Coronavirus, cos’è il modello Seul che ha ridotto i contagi in Corea del Sud

Mario D’Angelo

21/03/2020

21/03/2020 - 12:58

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Senza significative alterazioni ai normali flussi di attività ed economici, la Corea del Sud è riuscita a limitare il numero di contagi e morti da coronavirus

Coronavirus, cos’è il modello Seul che ha ridotto i contagi in Corea del Sud

In questi giorni si è sentito parlare molto, a proposito del coronavirus, del modello Seul, una strategia messa in campo dal governo della Corea del Sud che è riuscito ad arrestare il contagio nel Paese. Ne ha parlato, ad esempio, il governatore del Veneto Luca Zaia, che ha detto di voler sottoporre tutta la popolazione della Regione al test.

Il modello Seul però è molto più che “tamponi a tappeto” e, oltre alla domanda se funzioni davvero, è legittimo chiedersi se sia replicabile sul territorio italiano. A queste domande proveremo a rispondere in questo articolo.

Coronavirus, differenze di metodo fra Italia e Corea del Sud

Il paragone fra Italia e Corea del Sud è impietoso. Fino a qualche settimana fa, il Paese asiatico era subito dopo la Cina per numero di contagi. Superati i 7.000 infetti, l’aumento di casi ha cominciato a diminuire, così come il numero di morti. Al momento in cui si iscrive i casi totali sono 8.799, i morti 102.

L’Italia è invece ormai, purtroppo, al secondo posto nel mondo con 47.021 casi, e il numero di morti, salito a 4.032, ha superato quello cinese. In cosa è stato diverso l’approccio del governo di Seul rispetto a quello italiano?

Cosa è il modello Seul

Innanzitutto, certamente, il numero di tamponi effettuati. L’Italia, ad oggi, ha effettuato circa 140.000 tamponi. La Corea del Sud, nonostante abbia una popolazione leggermente più ridotta, ne ha eseguiti più del doppio: quasi 310.000.

Ma la differenza non sta soltanto nel numero di tamponi, ma nella loro funzione. In Italia, infatti, lo scopo è confermare o meno i casi di persone che mostrano già sintomi, in Corea del Sud quello di individuare gli asintomatici.

Il test sul sintomatico, com’è ovvio, può soltanto confermare o meno un caso di coronavirus. Quello sugli asintomatici, invece, porta il beneficio di prevenire nuovi contagi da parte di potenziali infetti.

Ma autorevoli pareri scientifici e non hanno già spiegato come non sia possibile tamponare tutta la popolazione di un Paese. Il primo è che comunque si deve dare la priorità a chi mostra sintomi e a chi è stato a contatto con i pazienti contagiati. Il secondo riguarda i tempi: per avere un risultato sono semplicemente troppo lunghi.

Corea del Sud: lotta al coronavirus grazie alla tecnologia e violazione privacy

Del resto neanche la Corea del Sud ha eseguito test su tutta la popolazione, ma ha individuato di volta in volta le persone più a rischio. Come? Attraverso l’uso della tecnologia combinato a limitazioni alla libertà della privacy.

Come segnala Reuters, la Corea del Sud ha imparato una lezione dalla Middle East Respiratory Syndrome (MERS) del 2015. A seguito della passata epidemia, infatti, il governo ha approvato leggi che consentono l’accesso alle autorità a riprese di videocamere di sorveglianza, GPS di smartphone e auto, transazioni con carte di credito e altri dettagli che riguardano persone infette.

Alcune di queste informazioni vengono quindi condivise con i cittadini, che così possono sapere se si stanno avvicinando a un’area in cui un contagiato è stato di recente e così i potenziali contagiati possono essere testati ed eventualmente isolati. Per descrivere il modello Seul si parla quindi di contact tracing.

Il modello Seul, guidato dai big data, è molto efficiente anche per quanto riguarda l’iter ospedaliero. Le persone positive vengono poste in isolamento domestico e sono monitorate a distanza attraverso un’applicazione per smartphone o constanti telefonate finché un letto ospedaliero non diventa disponibile. Il paziente è quindi trasportato in ospedale con un’ambulanza e posto in stanze chiuse ermeticamente.

Modello Seul possibile in Italia?

Il sistema sudcoreano non è comunque perfetto, anche perché il gran numero di tamponi ha lasciato in sospeso moltissimi risultati. La lacuna informativa si è fatta sentire negli ultimi giorni, quando il numero di casi è tornato a crescere.

La processabilità dei tamponi sarebbe un problema anche più grande in Italia, che sta subendo i danni di decennali tagli alla sanità, i cui laboratori hanno una capacità molto minore.

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