Cosa succede se un lavoratore invalido non è più idoneo allo svolgimento della propria attività lavorativa?
Di fronte all’impossibilità di svolgere la prestazione lavorativa per l’aggravarsi delle condizioni di salute, le esigenze aziendali legate alla produttività possono giustificare il licenziamento del lavoratore. Affinché possa configurarsi un’ipotesi di licenziamento legittimo è necessario che lo stato di salute del lavoratore sia tale da rendere impossibile il collocamento presso altro ufficio o settore aziendale.
Questè quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.8450 del 10 aprile 2014.
Qualora il dipendente disabile appartenga alle categorie protette aventi diritto al collocamento obbligatorio, il datore di lavoro potrà legittimamente licenziarlo a fronte dell’aggravarsi del suo stato di salute psico fisico, solo al verificarsi di alcune condizioni:
- sopravvenuta impossibilità a svolgere le proprie mansioni
- impossibilità ad essere assegnato ad altro incarico
- accertamento dello stato di fatto da parte di una commissione medica dell’asl prevista dall’art. 4 della legge 104/1992.
Il datore di lavoro dovrà innanzitutto ottemperare al suo obbligo di ripescaggio, cioè il suo obbligo di ricollocare il lavoratore presso altro settore, nell’ambito delle sue competenze. Tuttavia, per evitare che il licenziamento da parte del datore di lavoro sia impugnato, è necessario che le condizioni che giustificano il provvedimento siano valutate dalla commissione sanitaria. Il licenziamento per essere legittimo deve dunque ritenersi inevitabile, come unica misura adottabile da parte dell’azienda. E’ dunque necessario che sia un medico ad accertare le condizioni di salute del lavoratore e le sue capacità di proseguire il rapporto di lavoro in relazione alle necessità produttive.
Sostiene infatti la Suprema Corte che “il licenziamento dell’invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale sol quando è motivato dalla comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre, quando è determinato dall’aggravamento dell’infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza delle condizioni previste dalla L. n. 482 del 1968, art. 10 ossia la perdita totale della capacità lavorativa o la situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall’apposita commissione medica".
La Cassazione distingue dunque l’ipotesi in cui il lavoratore per condotta indisciplinata abbia determinato il recesso del datore di lavoro, dal caso in cui il licenziamento sia dipeso dall’aggravamento delle condizioni di salute.
Nel primo caso di applicano le normali regole in materia di giusta causa o giustificato motivo; nel secondo caso vi è una particolare tutela nei confronti del soggetto disabile e il licenziamento è legittimo solo in presenza della totale perdita della capacità di lavorare o di pericolo per la salute sua o altrui.
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