Il recente calo dei prezzi del petrolio e del gas, potrebbe configurare nel prossimo futuro, secondo alcune fonti interne ad ENI, delle considerevoli ricadute sulle scelte industriali del colosso italiano dell’Energia.
Lo scenario internazionale
Già da alcuni mesi era stata manifestata l’intenzione di Eni di vendere una serie di asset che non erano più considerati come appartenenti al core business dell’azienda per destinare i ricavati di tali operazioni ad azioni come il finanziamento delle esplorazioni per la ricerca di nuovi giacimenti e il pagamento dei dividendi ai soci. Tale strategia che mirava a ridurre gradualmente le attività di raffinazione al fine di puntare maggiormente su quelle di esplorazione, starebbe incontrando serie difficoltà a causa della discesa dei prezzi del pretrolio.
Da Giugno, infatti, il prezzo dell’oro nero è calato di oltre un terzo e quello del gas di circa la metà e ciò ha comportato maggiori difficoltà nell’individuazioni di compratori che potessero rilevare le attività messe in vendita da Eni a un prezzo competitivo. Alla discesa dei prezzi dei combustibili va, poi, associato anche un più generale rallentamento della crescita, ormai conclamato a livello internazionale.
Le scelte di Eni
Anche se Eni è già riuscita vendere asset per 5 miliardi di euro riducendo gradualmente le proprie attività di raffinazione, al fine di puntare maggiormente su quelle di esplorazione, stando al piano industriale che prevedeva una raccolta di 11 miliardi di euro entro il 2017, il ane a sei zampe dovrebbe ancora racimolare 6 miliardi di euro. Le fonti su cui Eni ha puntato per reperire queste risorse sono sostanzialmente due: la vendita di una quota di minoranza di un giacimento in Mozambico e la cessione di un asset che non viene considerato più strategico, come quello di Saipem, di cui Eni detiene una quota del 43%. Da una fonte interna di Eni, si apprende che proprio l’andamento dei prezzi dei combustibili avrebbe ridotto l’interesse di molti dei potenziali investitori sul progetto di Eni in Mozambico, sul quale si è arrivati alla consapevolezza che
"Considerato il trend ribassista dei prezzi di greggio e gas e il rallentamento della crescita della domanda, questo non è il momento migliore per pensare al Mozambico"
Le trattative per la vendita di una partecipazione del 10-15% nel giacimento Rovuma in Mozambico, sono comunque ancora aperte con alcuni potenziali acquirenti, come China Huadian Corp., sebbene stiano andando avanti per un tempo prolungato senza portare ai risultati già ottenuti con la la cinese CNPC alla quale è stata precedentemente venduta una quota del 20%, lo scorso anno, per circa 4 miliardi di dollari.
"C’era stata un’offerta da parte di un operatore cinese, ritirata per ragioni strategiche e un paio di altre offerte che erano troppo basse. I fondi sovrani hanno espresso interesse ma il prezzo del greggio ha ostacolato i lavori"
Le altre attività di vendita di Eni potrebbero interessare le partecipazioni possedute in Congo e in Indonesia, al fine di aumentare le liquidità a disposizione dell’azienda necessarie per sostenere i ritardi e gli aumenti dei costi nei progetti avviati in Kazakhistan (il Kashagan) e al largo della Norvegia (il Goliat).
Il titolo Eni e gli effetti dell’andamento del petrolio
Quel che è certo è che questa situazione di incertezza sta già portando i suoi disdicevoli effetti sull’andamento del titolo Eni che da fine Luglio ha subito un calo del 17,7% mentre dal 2013 ha subito un calo di un terzo del suo valore. Anche per questo diviene sempre più importante la dismissione di alcuni asset che consentano di pagare i dividendi agli azionisti, riconosciuti ormai come l’unica forma di compensazione ancora soddisfacente per gli azionisti. Anche sui dividendi è comunque necessario tenere alta l’attenzione, dal momento che, a fronte di un dividend yield stimato da Eni al 7%, sopra la media del settore (5,6%), si fa sempre più concreta la possibilità che questo indice non possa essere mantenuto a questi livelli e vada rivisto al ribasso.
Un’altra stima di Eni ha quantitificato gli effetti del calo del petrolio sui bilanci commerciali del colosso italiano: ogni dollaro di calo sul prezzo del greggio determinerebbe, infatti una perdita di 100 milioni di dollari sul free cash flow, ovvero sulle liquidità a disposizione dell’azienda nel proprio bilancio.
La diminuzione della spesa nelle attività di esplorazione e produzione determinata dalla discesa di prezzo del petrolio ha anche comportato pesanti ricaduto sull’indotto di aziende che forniscono servizi a Eni e ha creato difficoltà nella vendita di Saipem che, dopo un anno nero, nel 2015 potrebbe subire ulteriori perdite per 1,25 miliardi di euro, dalla chiusura del progetto South Stream.
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