Il quadro tecnico del pound resta precario. Se il Cable dovesse perdere il supporto chiave di 1,60, si aprirebbero scenari ancor più ribassisti
Dopo le massicce vendite delle ultime settimane, la sterlina sta tentando timidamente un rimbalzo tecnico dai valori minimi toccati ieri a 1,6059 sul dollaro americano. Da inizio mese la valuta di Sua Maestà è arrivata a perdere oltre il 3% contro il biglietto verde, mentre dai top di metà luglio scorso di area 1,72 la performance risulta negativa per il 6,6%.
L’economia britannica appare in salute e il rialzo dei tassi di interesse da parte della Bank of England è sempre più vicino. Tuttavia, pesa tantissimo il referendum sull’indipendenza della Scozia in programma il 18 settembre. Il fronte dei “sì”, favorevoli alla secessione dal Regno Unito dopo 307 anni di appartenenza, sembra sia addirittura in vantaggio, almeno secondo l’ultimo sondaggio realizzato da YouGov per il Sunday Times lo scorso week-end.
In ogni caso l’incertezza sull’esito finale del referendum è davvero elevata e ciò ha innervosito non poco gli investitori, che hanno liquidato grosse posizioni detenute in sterline. Il rapporto di cambio tra il pound e il dollaro americano è crollato vistosamente negli ultimi giorni e anche il cross euro/sterlina si è messo a correre fin sopra 0,80.
Secondo gli esperti di Goldman Sachs, se dovessero vincere i nazionalisti scozzesi, il sell-off della sterlina potrebbe proseguire ancora nelle prossime settimane. La banca d’affari newyorkese ritiene che il crollo della sterlina potrebbe assumere gli stessi connotati di quelli dell’euro, evidenziati nel corso della crisi dei debiti sovrani nell’eurozona. L’economia britannica si ritroverebbe priva di tutto il territorio a nord del Vallo di Adriano e soprattutto senza i proventi derivanti dalla florida industria petrolifera scozzese.
La banca americana è convinta che l’eventuale secessione di Edimburgo provocherebbe gravi conseguenze economiche sia al Regno Unito che alla Scozia. Non piace nemmeno l’idea di un’unione monetaria nella sterlina, che secondo gli specialisti di Goldman Sachs causerebbe la vendita in massa di asset scozzesi e “una crisi monetaria in stile europeo all’interno del Regno Unito”.
Tecnicamente la sterlina mantiene un’impostazione fortemente ribassista, tanto che alcuni analisti valutari stimano un imminente calo verso quota 1,55 dollari. Nel breve periodo appare possibile un pullback verso quota 1,63, ma a quel punto i venditori potrebbero incrementare ancora le posizioni short per puntare a target molto ambiziosi al di sotto della soglia psicologica di 1,60.
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