Destra o sinistra? L’Europa in più di un terzo dei Paesi non è stata in grado di scegliere tra i due partiti tradizionali, dando vita a governi di larghe intese che, secondo Le Monde, avvantaggiano i partiti estremisti. E a rimetterci sembrano essere i socialdemocratici. Ecco spiegato come mai.
Le coalizioni destra-sinistra favoriscono il voto anti-sistema. Non usa mezze misure il quotidiano francese Le Monde, in edicola lo scorso 9 gennaio, che in un lungo articolo descrive la situazione di un’Europa nella quale più di un terzo dei Paesi (10 su 28) non è riuscito a scegliere tra i due tradizionali contendenti nelle urne: la destra e la sinistra. Si è così arrivati a una diffusione dei governi di grande coalizione, i quali, nell’esatta metà dei casi sono a guida della destra (come nella Germania di Angela Merkel) e, nei restanti Paesi, della sinistra (come sta avvenendo in Italia).
La differenza con le larghe intese nel Nord Europa
Una differenza, però, salta subito all’occhio: nei Paesi del Nord Europa, come Austria, Finlandia e Germania, questo tipo di unione è un’opzione ordinaria, quasi di routine. Diverso il caso di Italia e Grecia, dove assistiamo a governi di “unità nazionale”, più che di coalizione. La crisi economica, unita alla progressiva erosione del consenso nei confronti dei partiti tradizionali, ha infatti costretto questi Paesi ad alleanze decisamente eterogenee, con l’assenso di Bruxelles. Tutto questo in nome del rigore e della stabilità, dopo aver entrambi vissuto la non memorabile esperienza dei governi tecnici.
Il prezzo da pagare
In Grecia, tuttavia, tutto questo è costato un prezzo politico particolarmente caro: socialisti e conservatori, che nel 2009 rappresentavano l’80 per cento dell’elettorato, ora rappresentano circa il 30 per cento. Ma la più grande vittima di questa situazione sembra essere proprio la socialdemocrazia. In un’Europa tenuta al rispetto dei limiti del deficit e del debito, infatti, l’idea di una destra pragmatica e responsabile sembra dominare, e, in Paesi come Spagna e Portogallo, i governi di destra hanno avuto proprio l’appoggio delle sinistre per le loro politiche di austerità. Come sottolinea il quotidiano francese, dunque, se non c’è più un elemento di discontinuità tra le due maggiori forze politiche (una volta avversarie), si potrebbe arrivare a provocare autentico disgusto negli elettori.
Il vantaggio dei partiti estremisti
Il rischio è, infatti, quello di lasciare il monopolio della contestazione ai partiti estremisti, e, in questo contesto, l’estrema destra sta recuperando le sue idee eterodosse come il protezionismo o il rifiuto dell’euro. Riuscirà, quindi, Martin Schulz a portare la sinistra socialdemocratica al successo nelle prossime elezioni europee? Difficile dirlo, soprattutto se non incarnerà l’idea di un’Europa diversa (e più sociale) di quella di Angela Merkel, privilegiando l’immagine di un’Europa uniforme e tecnocratica. I sondaggi, da questo punto di vista, sono allarmanti: l’Economist stima la consistenza dei movimenti populisti antieuropei tra il 16 e il 25 per cento, contro appena il 12 per cento attualmente presente a Strasburgo.
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