Barriere in plexiglas: sono davvero utili per proteggere dal Covid?

E. C.

21 Agosto 2021 - 22:47

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Pare che le barriere in plexiglas utilizzare quotidianamente anche negli uffici pubblici non siano così utili per proteggere dal Covid: vediamo i dettagli.

Barriere in plexiglas: sono davvero utili per proteggere dal Covid?

Anche se le barriere in plexiglas sono entrate ormai a far parte della vita quotidiana nei negozi, nelle attività al chiuso o negli uffici pubblici, in realtà la loro efficacia è ora messa duramente in discussione.

Infatti, alcuni studi condotti in merito ai contagi da Covid-19 e variante Delta e, in particolare, sui divisori in plexiglas dei negozi, scuole ed uffici riportano che forse si tratta di un metodo non efficace per prevenire la diffusione del contagio: vediamo perché.

Le barriere in plexiglas proteggono davvero?

Al contrario di quanto si possa credere, pare che le barriere in plexiglas non solo non siano propriamente utili, ma abbiano addirittura un effetto controproducente poiché ostacolano il ricircolo dell’aria negli ambienti e producono delle concentrazioni di particelle virali.

A livello intuitivo, il plexiglas dovrebbe funzionare allo stesso modo di una mascherina, ossia bloccando ciò che fuoriesce da bocca e naso in modo che non arrivi al di là della protezione. Secondo alcuni studi però, potrebbe essere un falso senso di sicurezza. Questo perché l’unico vero atto utile è aprire di frequente le finestre e favorire il cambio di aria.

Le particelle virali vengono deviate dalle barriere in plexiglas

Il New York Times, in uno studio pubblicato, tenta di fare il punto della situazione sui pro e i contro dell’utilizzo dei divisori in plexiglas come misura di prevenzione per il contagio da Covid-19.

Tra gli aspetti negativi presentati dallo studio compare lampante che le lastre di plexiglas modificano il normale flusso di aria nei locali e da ciò consegue un risultato imprevedibile del movimento delle particelle virali. Ciò vuole significare che la particella di virus che fuoriesce da naso o bocca che viene bloccata dalla lastra di plexiglas devia la propria traiettoria andando altrove.

La negatività del divisorio in plexiglas

Pertanto, per esempio, se è presente un positivo con alta carica virale, le particelle deviate dalla barriera potrebbero comunque andare ad infettare altre persone presenti all’interno dell’ufficio non posizionate al di là da essa. La dilatazione, in un certo senso e per rendere l’idea, avverrebbe come accade per il fumo di una sigaretta.

Una stanza che presenta più di una barriera in plexiglas diventa - sempre secondo lo studio pubblicato sul New York Times - una danza di particelle con traiettorie imprevedibili che rimbalzano da una parte all’altra senza che vi sia effettivamente un controllo. Se, per di più, non vi è ricircolo di aria con finestre aperte e un flusso di visitatori nella stanza cospicuo, allora poi la situazione sarebbe addirittura fuori controllo.

La soluzione alternativa al plexiglas

Al posto dell’utilizzo di schermi in plexiglas, la soluzione più utile resta la vaccinazione, oltre che l’uso della mascherina in maniera responsabile e considerata. La soluzione per scuole ed uffici sarebbe, dunque, continuare la campagna vaccinale in corso e migliorare anche la qualità dell’aria negli ambienti al chiuso pubblici e non, in modo da creare un cambio di aria continuo che favorisca la fuoriuscita delle particelle del virus dalla stanza.

Non solo: uno studio condotto dalla facoltà di Ingegneria dell’Università della California di cui Richard Corsi è a capo, va oltre tutto questo. Infatti, anche la disposizione della stanza in termini di mobilio e arredo, l’altezza delle pareti e dei soffitti, la quantità di finestre e porte può influire sulla fuoriuscita delle particelle e sul ricircolo di aria nelle strutture.

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