Crisi climatica: perché se ne parla sempre di più nell’ultimo periodo

Giorgia Bonamoneta

1 Novembre 2021 - 18:13

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La crisi climatica non è una fake news e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Sempre più giovani prendono la parola e pretendono un cambio di rotta dell’economia globale. Ecco perché.

Crisi climatica: perché se ne parla sempre di più nell’ultimo periodo

La crisi climatica è sempre più al centro del dibattito scientifico e pubblico e di conseguenza anche nel dibattito politico. Che sia un argomento difficile, da digerire e da comprendere, non è una sorpresa. Per capire se un argomento è davvero tanto discusso basta cercare le bufale su questo, più è un tema trasversale e complesso, maggiore sarà la disinformazione in merito.

Sulla crisi climatica, il riscaldamento globale e le conseguenze ambientali e umane ne abbiamo parlato a lungo in questa sede. In questi ultimi anni l’attenzione sulla crisi climatica e tutti gli argomenti che vi ruotano intorno è aumentata. In particolare in questi giorni, tra G20 e il Cop26 i quotidiani digitali o cartacei sono pieni di notizie. Ma perché se ne parla sempre di più?

La sensibilità verso l’ambiente è cresciuta con le nuove generazioni, a partire da quelle degli anni ’70 che per il clima hanno manifestato e lottato. La crisi climatica è un argomento generazionale? Negli ultimi anni, grazie anche all’interesse generato dalla giovane attivista Greta Thunberg, sempre più giovani si sono avvicinati alla lotta.

Perché la crisi climatica è un tema così importante per i giovani?

Permettiamoci di analizzare una banalità: la Terra è una sola. Se oggi possiamo permetterci di vivere una vita dignitosa, magari in un territorio non soggetto a eventi climatici di grande e grave portata non è perché gli occidentali sono migliori, ma per pura fortuna.

In futuro, ma gli effetti sono visibili anche oggi, la crisi climatica avrà conseguenze sociali, economiche, politiche e culturali ovunque, non solo in Paesi lontani. La crisi climatica non è la battaglia degli ambientalisti, ma di tutti gli essere umani. Le migrazioni per il cambiamento climatico saranno inevitabili, tanto per la possibilità di desertificazione di certi luoghi, tanto per l’innalzamento dei mari che causerà un progressivo rientro di masse umane e animali e accadrà anche in Italia.

I giovani, una categoria che inquadra una fascia ampia, dai 13 ai 29 anni, non possono non definirsi ambientalisti e non possono non salvaguardare il pianeta che dovranno abitare. Greta Thunberg ha parlato spesso davanti a politici adulti che l’ascoltano sì, ma non agiscono. Una delle ultime dichiarazioni di Thumberg ha espresso in maniera cristallina il sentimento dei giovani ambientalisti.

Sono parole di frustrazione e allo stesso tempo di bisogno e pretesa di un cambiamento. Ecco un estratto:

Non c’è un pianeta B o un pianeta bla bla bla. Parole, parole che sembrano meravigliose, ma finora hanno portato all’inazione. [...] Dicono di volere ‘soluzioni’ ma non puoi risolvere una crisi che non comprendi davvero.

Invitano giovani persone selezionate selettivamente a incontro come questo per fare finta che ci stiano ascoltando, ma chiaramente non lo stanno facendo.

Cosa si intende per crisi climatica?

Per capire cosa si intende per crisi climatica, dobbiamo partire dalle basi. Sappiamo cos’è la CO2 (anidride carbonica), ma forse non siamo consapevoli di quanta ne produciamo. Online si trovano teorie molto creative che vogliono vedere nella tendenza di aumento della temperatura un effetto naturale. E in parte hanno ragione.

Nel corso della propria vita la Terra è andata incontro a diversi fenomeni di riscaldamento e raffreddamento (ere glaciali). La differenza sostanziale è che l’aumento della temperatura è avvenuta in un tempo ampio, decisamente molto più ampio di un secolo come nel nostro caso.

Torniamo all’anidrite carbonica. L’uomo e le sue creazioni producono CO2, molta CO2 e questa aumenta il tanto citato effetto serra. Se aumenta l’effetto serra aumenta la temperatura. Se aumenta la temperatura media globale dobbiamo fare i conti con tutte le possibili conseguenze.

Cosa dice il rapporto ONU sulla crisi climatica?

L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è un organo composto da 194 Paesi e nel quale si incontrano e discutono migliaia di esperti. Solitamente il rapporto espone i dati in maniera scientifica, ma quest’anno oltre al tono accademico, non è mancato anche una profonda preoccupazione.

È chiaro da decenni - ha affermato la vicesegretaria Valérie Masson-Delmotte - che il clima della Terra stia cambiando, e il ruolo del’influenza umana sul sistema climatico è indiscusso”.

Bisogna invertire la rotta, dicono gli esperti, altrimenti ci vorrà sempre più tempo per tornare indietro. La Terra, come cita il sito di divulgazione Geopop, starà bene, ma per l’essere umano è un’altra storia.

La crisi climatica e il +1,5° da non superare

L’incontro del G20 degli scorsi giorni ha finalmente riconosciuto e tracciato una linea di non ritorno, un necessario intervento umano per impedire di superare +1,5°, punto di non ritorno già riconosciuto negli “accordi di Parigi” del 2015. Il G20 ha anticipato le decisioni che andranno prese al Cop26, per molti l’ultima occasione dell’essere umano per non peggiorare le conseguenze del riscaldamento globale. Ma perché questo numero è così importante?

Anche in questo caso cercando in rete si può trovare qualche teoria che mistifica l’informazione scientifica, banalmente spiegando che in ogni città si registrano estati più calde. Non è però il dato locale quello che interessa agli scienziati che seguono e studiano la crisi climatica e i suoi cambiamenti ambientali, ma il dato globale.

Sopra la soglia del +1,5° le conseguenze della crisi climatica saranno irreversibili. Secondo il “rapporto IPCC” se non si interviene immediatamente la temperatura aumenterà oltre il +1,5° nei prossimi venti anni. Se non si tagliano le emissioni di CO2 la temperatura media globale arriverà a toccare +2° entro la fine del secolo.

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