L’educazione finanziaria in Italia e il gender gap: a che punto siamo?

Andrea Mercanti

09/12/2021

09/12/2021 - 14:29

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Sull’educazione finanziaria in Italia si registra un gender gap in termini di conoscenze, ma la vera differenza risiede nell’emotività delle scelte e nella resilienza finanziaria.

L’educazione finanziaria in Italia e il gender gap: a che punto siamo?

L’educazione finanziaria, in accordo con la definizione dell’OCSE, è il processo educativo attraverso il quale è possibile migliorare la propria conoscenza di prodotti, servizi e nozioni finanziarie con lo scopo di mettere in atto azioni volte a migliorare il proprio benessere finanziario. Per estensione, dunque, una migliore educazione finanziaria può avere un impatto positivo sull’intera società, perché individui più consapevoli possono prendere migliori decisioni finanziarie e pertanto contribuire ad aumentare il welfare collettivo.

Attraverso un’analisi approfondita della situazione del nostro Paese, utilizzando i dati di Banca d’Italia e dell’Istituto di ricerca DOXA, vediamo a che punto siamo in Italia e soprattutto quali sono le differenze tra uomini e donne in tema di alfabetizzazione finanziaria. Questa un’infografica di sintesi che mostra tutte le evidenze raccolte:

A che punto siamo con l'educazione finanziaria? A che punto siamo con l’educazione finanziaria? Fonte: Money.it

Educazione finanziaria: donne alfabetizzate, ma troppa emotività nelle scelte

Come si evince da un’indagine della Banca d’Italia il gender gap relativo all’alfabetizzazione finanziaria in Italia c’è, ma non è poi così ampio: dall’analisi condotta su un campione rappresentativo di circa 2.000 adulti con età compresa tra i 18 e i 79 anni (dati rilevati nei mesi di gennaio e febbraio 2020) si deduce che il livello di alfabetizzazione dei partecipanti di sesso maschile è pari a 11,4 punti su 21, mentre quello delle partecipanti di sesso femminile pari a 11 punti su 21. Lo scarto di 0,4 punti dimostra come il livello di alfabetizzazione finanziaria sia simile.

I risultati, calcolati sommando il punteggio delle risposte a un questionario diviso in tre macro-cateogorie, permettono di avere un quadro completo dello scenario di educazione finanziaria italiano. Nel dettaglio, le macro-categorie considerate afferiscono ai seguenti ambiti:

  • conoscenze finanziarie, relative alla conoscenza di base dei concetti e delle nozioni utili a intraprendere decisioni finanziarie;
  • comportamenti finanziari, relative alla capacità di gestire risorse finanziarie nel breve e nel lungo termine;
  • attitudini finanziarie, relative all’orientamento degli individui al risparmio in un’ottica di lungo periodo.

Considerando anche i risultati dell’indagine elaborata dall’istituto di ricerca DOXA incaricato dal Comitato Edufin (Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria), condotta su un campione rappresentativo di circa 5.000 adulti (età maggiore a 18 anni), si può constatare che a fare la differenza sono l’aspetto emotivo, la fragilità finanziaria e l’incertezza, elementi presenti in misura maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

Tra le principali evidenze dello studio, condotto tra il 27 maggio e il 10 giugno 2020 su un campione di persone estratte dal panel proprietario di BVA-Doxa comprendente complessivamente circa 120.000 iscritti - persone che rappresentavano all’interno del nucleo familiare il/la responsabile della gestione dell’economia familiare o il soggetto più informato sulle questioni economico/finanziarie - emerge che:

  • l’emotività delle scelte, misurata come grado di propensione al cambiamento delle scelte pregresse in relazione al verificarsi di fattori esterni negativi e imprevedibili (come ad esempio lo scoppio della pandemia), è maggiore nelle donne che negli uomini. Infatti il 46% delle donne contro il 37% degli uomini dichiara di aver cambiato i propri obiettivi finanziari di medio-lungo termine dall’inizio dell’emergenza COVID-19. Interessante anche notare che circa un terzo dei rispondenti (24% donne e 27% uomini) dichiara di non avere alcun obiettivo a medio-lungo termine;
  • la fragilità finanziaria, intesa come la capacità - o incapacità - di far fronte a eventi inattesi (come ad esempio la necessità di fronteggiare un periodo di tempo senza percezione di reddito), è maggiore nelle donne rispetto che negli uomini. Infatti, circa il 41% delle donne intervistate hanno dichiarato che la propria famiglia sarebbe in grado di sopportare la mancanza di reddito solamente fino a 2 mesi, contro il circa 34% degli uomini;
  • l’incertezza, ossia la capacità di valutare correttamente - o meno - la situazione finanziaria della propria famiglia, è più alta nelle donne che negli uomini. Circa l’8% delle donne intervistate risponde di non sapere per quanto tempo la propria famiglia avrà risorse finanziarie sufficienti per coprire la mancanza di reddito, contro circa il 6% di uomini che manifesta la stessa incertezza.
  • la resilienza finanziaria, generalmente intesa come la capacità - o incapacità - di far fronte a una situazione esterna critica, è inferiore nelle donne rispetto agli uomini. Circa il 38% delle donne intervistate afferma di non essere in grado di fronteggiare una spesa imprevista di 2000€, contro il 26% degli uomini;
  • infine, l’ansia finanziaria, ossia lo stato di significativa preoccupazione dovuto all’incertezza su come poter affrontare un imprevisto e alle difficoltà percepite nell’avere a disposizione risorse finanziarie per arrivare alla fine del mese, è maggiore nelle donne che negli uomini. Circa il 43% delle donne intervistate afferma di percepire uno stato di ansia pensando alla propria situazione finanziaria, contro un 29% degli uomini.

Il ruolo cruciale dell’educazione finanziaria

Un altro importante fattore da considerare è quello della consapevolezza. Secondo Annamaria Lusardi, docente di economia alla George Washington University e alla guida del Comitato Edufin, le donne “spesso si tirano indietro, non tanto perché ne sanno meno degli uomini, ma perché sono più consapevoli di non saperne abbastanza” (fonte: guida realizzata dal Comitato Edufin in collaborazione con Donna Moderna). Seguendo le parole dell’esperta, questo genera un problema sociale non indifferente: considerando infatti l’aumento dell’età media e dei divorzi “le donne non possono più permettersi di delegare ad altri la gestione del denaro”. Al contrario, invece, una maggiore presa di coscienza delle proprie potenzialità abbinata a una migliore educazione finanziaria potrebbe generare effetti positivi sull’intera comunità, visto che sono le donne che maggiormente ”si prendono cura dei familiari, dai figli ai genitori anziani”.

L’educazione finanziaria dovrebbe essere quindi interpretata, e re-interpretata, come un driver fondamentale di crescita, non solo economica, ma anche sociale, come elemento imprescindibile per la felicità degli individui, e a supporto non meramente delle decisioni su investimenti speculativi, ma anche “nella scelta di un mutuo più conveniente, nel risparmiare per garantirsi una vecchiaia serena, nel tagliare i costi inutili per spendere in qualcosa che gratifica”.

L’alfabetizzazione finanziaria in Italia e negli altri Paesi

Facendo riferimento alla già citata indagine della Banca d’Italia sull’alfabetizzazione finanziaria degli italiani, il complessivo livello di alfabetizzazione nazionale risulta piuttosto basso.

L’Italia si classifica infatti in 25esima posizione su 26 Paesi considerati, dietro a Montenegro, Colombia e Romania. Nel dettaglio, la posizione relativa nel confronto internazionale è migliore sulle attitudini finanziarie (12esima posizione su 26); medio-bassa sulle conoscenze (20esima posizione su 26) e ultima sui comportamenti dove, ricordiamo, i quesiti erano volti a valutare la capacità individuale di gestire risorse finanziarie nel breve e nel lungo termine.

Tuttavia, gli italiani si dimostrano consapevoli delle loro modeste conoscenze finanziarie, poiché il 50,2% degli intervistati ritiene che le proprie competenze siano al di sotto della media, una percentuale superiore di circa 20 punti rispetto alla media OCSE-12.

In conclusione, è opportuno affermare che l’autocoscienza sociale sul basso livello di alfabetizzazione finanziaria non basta, poiché andrebbe accompagnata da una maggiore propensione alla ricerca di informazioni inerenti alle aree tematiche in materia di finanza ed economia, quali ad esempio risparmio, investimenti, previdenza e assicurazione. Questa andrebbe poi integrata con una serie di azioni concrete volte alla realizzazione di un miglior benessere economico individuale, agendo così - in aggregato - a favore del benessere collettivo.

Quanto appena asserito rispecchia a pieno gli obiettivi del Comitato Edufin, istituito nel 2017 con Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con quello dello sviluppo economico, tra i quali, ricordiamo, rientrano proprio quelli “della promozione e del coordinamento delle attività di educazione finanziaria con lo scopo di promuovere [...] iniziative utili a innalzare tra la popolazione la conoscenza e le competenze finanziarie, assicurative e previdenziali e migliorare per tutti la capacità di fare scelte coerenti con i propri obiettivi e le proprie condizioni”.

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