La Cina interrompe l’elettricità in alcune aree industriali del Paese. Cosa sta accadendo nella seconda economia mondiale? Mentre la crisi energetica spaventa il mondo, Pechino crolla nelle stime.
Cina a rischio blackout? La seconda economia più grande del mondo è schiacciata nella morsa di una crescente crisi energetica, che minaccia di ostacolare la crescita e ingarbugliare ulteriormente le catene di approvvigionamento globali.
Il dragone si è risvegliato in una situazione assai complicata: il cuore industriale del Nord-Est della Cina è scosso da elettricità a singhiozzo.
I cittadini sono allarmati e chiedono di aumentare le importazioni di carbone in modo consistente e veloce al fine di mantenere le luci accese, le fabbriche aperte e persino le forniture di acqua.
Intanto, gli analisti cominciano a dubitare seriamente sulla crescita cinese, tanto da iniziare a peggiorare le stime. Che succede in Cina?
Cina senza elettricità? C’è l’allarme, che succede
La Cina è nella morsa di una crisi energetica poiché la carenza di forniture di carbone, l’inasprimento degli standard sulle emissioni e la forte domanda da parte dei produttori e dell’industria hanno spinto i prezzi del carbone a livelli record e hanno innescato restrizioni diffuse sull’utilizzo di elettricità.
Nello specifico, almeno 20 province e regioni cinesi, che rappresentano oltre il 66% del PIL, hanno annunciato una qualche forma di interruzioni di corrente, per lo più rivolte agli utenti dell’industria pesante.
Le ragioni sono duplici: i prezzi record del carbone stanno costringendo i generatori di energia a ridurre la produzione nonostante l’aumento della domanda, mentre alcune aree hanno interrotto i flussi di elettricità per raggiungere gli obiettivi di emissioni.
La mancanza di energia nel Nord-Est ha spento i semafori, gli ascensori residenziali e la copertura dei telefoni cellulari 3G, oltre a innescare la chiusura delle fabbriche, secondo quanto riportato oggi dai media locali.
La provincia del Guangdong, il centro industriale meridionale con un’economia più grande di quella australiana, ha ridotto fino a 15 gigawatt di potenza, secondo l’Economic Information Daily.
Città come Shenyang e Dalian, che ospitano oltre 13 milioni di persone, sono state colpite, con interruzioni nelle industrie di fornitori di aziende quali Apple e Tesla.
Da marzo, le autorità provinciali della Mongolia interna hanno ordinato ad alcune industrie pesanti, tra cui una fonderia di alluminio, di limitare l’uso di elettricità in modo che la provincia potesse raggiungere il suo obiettivo di consumo energetico.
Un tema, questo, piuttosto sentito dal Governo cinese. La National Development and Reform Commission ha annunciato a metà settembre punizioni più severe per le regioni che non riescono a raggiungere i propri obiettivi e ha affermato che chiamerà i funzionari locali a risponderne.
I Governi nelle province di Zhejiang, Jiangsu, Yunnan e Guangdong hanno chiesto alle fabbriche di limitare il consumo di energia o di frenare la produzione.
L’impatto sulle industrie non è di poca entità e comprende settori ad alta intensità energetica come la fusione dell’alluminio, la produzione di acciaio, la produzione di cemento e la produzione di fertilizzanti.
Almeno 15 aziende cinesi quotate in Borsa che producono una vasta gamma di materiali e beni, dall’alluminio ai prodotti chimici, dai coloranti ai mobili, hanno riferito che la loro produzione è stata interrotta per limitare l’uso di corrente.
Meno gas naturale disponibile, a causa della crisi globale, pressione per gli obiettivi climatici e flessione nella produzione di carbone (che intanto ha prezzi alle stelle) stanno causando una bomba pronta a esplodere in Cina.
Una delle principali sfide a breve termine per Pechino è la disputa commerciale in corso con l’Australia, il secondo esportatore di carbone al mondo, che ha notevolmente ridotto le spedizioni verso la Cina, proprio mentre le autorità locali hanno intensificato gli standard di sicurezza che hanno rallentato la produzione nelle miniere di carbone cinesi.
Peggiorano le stime sul PIL cinese
Goldman Sachs ha stimato che fino al 44% dell’attività industriale cinese è stata colpita da carenze energetiche, causando potenzialmente un calo di 1 punto percentuale nella crescita annualizzata del PIL nel terzo trimestre e un calo di 2 punti percentuali da ottobre a dicembre.
In una nota, ha affermato che stava riducendo le sue previsioni di crescita del PIL 2021 per la Cina al 7,8%, dal precedente 8,2%.
Per Nomura, il dragone si fermerà al 7,7% del Prodotto Interno Lordo nel 2021 e Fitch vede al ribasso, dall’8,4% all’8,1%, l’avanzata del Dragone.
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