOLOGIA

Le industrie internazionali sono guidate da 3 importanti fattori: specializzazione, competitività e innovazione.

In Italia si spende poco per l’innovazione tecnologica, oggi indispensabile per progredire ed espandersi. Ma, ormai è noto, senza tecnologia non si va da nessuna parte.

6.LE CARENZE ITALIANE

Burocrazia a livelli da record, tempi infiniti per la giustizia, infrastrutture fatiscenti, corruzione elevata.

Quelle che sono le caratteristiche, purtroppo endemiche, del nostro Paese, sono anche una causa della recessione industriale degli ultimi anni. Senza un’inversione di tendenza in questi campi, che dia una solida base al sistema industriale italiano, il declino sarà inevitabile.

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