Cancel culture: cos’è e cosa significa cancellare qualcuno sul web

Matteo Novelli

22 Luglio 2020 - 16:20

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Cos’è la cancel culture e qual è il suo significato: ecco cosa vuol dire cancellare qualcuno online e le origini di una pratica virtuale sempre più importante.

Cancel culture: cos’è e cosa significa cancellare qualcuno sul web

Sentiamo sempre più spesso parlare di cancel culture, una pratica nata sul web che indicata, letteralmente, l’atto di cancellare qualcuno sotto diversi punti di vista. Ma cosa significa e che cosa rappresenta davvero questo nuovo filone?

La definizione di cancel culture tende a cambiare a seconda del contesto in cui questa pratica viene applicata (possiamo ritrovarla online, in ambito professionale o all’interno di una normale conversazione) ma la sostanza rimane immutata: si tratta di una sorta di boicottaggio che colpisce aziende, personaggi famosi e non, gruppi culturali e altri colpevoli (agli occhi di utenti e spettatori) di aver espresso pareri e concetti non appropriati o condivisibili.

Vediamo più nel dettaglio da dove ha origine la cancel culture e perché è così importante nella società attuale.

Cos’è la cancel culture: significato e applicazione

Su internet è conosciuta anche come online shaming o cancelled, verbo che di solito accompagna il soggetto di turno a cui si applica la cancel culture.

Questa espressione inglese descrive però un vero e proprio fenomeno sociale in cui una persona (che sia un’artista, un politico o uno scrittore vivo o passato a miglior vita) diventa l’oggetto di aperta ostilità e di un attacco mirato e ostruzionista che punta a eradicarne la presenza digitale e mediatica all’interno della cultura popolare,

Solitamente si applica online e sui social, l’ultimo esempio noto ha visto protagonista J.K. Rowling a seguito delle sue discutibili opinioni transfobiche, o anche al di fuori degli spazi digitali come accaduto di recente con le statue di Cristoforo Colombo negli States (o anche il caso Indro Montanelli).

La cancel culture viene applicata dagli utenti online come una sorta di punizione al limite del revisionismo storico: chi ne viene colpito viene accerchiato da tutti gli utenti contrari o ostili a una determinata posizione o opinione generalmente considerata sbagliata e offensiva, venendo quindi cancellato.

Cancel culture: origini e controversie

La cancel culture nasce in origine come call-out culture e, rispetto alle radicali posizioni contemporanee, si intendeva come “cultura del richiamare”.

La sua applicazione di fondo non era poi così differente: la condanna della community virtuale verso un comportamento giudicato poco ortodosso e rispettoso. Un comportamento che in molti giudicano quasi come estremo a causa del suo imporsi come unico obiettivo quello di cancellare una persona giudicata colpevole senza mezze misure. Hashtag e attacchi mirati in un lasso di tempo breve e limitato che per molti fa passare chi la applica come un brano di bulli (classico esempio del rapido passaggio dalla ragione al torto).

Il Macquarie Dictionary ha eletto cancel culture come parola dell’anno nel 2019, a rappresentarne ancora di più l’importanza e l’impatto che sta avendo negli ultimi anni. In Italia il fenomeno è ancora poco applicato ai personaggi nostrani, ma è una questione di tempo: a voi giudicare quanto e come può essere utile ai fini di uno strumento di controllo.

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