Come provare l’usucapione

Ilena D’Errico

24 Gennaio 2024 - 00:01

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Ecco come provare l’usucapione secondo le norme dettate dalla legge e alcuni esempi dalla giurisprudenza.

Come provare l’usucapione

L’usucapione è un istituto giuridico molto particolare, perché permette di diventare proprietari di un bene mobile o immobile senza alcun accordo con il proprietario e a titolo del tutto gratuito. Richiede un po’ di tempo - di norma 20 anni ma in alcuni casi il termine si accorcia - e il rispetto di alcuni requisiti, ma permette di garantire la certezza dei rapporti giuridici.

Al termine del periodo utile all’usucapione, sempre che siano rispettati i limiti imposti dalla legge, è però necessario il riconoscimento di un giudice che formalizzi l’usucapione (o il ricorso alla mediazione) e quindi il trasferimento di proprietà. È quindi fondamentale avviare una causa, nella quale servirà dimostrare l’avvenuta usucapione.

Farlo può essere più o meno complesso a seconda delle circostanze e dalle eventuali rimostranze del legittimo proprietario, ma se sono stati rispettati i requisiti dalla legge non c’è nulla da temere. Come in ogni giudizio, l’importante è poter provare quanto si sostiene. Vediamo quindi quali sono i mezzi di prova idonei.

Come provare l’usucapione

La legge non fissa dei mezzi di prova specifici per poter dimostrare l’avvenuta usucapione, dunque qualsiasi mezzo legale è valido. La giurisprudenza, però, è ricca di sentenze riguardanti l’usucapione che ci permettono di avere dei parametri più precisi sulle prove e soprattutto delle indicazioni sul contenuto in discussione.

Per provare l’usucapione cosa bisogna provare esattamente? In linea generale, bisogna dimostrare di aver esercitato il possesso sul bene in modo continuato per il tempo stabilito dalla legge (di norma 20 anni), pubblico e pacifico. Nel mentre, non devono esserci richieste da parte del legittimo proprietario.

Come possesso continuato non si chiede che il soggetto abbia interferito senza sosta, ma che abbia mantenuto per tutto il tempo indicato la possibilità di esercitare atti di signoria, ossia in qualità di proprietario. Il possesso del bene deve anche essere acquisito senza l’uso della forza o della violenza ed essere pubblico, cioè non clandestino e potenzialmente conoscibile da chiunque. È dunque indispensabile provare il potere esercitato sulla cosa e la volontà di possederla.

Le regole sulla prova del possesso

Ci sono diversi principi istituiti dal Codice civile che vengono in aiuto nella prova dell’usucapione. Si cita, nel dettaglio, l’articolo 1142, secondo cui si presume il possesso intermedio. Ossia, provando di aver esercitato il possesso in due momenti diversi, si presume che il possesso sia continuato anche nell’intervallo di tempo, salvo prova contraria.

L’articolo 1144 del Codice civile, invece, tratta degli atti di tolleranza. Il proprietario del bene può infatti provare, se ciò è avvenuto, che gli atti di presunto possesso sono avvenuti soltanto per sua concessione e dunque sono invalidi all’usucapione. Per esempio, un fratello che concede all’altro l’utilizzo di un’auto o della casa al mare. Questa prova, infatti, spetta al “tollerante”.

Infine, è utile sapere che l’erede continua il possesso automaticamente dall’apertura della successione, mentre il legatario può continuare il possesso e unirlo a quello del defunto (avvenuto in buona fede), esercitando personalmente le azioni necessarie.

Riguardo alla buona fede, necessaria al compimento della prescrizione breve decennale, l’articolo 1147 del Codice civile stabilisce che è presunta (non serve provarla, ma spetta all’altra parte provarne l’inesistenza), che consiste nell’ignoranza di ledere diritti altrui (non determinata da colpe gravi) ed è sufficiente che sussista al momento dell’impossessamento.

Quali prove per l’usucapione

Riguardo ai beni immobili, sono diversi i comportamenti da cui si evince l’esercizio del possesso e la volontà, per esempio:

  • creazione di ostacoli o recinzioni per impedire l’accesso altrui;
  • attività edili, ristrutturazioni, trasformazioni dell’edificio;
  • modifica della destinazione d’uso;

Atti come la coltivazione del terreno o il pagamento delle utenze non sono invece idonei, così come non può invocare l’usucapione chi ha detenuto il bene con un titolo specifico.

Per i beni in comunione è fondamentale provare di aver agito come unico proprietario, impedendo l’utilizzo altrui: cambiare serratura, installare un cancello (senza che altri abbiano chiavi o telecomando), modificare la destinazione dell’intero bene. Lo stesso per le parti condominiali, è necessario dimostrare di aver escluso tutti gli altri aventi diritto all’utilizzo (oltre alle ipotesi citate, anche un lucchetto di cui nessun altro ha la chiave è un’ipotesi frequente).

I medesimi principi si applicano anche per i beni mobili, in quanto le circostanze da provare sono le medesime, ad esempio gli interventi realizzati sul veicolo, il possesso dell’unica chiave e così via.

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