Cosa deve fare Romney per battere Obama?

Daniele Sforza

20 Settembre 2012 - 17:44

Cosa deve fare Romney per battere Obama?

Mitt Romney è a un bivio: o comincia a camminare all’indietro, cercando di rimediare alle gaffe che hanno contraddistinto la sua campagna elettorale, oppure continua spedito per la sua strada, senza più contraddirsi. Paradossalmente è proprio quest’ultima la strada che dovrebbe intraprendere per recuperare Obama, ormai in largo vantaggio.

Romney scende ancora nei sondaggi

Uno degli ultimi sondaggi fa precipitare Romney al 43% delle preferenze da parte degli americani dopo le accuse all’elettorato di Obama (ovvero al 47% della popolazione statunitense). Ulteriore segnale che la caduta del candidato repubblicano alla Casa Bianca risulta estremamente precipitosa e non fa altro che peggiorare giorno dopo giorno. Gongola Obama, invischiato in uno dei periodi più difficili della storia americana, sprofondata nella crisi più grave che si ricordi da quella del 1929: sembra un candidato senza avversari, e solo venti sfavorevoli, provenienti da oltreoceano, o tempeste di sabbia provenienti dai Paesi musulmani in cui infiamma sempre di più la rivolta islamica contro gli Stati Uniti, possono minare le basi certe della sua prossima rielezione.
Siamo perfettamente consapevoli che, come abbiamo già detto e ripetuto, l’esito delle elezioni si saprà solo allo spoglio del voto e a oggi risulta ancora incerto, ma non possiamo affatto negare che giorno dopo giorno abbiamo l’impressione che questa appena detta sia solo una mera giustificazione per rendere affascinante e adrenalinica una campagna elettorale che, in verità, risulta totalmente sprovvista di fascino e adrenalina.

Intervistato da un network in lingua spagnola, Univision, in occasione di un incontro all’Università di Miami, Romney ha cercato di attirare l’elettorato latino: un’impresa quasi impossibile, visto che i "ladinos" sono in netta maggioranza seguaci di Obama. Romney ha tentato l’impossibile, addolcendosi maggiormente sul discorso dell’immigrazione (e delle leggi in proposito) e affermando soprattutto di voler diventare il Presidente di tutti gli americani, allo scopo di riunire una nazione che negli ultimi anni si è spaccata in due. Senza fare riferimento alla gaffe, Romney ha fatto dunque un passo indietro, ripetendo, in breve, quello che Obama ha confessato a David Letterman: "Essere presidente significa essere presidente di tutti", nessuno escluso.

Cosa deve fare Romney per tornare a essere competitivo?

Tornare sui propri passi risulta essere sempre una strategia piuttosto apprezzata dall’opinione pubblica, ma nel caso di Romney potrebbe rivelarsi un ulteriore boomerang. Andiamo a porci una domanda: considerando che a oggi Obama ha accumulato parecchio vantaggio su Romney, cosa deve fare il repubblicano per recuperare terreno e riaccendere una campagna elettorale che sembra già decisa? La risposta, e la nostra è solo un’umile considerazione, è piuttosto semplice: essere più repubblicano.

Quello che si è visto in questi ultimi mesi, infatti, è stato un Romney che, gaffe a parte, ha sempre infarcito i suoi discorsi di contraddizioni. Se un giorno sbraita deciso su argomenti delicati come possono essere l’immigrazione o la riforma sanitaria, capita che il giorno dopo, su questi stessi argomenti, risulti più delicato, più ammorbidito: il fine, ovviamente, è quello di conquistare anche l’elettorato obamiano, o meglio, quello ancora indeciso ma che vira verso Obama. Può questa strategia portare a Romney dei voti in più? No. Se consideriamo che alla convention repubblicana, l’unico grande momento che si ricorda è il siparietto tra Clint Eastwood e la sedia vuota (seguito a poca distanza dal discorso di Ann Romney), vuol dire che c’è qualcosa che non quadra.

Certo, si potrebbe obiettare che allo stesso tempo, alla convention democratica sia stato Bill Clinton il vero mattatore, ma non è un fattore da sottovalutare che Obama, che gli americani conoscono già da più di 4 anni, non aveva alcuna necessità di "ripresentarsi" all’opinione pubblica americana. Romney, invece, ha scelto un profilo più basso, quasi in ombra, forse anche per ridimensionare l’ideologia estremamente conservatrice del suo vice, Paul Ryan. Tuttavia lo stesso Ryan, pur essendo apparso meno di Romney, sembrerebbe proprio l’uomo giusto per dichiarare guerra a Obama e metterlo in difficoltà. Il tira e molla che sta perseguendo Romney non aiuta la causa repubblicana, ma quella democratica. Romney appare indeciso, impacciato, insicuro, e gli americani, si sa, vogliono un presidente che sia forte, deciso e sicuro di sé.

Mitt Romney, perciò, dovrebbe essere più convinto della sua ideologia repubblicana, non aver paura di sembrare un estremista e continuare dritto per la sua strada. L’impressione, invece, è che Romney sia partito in svantaggio sin da subito, preoccupato più della reazione generalizzata che di convincere gli americani che le sue idee sono giuste. E la capacità di persuasione, la storia americana insegna, senza contare la forza delle proprie idee e soprattutto la capacità di discuterne e farle comprendere e accettare, è molto più forte di qualsiasi formula empatica.

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