Cos’è l’ICC, l’indicatore complessivo dei costi

Redazione Investimenti

28 Dicembre 2021 - 15:18

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Dallo scorso 8 gennaio l’ICC, indicatore complessivo dei costi, ha sostituito l’ISC, indicatore sintetico di costo annuo. Come funziona? E quali sono le differenze con che intercorrono con l’ISC? Ecco una guida.

Cos’è l’ICC, l’indicatore complessivo dei costi

Che cos’è l’indicatore complessivo dei costi (ICC)?

Una domanda quanto mai attuale, questa, poiché dall’8 gennaio - in conformità con la direttiva Pad dell’Unione europea recepita dalla Banca d’Italia - il cartellino del prezzo dei conti correnti non è più l’ISC, ovvero l’indicatore sintetico di costo annuo, ma l’ICC.

Di seguito vedremo in cosa consiste il nuovo indicatore introdotto dalla normativa europea, come si calcola, i principali obiettivi e le differenze che intercorrono con l’ISC.

ICC: cos’è?

L’indicatore complessivo dei costi, o ICC, è lo strumento utilizzato per mostrare ai consumatori il costo – in euro – dei loro conti correnti. Questo valore si ottiene sommando i costi variabili e fissi sostenuti da un conto corrente nell’arco di un anno, ovvero spese e commissioni al netto di oneri fiscali e interessi, sulla base di diversi profili socio-demografici.

In tal senso, la Banca d’Italia distingue tra: i conti correnti con un sistema di tariffazione forfettario (c.d. a pacchetto), per il quale esistono sei diversi profili, ovvero giovani, famiglie con operatività bassa, famiglie con operatività media, famiglie con operatività elevata, pensionati con operatività bassa e pensionati con operatività media.

I conti correnti con un sistema di tariffazione a consumo (c.d. ordinari), per il quale esiste - secondo la Banca d’Italia – un unico profilo relativo ad un utilizzo contenuto del conto, finalizzato perlopiù a soddisfare alcune esigenze specifiche.

E, infine, i conti correnti (c.d. in convenzione), utilizzati da clienti particolari – come, ad esempio, gli enti pubblici e privati – ai quali la Banca d’Italia riserva un trattamento specifico vista la peculiarità della categoria.

Come si calcola l’ICC?

L’ICC, come accennato, è la somma delle spese e delle commissioni che verrebbero accreditate al cliente se eseguisse le operazioni previste nel profilo in cui si è identificato.

L’operatività che viene attribuita ai profili si divide in:

  • Operatività corrente: ovvero, i prelievi e i versamenti allo sportello, le commissioni legate ai regimi di spesa, le richieste di rendiconti sui movimenti del conto, le spese di invio estratto conto e altre comunicazioni della Banca.
  • Servizi di pagamento: tra questi, le commissioni per i bonifici effettuati o gli assegni e il canone delle carte di credito.
  • Servizi di finanziamento: ad esempio, mutui e prestiti per applicare uno sconto sul canone previsto dal conto corrente.
  • Servizi di investimento: ovvero, un eventuale deposito amministrato per applicare uno sconto sul canone previsto dal conto corrente.

Dunque, per calcolare l’ICC di uno dei profili previsti dalla Banca d’Italia vengono presi in considerazione diversi fattori: anzitutto, il numero delle operazioni effettuate da un determinato profilo. Poi, le commissioni che vengono applicate su un conto per una singola operazione, la giacenza e il patrimonio investito. Infine, la tipologia di operazione (allo sportello o online) e i costi fissi, come il canone.

Quali sono gli obiettivi dell’ICC?

L’ICC, anzitutto, permette ai clienti di districarsi al meglio tra le varie opzioni di conti correnti disponibili. Un risparmiatore che non ha ancora un conto, ad esempio, può utilizzare l’ICC come strumento di confronto tra le varie soluzioni proposte dalla Banca, o per misurare le opzioni di due istituti differenti.

L’ICC, inoltre, è utile anche per i correntisti: infatti, è possibile confrontare il costo che si è sostenuto nel conto corrente nel corso dell’anno - quest’ultimo può essere ricavato nel Riepilogo delle Spese (RDF) – con l’ICC per verificare se la soluzione scelta in un primo tempo sia quella migliore per le proprie esigenze.

Nel caso in cui vi fosse una differenza marcata tra il costo annuo sostenuto e l’ICC relativo al profilo in cui il risparmiatore si è identificato, quest’ultimo potrebbe valutare altre tipologie di conto corrente.

In sintesi, dunque, l’obiettivo primario dell’ICC è quello di offrire ai correntisti un indicatore affidabile che permetta, tra le molte offerte presenti, di scegliere il conto corrente più adatto alla loro operatività, così da evitare spese superflue.

Differenza tra ICC e ISC

A ben vedere, le differenze che intercorrono tra l’ISC e l’ICC sono poche, ma – in alcuni casi – il nuovo indicatore si rivela più puntale rispetto al suo predecessore.

Diversamente dall’ICC, infatti, l’ISC non prendeva in considerazione i costi di emissione e gestione delle carte di debito e di credito, oltre ad alcuni costi sostenuti per effettuare delle operazioni.

Non cambia, invece, la questione relativa agli oneri e alle imposte per legge, come ad esempio l’imposta di bollo sul deposito titoli che è pari allo 0,2% del controvalore calcolato alla fine di ogni trimestre: così come per l’ISC, questi costi sono esclusi dai calcoli dell’ICC.

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