Ecovillaggio: cos’è, dove si trova e quanto costa viverci

Chiara Esposito

21/11/2021

Diamo uno sguardo sulla realtà abitativa di chi sceglie di vivere negli ecovillaggi. Ecco come sono fatti e come si prende parte ai progetti di co-living green.

Ecovillaggio: cos’è, dove si trova e quanto costa viverci

Negli ultimi anni si sta facendo strada un approccio al living maggiormente eco-sostenibile per adattarsi alle sfide climatiche che i tempi ci impongono e ripensare le necessità strutturali che una famiglia moderna può voler soddisfare.

Si sta quindi diffondendo il progetto degli ecovillaggi ovvero delle realtà urbane, suburbane o rurali che possono variare nella loro estensione da agglomerati di pochi residenti fino a raggiungere le dimensioni più considerevoli con un centinaio di persone che alloggiano in case completamente incentrate sulla loro componente sostenibile.

Ridurre l’impatto che le attività domestiche hanno sul pianeta in alcuni ambienti è addirittura una filosofia di vita che abbraccia persino l’orientamento spirituale, ma la varietà dei progetti architettonici sviluppati in seno all’approccio green rendono gli ecovillaggi un mondo molto variabile e difficilmente classificabile in maniera univoca.

L’unico aspetto che li caratterizza in maniera unitaria è l’approccio innovativo all’uso delle risorse e dei beni materiali. Una piccola panoramica sull’esperienza italiana più famosa potrà rendere l’idea di cosa sono, come ci si vive negli ecovillaggi e anche gli eventuali benefici di questo approccio abitativo tanto alternativo.

Che cos’è un ecovillaggio?

Gli ecovillaggi sono delle realtà abitative in cui la sostenibilità è al centro di qualsiasi pratica sociale condivisa o individuale.

Nonostante la diversificazione delle proprie forme, gli ecovillaggi sono dotati di una documentazione istitutiva rappresentata dalla Carta degli intenti della rete italiana villaggi ecologici (RIVE), che sancisce:

«I progetti si ispirano a criteri di sostenibilità ecologica, spirituale, socioculturale ed economica, intendendo per sostenibilità l’attitudine di un gruppo umano a soddisfare i propri bisogni senza ridurre, ma anzi migliorando, le prospettive delle generazioni future».

Queste parole fanno subito capire come l’obiettivo di ridurre a zero il proprio impatto è fondamentale per tutti i membri della comunità e come questo principio diventi parte integrante della partecipazione alla vita sociale e all’impianto socio-economico nel singolo nucleo familiare.

Costi e modalità di adesione al progetto

Per farsi un’idea dei costi e dei dettagli sulla possibilità di partecipare ai vari progetti di living ecosostenibile è possibile visitare il portale connesso alla RIVE www.ecovillaggi.it.

Orientativamente però ogni comunità ha le sue regole per integrare nuovi membri. Di solito però si attraversa un periodo di prova per conoscere la comunità prima di entrare a tutti gli effetti. Questa fase può durare da uno a tre anni e alla fine, in base al tipo di comunità e agli accordi preesistenti, si sceglie se comprare una quota dell’immobile e mettere i beni in comune o contribuire con una quota mensile.

Di norma i prezzi vanno dai 600 euro al metro quadrato per i ruderi fino a 1.200 euro al metro quadrato per abitazioni in classe energetica F.
L’acquirente a quel punto potrà elevare la classe migliorando l’efficenza energetica con successivi interventi raggiungendo fra i 2.500 e i 3.000 euro al metro quadrato.

L’ecovillaggio più conosciuto in Italia

La rete italiana degli ecovillaggi nasce già negli anni ’80, quando in Umbria viene fondato Utopiaggia. Ad oggi nel nostro paese si contano circa una ventina di realtà autonome e altri sedici in costruzione.

I progetti sono diversificati a livello regionale perché esistono realtà architettoniche mirate a inserirsi in un determinato ambiente ecologico per incentivare al massimo l’impegno sostenibile della comunità che va ad abitare una certa porzione di territorio.

Per dare un’idea più concreta però vi raccontiamo l’esempio più conosciuto del nostro Paese, un progetto italiano piemontese chiamato «La federazione». Inaugurata nel 1979 e resa attiva nel giro di qualche anno, oggi prende il nome di Damanhur.

Il complesso occupa quasi 250 ettari di terreno distribuiti in un raggio di 15 chilometri e vi transitano oggi circa 1.000 abitanti di cui 600 residenti in 25 piccole comunità e altri 400 che orbitano attorno al villaggio stesso.

Le case presenti in questo spazio sono costruite tramite bioedilizia, pannelli fotovoltaici e impianti di riscaldamento a legna contemplando anche raccolta di acque piovane e l’uso di impianti geotermici. Senza contare poi la coltivazione di ortaggi totalmente biologici da parte di tutta la comunità.

Costituendosi quasi come uno stato parallelo, questo ecovillaggio ha una sua Costituzione e le sue leggi. I residenti sono inoltre divisi per famiglie e i nuclei ogni 6 mesi votano un responsabile generale della comunità tramite anche l’intermediazione di un proprio coordinatore per approntare un modello decisionale autonomo che rispetti le volontà di tutti. Un aspetto peculiare di questo modo di vivere infine è il fatto che ogni membro è tenuto a versare una somma in modo tale da pagare scuola e servizi a tutti i cittadini.

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