Banche: Ecco perchè gli stress test della Bce premiano solo chi specula

Alessandro Iacopini

04/11/2014

Il meccanismo di valutazione degli stress test favorisce le banche nordeuropee, inclini alla speculazione finanziaria, e punisce le banche del sud del continente, che invece prestano più soldi all’economia reale.

Banche: Ecco perchè gli stress test della Bce premiano solo chi specula

Gli stress test sulle banche presentati la settimana scorsa dalla Banca Centrale Europea rischiano di avallare un pericoloso paradosso per il mondo della finanza: mentre le banche dell’Europa meridionale (Italia in testa), il cui core business è e rimane il credito, hanno conosciuto il più alto numero di bocciature, le banche del nord Europa, che hanno nella loro pancia miliardi di euro di titoli finanziari completamente slegati dall’economia reale, hanno passato l’esame della BCE quasi indenni.

Insomma, se le banche fanno le banche e prestano denaro all’economia reale scatta la punizione e si va dietro la lavagna, mentre se le banche giocano in maniera spregiudicata sui mercati finanziari ecco lì la lode, la menzione speciale.

La formula degli stress test
Il paradosso è stato generato dalla modalità con cui sono stati eseguiti gli stress test.

In particolare, durante le prove, è stata misurata la resistenza delle banche ad uno scenario particolarmente negativo per l’Eurozona: un calo del Pil del 6,1% per l’Italia nel triennio 2014-2016, del 7,6% per la Germania e del 6% per la Francia.

Nella simulazione, la tempra degli istituti di credito è stata valutata in base ai cosiddetti attivi rischiosi, cioè quella parte del bilancio, che pur essendo considerata in positivo, deve essere coperta da del capitale per far fronte ad ogni evenienza.

Nella terminologia tecnica gli attivi rischiosi sono misurati come Rwa (Risk weighted asset): più altro è il livello di rischio, più alto è il livello di Rwa della banca.

Peccato però che la Bce consideri il credito – l’attività base di una banca - come molto più rischioso rispetto agli investimenti in artifici finanziari, in azioni, bond e derivati. Nella valutazione del Rwa - del rischio banca insomma - il credito vale per l’80%, mentre i rischi di mercato sono al 6% e quelli operativi all’11%.

In breve significata che una banca orientata al credito viene considerata molto più a rischio rispetto ad una che gioca in maniera spregiudicata sui mercati.

Tutto sommato questo ha una logica: le grandi crisi finanziarie sono scoppiate a seguito di bolle speculative sui mutui, che generalmente presentato un rischio elevato. I giochi in borsa, con azioni e derivati vari, nonostante la loro pericolosità strutturale, funzionano esattamente contrario, perché gli strumenti finanziari più complessi sono creati proprio per spalmare il rischio su più soggetti possibile.

I grandi big del nord Europa
Rispetto alle banche italiane, i grandi istituti del nord Europa hanno bilanci enormi, di cui però l’Rwa è una parte limitata.

L’Rwa di Deutsche Bank è di soli 353 miliardi, un quarto del suo bilancio. Quello della Commerzbank di 215 miliardi, il 38% del bilancio. Il gruppo francese SocGen ha riportato un Rwa pari a 343 miliardi su un bilancio di 1.141 miliardi. Per Credit Agricole l’Rwa è solo il 40% del bilancio.

Di contro i colossi italiani (grandi in realtà la metà dei veri colossi nordeuropei) Unicredit e IntesaSanpaolo hanno un Rwa che si assesta rispettivamente al 66 e al 52%, tra i più alti delle banche dell’eurozona prese in considerazione.

L’enigma dei crediti illiquidi
Oltre ai Rwa, gli stress test hanno valutato anche i cosiddetti titoli illiquidi: si tratta di derivati e strutturati di cui non esiste un prezzo di mercato e che le banche continuano a conteggiare nei loro bilanci. La Deutsche Bank, ad esempio, ha più 30 miliardi di euro di titoli illiquidi a bilancio. Come ha fatto la Bce ha valutare la solvibilità di tali crediti?

Semplice, visto che sono le banche stesse ad autovalutare i rischi dei crediti illiquidi che hanno a bilancio. E’ facile quindi immaginare che, almeno con se stesse, le banche siano state clementi nel valutare la loro situazione patrimoniale.

Gli stress test, in sostanza, sono stati eseguiti premiando molto più chi specula che chi presta denaro all’economia. Questo, oltre ad essere un regalo bello e buono agli istituti del nord Europa, è anche l’esatto contrario di quanto predicato dalla Bce, che con il programma T-Ltro vorrebbe dare nuovo slancio ai prestiti all’economia reale.

Nonostante oggi la Bce abbia assunto il ruolo di supervisore per tutte le banche dell’Eurozona, se in futuro i criteri con cui vengono eseguiti gli stress test non cambieranno, si rischia di avallare un assurdo, pericoloso, paradosso finanziario.

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