La cedolare secca è un’opzione che consente a chi vuole dare in affitto un immobile di proprietà di pagare sul reddito generato dal canone di affitto un’imposta sostitutiva del 21% per i canoni liberi (dal 2013 è stata abbassata dal 19% al 15% quella per i canoni concordati) anziché la normale IRPEF (e relative addizionali regionali/comunali).
Di contro, optando per la formula della cedolare secca, non sarà possibile il proprietario dell’immobile:
- Inserire l’adeguamento ISTAT al canone di locazione, che dovrà essere quindi fisso fino a scadenza.
- Defalcare eventuali detrazioni di imposta dall’importo annuale dell’imposta sostitutiva.
Quando non conviene la cedolare secca
Date le caratteristiche della cedolare secca che abbiamo appena elencato è facile capire che optare per la cedolare secca non conviene, o potrebbe non convenire, quando:
- Si prevede un aumento dell’inflazione durante il periodo contrattuale: l’impossibilità di adeguare il canone di locazione all’inflazione dichiarata da ISTAT per tutta la durata del contratto porterebbe a un’erosione del valore reale del canone di locazione stesso.
- Non si hanno altri redditi: anche chi non ha altri redditi se non gli affitti di uno o più immobili potrebbe trovare sconveniente la cedolare secca. La mancanza di detrazioni di imposta sulla prima parte del reddito e l’impossibilità di detrarre altre forme di spese (ex. spese mediche) dalle tasse versate potrebbero rendere più vantaggioso inquadrare le entrate di affitto come reddito sottoposto a tassazione IRPEF dato che la stessa, al di sotto di un certo reddito, ha un’aliquota effettiva più bassa del 21% e consente la deduzione e la detrazione di diversi costi e vantaggi fiscali (ex. spese mediche, detrazioni per ristrutturazioni o riqualificazione energetica, ecc..)
Quando conviene la cedolare secca
Di contro la cedolare secca può essere molto conveniente se il proprietario dell’immobile ha già altri redditi sottoposti a tassazione IRPEF. Il vantaggio aumenta con l’aumentare del reddito diverso dall’affitto: se l’affitto producesse reddito ai fini IRPEF potrebbe andare ad essere tassato su scaglioni via via più svantaggiosi fino a pagare, nell’ipotesi peggiore, il 43% di IRPEF più addizionali: più del doppio del costo che si avrebbe con la cedolare secca.
Attenzione quindi a non confrontare con leggerezza la cedolare secca con il normale contratto di affitto: può essere spesso vantaggiosa, ma non sempre.
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