Una folla di 25.000 studenti italiani reclama il proprio diritto di voto.
Sono gli studenti ERASMUS che vedono pericolosamente minacciato il proprio diritto/dovere di contribuire all’elezione del nuovo Governo.
Le loro voci di protesta si sommano al coro degli 800.000 studenti italiani fuori sede, che da tempo hanno denunciato la scandalosa mancanza di riguardo nei confronti della loro situazione.
Il problema
Quella degli studenti fuori sede non è una novità, e la loro denuncia non è estemporanea, si tratta piuttosto una faccenda sistematicamente accantonata dalla Politica non appena si spegne il clamore che la vicenda suscita nel periodo elettorale, e cioè subito dopo il voto.
Adesso, nella stessa situazione di disagio vanno annoverati anche gli studenti dell’ERASMUS, quelli cioè impegnati in programmi di studio all’estero.
Nemmeno il Governo dei tecnici, che tra i suoi appartenenti annovera molti professori (tra i quali lo stesso Monti) da cui ci si sarebbe aspettati una maggiore sensibilità nei confronti di un disagio che affligge migliaia di studenti, ha fatto nulla.
Il ministro Annamaria Cancellieri ha annunciato che è allo studio un DDL atto a risolvere la problematica in questione.
Peccato solo che tale misura non potrà di sicuro essere pronta per la scadenza del 24 e 25 febbraio e che la sua eventuale approvazione sarà per forza di cosa delegata al nuovo Governo.
C’era da aspettarselo, insinuano i maligni: se non si è stati in grado di mettere mano alla legge elettorale, da tutti soprannominata PORCELLUM, come ci si poteva aspettare che si risolvesse una problematica “accessoria” che riguarda, dopotutto, una fetta marginale della popolazione?
I più pessimisti sono già convinti che nemmeno il prossimo Governo inserirà la problematica nella lista delle priorità.
Eppure, quello al voto è un diritto costituzionalmente sancito dall’articolo 48:
“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.
La proverbiale toppa
In questo caso la “toppa”, per gli studenti che si trovano fuori sede e gli studenti ERASMUS che si trovano all’estero, consiste nella possibilità di usufruire di una serie di sconti sui mezzi di trasporto.
Si tratta di sconti che dovrebbero garantire un rimborso del biglietto pari al 70% agli studenti ERASMUS.
Sebbene questa possa sembrare una soluzione valida, in realtà solleva una quantità di questioni:
- Prima cosa c’è il problema economico. Malgrado sia stata introdotta l’obbligatorietà della copertura finanziaria per le leggi, non esisterebbe alcuna garanzia dell’esistenza dei fondi per i rimborsi in questione.
- In secondo luogo esisterebbero una serie di problematiche logistiche. Per esempio, per chi volesse usufruire degli sconti sui treni, le Ferrovie dello Stato garantirebbero solo un numero limitato di posti “scontati” e le corse non fornirebbero la completa copertura di tutte le aree del Paese.
- C’è poi una problematica di equità. Promettere il 70% del rimborso del biglietto agli ERASMUS, oltre che poco realistico, suona come una discriminazione nei confronti degli altri studenti fuori sede che non possono ottenere rimborsi superiori al 40% e comunque per cifre inferiori ai 40 euro.
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