In Polonia il costo del lavoro è di circa 6 euro contro i 24 euro italiani. Quindi per essere competitivi in Italia o si taglia il costo del lavoro o si tagliano i lavoratori. Questa in poche parole la minaccia poco velata dell’Electrolux alle fabbriche italiane.
E’ questa la realtà emersa ieri nel corso di un’assemblea tenutasi a Mestre tra i vertici dell’azienda e i sindacati dei lavoratori. I rappresentanti sindacali parlano di proposte irricevibili, mentre il Presidente della Regione Serracchiani chiede un incontro al più presto con Enrico Letta e Flavio Zanonato per trovare una via d’uscita.
Piano Electrolux
Per essere competitivi con Samsung ed Lg le fabbriche Electrolux devono riuscire ad abbassare notevolmente il costo del lavoro e della produzione delle fabbriche in Italia. Per farlo l’azienda ha presentato un piano di riduzione dei costi che incide per il 50% sul salario dei lavoratori che passerebbe da circa 1.400 euro e 700-800 euro, prevede la riduzione dell’orario lavorativo, il blocco dei pagamenti delle festività e ben altro.
A ciò si aggiunge il taglio degli investimenti nei vari stabilimenti italiani. Tre stabilimenti su quattro andrebbero avanti con la produzione, a patto che si accettino le condizioni sopra descritte, per uno stabilimenti invece non ci sarebbe più niente da fare.
Il documento presentato dall’azienda ai sindacati avanza questa proposte per la riduzione del costo del lavoro:
"Sospensione dei premi STB PRF EDP, sospensione pagamento festività coincidenti con sabato e domenica, ri- proporzionamento assemblee a sei ore, riduzione 50% utilizzo permessi sindacali, riproporzionamento pause effetti stancanti (10 minuti) al’ effettivo orario (6 ore contro 8 ore). Il divario del costo dell’ ora lavorata continua ad aumentare nonostante il fenomeno inflattivo sia superiore in Polonia. Sterilizzazioni aumenti CCNL mediante assorbimento di quote del Pro.re fino a concorrenza (2-3 anni). Congelamento scatti anzianità."
Gli stabilimenti
Gli stabilimenti Electrolux in Italia sono 4: Solaro, Forlì, Susegana e Porcia.
Per i primi tre, nonostante siano previsti tagli lineari, sarebbero confermati investimenti anche per il 2014-2015. Invece lo stabilimento di Porcia sarebbe la grande vittima, perché oltre ai tagli più pesanti su lavoratori e stipendi, sul tavolo non c’è alcun piano industriale per lo stabilimento che sarebbe a rischio chiusura.
La colpa di questo stabilimento sarebbe di produrre lavatrici che al pezzo, costano 30 euro in più, rispetto alle concorrenti Far Est, Samsung ed Lg. Per questo il documento presentato ai sindacati nella parte dedicata all’azienda di Porcia conclude:
"Il risultato dell’ analisi su come garantire competitività sostenibile nella fabbrica di Porcia e generare le migliori condizioni per attrarre i futuri investimenti per PROJECT ONE, ora è insufficiente. Oltre a ciò che è stato messo in campo, debbono essere ricevute e considerate ulteriori potenziali proposte da parte di tutti gli attori coinvolti, che consentano alla fabbrica di colmare i gap ancora presenti. La decisione dell’ azienda verrà presa solo alla fine dei prossimi confronti e tenendo conto degli eventuali nuovi contributi che dovessero essere posti al tavolo negoziale: la decisione è attesa non oltre la fine di Aprile 2014."
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