La guerra copre il «Fate presto» di Bonomi ma Gazprom e Goldman gridano più forte

Mauro Bottarelli

3 Aprile 2022 - 07:00

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L’operatore tedesco Gascade conferma lo stop ai flussi dalla Russia e la banca Usa smaschera il bluff sul gas liquefatto. E mentre l’Ue millanta soluzioni, a Cernobbio risuona l’orchestra del Titanic

La guerra copre il «Fate presto» di Bonomi ma Gazprom e Goldman gridano più forte

La notizia è giunta nel pomeriggio di ieri direttamente dal gestore tedesco della pipeline Yamal-Europe: da venerdì Gazprom ha bloccato i flussi di gas attraverso la Polonia. Stando a quanto comunicato da Gascade, il network operator della tratta che porta all’hub di Mallnow, l’infrastruttura più strategica per l’approvvigionamento del Vecchio continente non è più operativa. Un segnale del Cremlino, tanto per cercare di sbloccare l’impasse sui pagamenti in rubli?

Ci vorrà poco a scoprirlo. In compenso, chi sembra non avere tempo di aspettare è il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi. Il quale, di fronte a una stima del Pil più che dimazzata, ha parlato di numeri che spaventano. Dal mitologico 6% dello scorso anno, ora viale dell’Astronomia vede la crescita per il 2022 all’1,9%. Il tutto nel giorno clou del Forum Ambrosetti di Cernobbio, nel corso del quale Isabel Schnabel, ex colomba del board Bce ora tramutatasi in falco, ha confermato come le condizioni attuali siano ancora compatibili con la scelta di normalizzazione monetaria annunciata dalla Bce. Tradotto, nessuna deroga rispetto agli acquisti obbligazionari. Perché un’inflazione tedesca al 7,3% non lo consente. Non dopo due anni di Pepp che ha annullato i premi di rischio e finanziato i deficit dei Paesi più indebitati. Paradossalmente, è di sicuro questa latitanza di Francoforte a spaventare Carlo Bonomi, più che le fredde cifre.

E quello del presidente di Confindustria è stato un vero e proprio Fate presto 2.0. Silenziato però dai tamburi di guerra e da uno spread che, rispetto al 2011, è ancora sotto controllo. Ma la palla di neve si è staccata dal ghiacciaio e sta rotolando a valle velocemente. E sempre più grande. La conferma è giunta sempre dal Forum Ambrosetti, dove il commissario agli Affari economici dell’Ue, Paolo Gentiloni, ha di fatto sancito la vittoria del primo set per Vladimir Putin. Stiamo lavorando a ulteriori pacchetti di sanzioni contro la Russia ma che, per essere chiari, non comprendono il settore energetico in questo momento. E, soprattutto, stiamo lavorando per cercare di limitare la possibilità di aggiramento di queste sanzioni, le sue parole a margine dei lavori.

Tradotto, l’Europa è totalmente in balia del ricatto russo. A confermarlo ci pensa questo grafico

Andamento del surplus di conto corrente russo e flussi di capitale associati Andamento del surplus di conto corrente russo e flussi di capitale associati Fonte: Morgan Stanley

il quale mostra come il concetto espresso da Gentiloni sia contraddittorio fino al midollo. O, forse, fino all’estremo di una disperata e bipolare ipocrisia. Fino a quando l’Europa importerà gas dalla Russia, infatti, questa potrà vantare un surplus di conto corrente (linea blu scuro) e così accumulare assets stranieri. Sanzionando come stiamo facendo la Banca centrale russa (area rossa), si assiste a un principio di vasi comunicanti che vede gli assets stranieri accumulati fluire verso entità non sanzionate (area azzurra). E’ l’energia che muove tutto, Quindi, se non si sanzioni quel comparto, tutto il resto è inutile. E parlare di impegno perché non si possano aggirare le sanzioni appare una palese contraddizione in termini. Poiché si sta garantendo un backdoor funding di quel surplus.

E Paolo Gentiloni questo lo sa. Ma non può dirlo, ovviamente. Anche Carlo Bonomi questo lo sa. E pur non potendo anch’egli gridare come il Re sia nudo in maniera plateale, utilizza il tracollo del Pil come bandiera rossa che annuncia tempesta in arrivo. E c’è dell’altro. Perché al netto dei continui richiami a fonti alternative rispetto al gas russo, all’indipendenza raggiungibile in tempi brevi e soprattutto alla chimera dell’LNG statunitense, la figura a destra di questo grafico

Export di LNG statunitense via proxy di utilizzo delle facilities di liquefazione Export di LNG statunitense via proxy di utilizzo delle facilities di liquefazione Fonte: Goldman Sachs

mostra plasticamente come il team di analisti di Goldman Sachs abbia già ampiamente scoperchiato il vaso di Pandora della totale inconsistenza dell’aiuto americano all’Europa: l’export di gas liquefatto a stelle e strisce, infatti, è già ampiamente in modalità at capacity, quindi il suo impatto appare minimo sia a livello di prezzi che di reale controvalore dei flussi. Il tutto partendo dal presupposto che quanto promesso da Joe Biden, se anche divenisse realtà in tempi record, equivale a un decimo delle necessità dell’Ue. E sconta procedure di rigassificazione lunghe e costose.

Non a caso, proprio ieri il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov dichiarava come un dialogo con l’Europa sia certamente possibile ma solo dopo che le sarà passata la sbornia americana. Quasi un messaggio in codice per far capire a Bruxelles che quanto promesso dagli Usa equivale nella migliore delle ipotesi all’acqua fresca. Anche di questo Carlo Bonomi è cosciente. Fin troppo cosciente. Il problema è che la politica sembra intenzionata a proseguire la sua traversata di una realtà parallela unicamente incentrata sull’emergenza bellica, fingendo di non rendersi conto di cosa giorno dopo giorno stia cristallizzandosi a livello macro.

Un’inflazione come quella appena registrata dall’eurozona non può rientrare nel parametro pur flessibile del 2% simmetrico entro l’anno, a meno di una recessione senza precedenti. E, probabilmente, Carlo Bonomi sta scontando proprio questo scenario. Già oggi. Mentre il governo millanta alternative a Gazprom e si scanna sulle spese per la difesa. Se davvero la Russia avesse bloccato i flussi, financo solo per forzare la mano e mostrare all’Europa l’effetto che fa, domani potremmo svegliarci nel proverbiale uncharted territory. Insomma, si naviga a vista. In un mare di iceberg. Mentre a Cernobbio l’orchestra del Titanic prosegue imperterrita a suonare. Ma brani sempre più mesti e intervallati dai primi echi del fuggi fuggi.

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