Pochi argomenti sono attuali e controversi come la questione del debito pubblico e del giusto modo di affrontare il problema: default o azioni di rientro "lacrime e sangue" per onorare l’impegno verso i creditori?
Il fatto che l’Italia sia stata commissariata con l’abdicazione del governo democraticamente eletto (ricordate Silvio Berlusconi?) a favore di un manipolo di cattedratici con l’unico scopo di "non far fare al paese la fine della Grecia" e la contemporanea assenza di sollevazioni popolari e fenomeni di guerra civile fa pensare che tutta la nazione sia dell’idea che sia giusto ripagare il debito ad ogni costo. Ma è veramente così?
Una questione complessa
In realtà basta osservare la storia di questi mesi per capire che la questione della gestione del debito pubblico è un tema che semplicemente non è alla portata della massa della popolazione che, semplicemente, tende a non avere un’idea precisa al riguardo, o meglio, mancano idee supportate da valide argomentazioni.
Così la questione, a livello di media mainstream, si è risolta alle solite macrocategorie dicotomiche del tipo "grecia=brutto".
Ovviamente ogni tormentone buono per la TV ha vita breve, così che la questione greca è ormai un ricordo fumoso e al contempo sono verità difficili da gestire per la popolazione l’IMU e l’aumento del prezzo della benzina.
La questione del prezzo della benzina, in particolar modo, può rendere evidente quanto le masse, con le loro idee umorali, siano poco inclini a tener conto dei dati concreti:nel 2008 quota 1,5€ al litro era percepita come un livello insostenibile ed il petrolio quotava a 132$ al barile contro i 102$ attuali!
Come possiamo pensare che una decisione come quella sulla politica da adottare sul debito pubblico, che andrebbe a condizionare i prossimi decenni di vita sociale ed economica del paese e che richiederebbe il mantenimento di una politica coerente con questa scelta per lo stesso periodo di tempo possa essere presa a livello di "vediamo cosa ne pensa la gente" o "democratico".
Ripagare il debito: perchè SI
Le ragioni del SI sono quelle che per ora stanno prevalendo: un default è forse la soluzione più rapida e complessivamente meno dolorosa per il paese, tuttavia comporterebbe un caos che, essendo prevedibile, non verrebbe consapevolmente generato da nessun governo.
Inoltre, e soprattutto, un default metterebbe in discussione praticamente ogni aspetto della vita del paese ed è lecito pensare, per ciascuna persona che abbia al momento una qualche rendita di posizione, che tale rendita potrebbe essere distrutta da un evento come il fallimento dello stato.
- I dipendenti pubblici potrebbero perdere il posto ed i relativi privilegi.
- I possessori di immobili potrebbero essere costretti a vendere a pessime condizioni o comunque a vedere il valore degli stessi decimato.
- Le aziende in crisi o decotte fallirebbero.
- La nuova moneta si svaluterebbe, forse anche molto velocemente, creando inflazione e distruggendo quindi i risparmi.
- I possessori di Titoli di Stato perderebbero buona parte dei risparmi.
In generale chiunque in questo paese non sia già adesso a livello dell’indigenza (e grazie a Dio ce ne sono ancora molti) avrebbe, nell’immediato, qualche cosa da perdere, senza la certezza di poter avere di più o di meglio nel medio o lungo periodo.
Ripagare il debito: perchè NO
Decidere di dichiarare default per scelta e non per mancanza di opzioni alternative porrebbe il paese nel caos dato che andrebbe a sconvolgere lo status-quo portando la storia nazionale ad un vero e proprio punto di svolta.
I motivi per cui è sconveniente fare default sono molti e già approfonditi nel precedente paragrafo, tuttavia ci sarebbero dei vantaggi per le nuove generazioni che avrebbero quantomeno l’opportunità di ricostruire il paese su nuove fondamenta.
La cronaca attuale ci mostra chiaramente come la necessità di trovare risorse per far quadrare i conti ed andare ad onorare ed eventualemente ridurre il debito pubblico non stanno toccando la maggior parte dei problemi atavici del paese: la pubblica amministrazione taglia i servizi ma non le inefficienze, le imprese non reagiscono alla crisi innovando ma licenziando, i giovani continuano a non entrare a condizioni degne nel mondo del lavoro, le pensioni in essere non vengono tagliate con un’incidenza insostenibile di INPS sul costo del lavoro (in compenso si ritarda la pensione per chi ancora non la prende), il welfare viene ridotto creando sacche di povertà ed indigenza che saranno via via sempre più diffuse.
In sintesi le conclusioni PRO DEFAULT sono due: evitare il fallimento non sta cambiando di una virgola nè la struttura economica nè la cultura di questo paese, esattamente i due fattori che hanno portato ad accumulare il debito.
Evitare il default è come togliersi un cerotto molto lentamente: sappiamo bene che per toglierlo, dovendo comunque soffrire, è sempre conveniente uno strappo secco.
Conclusioni
La vera questione del problema che abbiamo preso in esame è che non esistono soluzioni indolori: il cerotto ce lo siamo attaccato ormai da tempo, va tolto e non c’è un modo del tutto indolore di farlo, per questo nessuno è disposto a farsi carico in modo troppo attivo o deciso del problema e lo stesso Mario Monti cerca il più possibile di procedere per "concertazione" in modo da non dover avere in modo troppo diretto la responsabilità della sua politica. Del resto la sua risposta automatica ad ogni domanda è "non potevamo fare la fine della Grecia", in modo che sia la contingenza storica, e non la sua politica, la responsabile di nuove tasse e nessun cambiamento in un paese già da anni troppo tassato e troppo statico.
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